Religiosità e Fede: bivio insolito della Tenerezza
(Lc 5,17-26)
Gesù insegna e guarisce. Non annuncia il Sovrano delle religioni, ma un Padre - figura attraente, che non minaccia, né mette in castigo, ma accoglie, dialoga, perdona, fa crescere.
Il contrario di ciò che trasmettevano le guide ufficiali, legate all’idea di una divinità arcaica, sospettosa e prevenuta, la quale discriminava tra amici e nemici.
Dio si esprime non in forme oppressive, ma nel modo dell’Alleanza famigliare e interumana: non gode dei perfetti, sterilizzati e puri, ma offre a tutti il suo Amore senza requisiti.
L’imperfezione infatti non è espressione di peccato, e in ogni caso il peccato non è una forza assoluta (v.21).
I collaboratori del Signore portano a Lui tutti i paralitici, ossia coloro che si sono bloccati e continuano a stare nelle loro barelle - dove forse li hanno sdraiati quelli dell’opinione comune.
Sono persone le quali nella vita sembra non procedano né in direzione dell’Eterno, né vanno agli altri. Neanche riescono a incontrare se stesse.
Solo il contatto personale col Cristo può slegare questi cadaveri che vegetano, dal loro stagno deprimente.
Gli amici di Dio fanno di tutto per condurre i bisognosi dal Maestro, ma talora si ritrovano davanti una folla impermeabile, che non consente un rapporto personale diretto (vv.18-19).
Cosa fare? Un’azione di smantellamento. Opera gradita al Padre - e che il Figlio valuta come espressione di Fede (v.20)!
Fede che pensa e crede «un mondo aperto dove ci sia posto per tutti» [FT n.155].
Le “sinagoghe” insopportabili propugnano viceversa «una divisione binaria» [FT n.156] che tenta di ‘classificare’.
Insomma, vi sono club refrattari che pretendono di appropriarsi del povero Gesù. Perciò le loro “sedi” vanno ‘scoperchiate e spalancate’ (v.19) - con estrema decisione, per non far impallidire la vita.
Notiamo che non tappe azzeccate, ma solo l’iniziativa inusitata supera lo stagno delle strutture prese in ostaggio - dove ci si dovrebbe solo mettere in fila, aspettare il turno, accontentarsi... e assopire.
L’impeto per le esigenze di vita piena, perspicace, può e deve vincere ogni senso di finta compattezza collettiva.
Nessun segno di gioia da parte delle autorità (v.21) che tracciano solo diagnosi negative - invece la gente è entusiasta (v.26).
Il passo di Lc fa comprendere che il problema del ‘paralitico’ non è il suo disagio, il senso di oppressione, l’apparente sventura.
Non sono queste le rotture del rapporto con la vita e con Dio.
Anzi, l’impedimento diventa paradossale motivo di ricerca della “terapia”, e del vis-à-vis.
Le configurazioni eccentriche - ritenute miserabili - contengono infatti porte segrete, virtù immense, e la cura stessa.
Addirittura, guidano verso una esistenza nuova. Sollecitano, e ci “obbligano” al rapporto a tu per tu con nostro Signore. Quasi a cercarne la Somiglianza.
Insomma, siamo chiamati a scegliere in modo davvero insolito, rispetto ai cliché.
E secondo i Vangeli l’iniziativa di Fede personale è crocevia decisivo - strada del desiderio impellente e universale di vivere completamente.
Bivio insolito della Tenerezza e della Fede.
[Lunedì 2.a sett. Avvento, 9 dicembre 2024]