(Mc 10,17-30)
Ereditare la Vita dell’Eterno
Per realizzarci non è sufficiente accentuare o perfezionare, bisogna fare un Balzo; non basta un passetto in più.
Si parte dalla percezione d’una ferita interiore che smuove (v.17) alla ricerca di quel Bene che ‘unifica’ e dà senso alla vita.
Gesù fa riflettere su ciò che è da considerare «Insigne» [così il testo greco: vv.17-18].
Non è un magistero per i lontani, bensì per noi: «Uno ti manca!» [v.21] - come se volesse sottolineare: «l’Uno, il Tutto ti manca: non hai quasi niente!».
La vita “normale” procede, ma non c’è stupore.
Mancano troppe cose: la sfida del ‘di più’ personale, la cura altrui, il confronto con la drammaticità del reale: non c’è Unità; scarseggia la Presenza autentica che lancia l’amore nello spirito di avventura.
Non si tratta di avere un’idea, uno spunto in aggiunta a quanto già possediamo, continuando a esserne schiavi.
Non basta migliorare situazioni di relazione che conosciamo a memoria, facendosi approvare fin dal primo passo.
Il passaggio dalla religiosità alla Fede che ‘porta’ il nostro destino vocazionale e piena realizzazione si gioca su una penuria di appoggi - in sistemi caotici di correlazione.
Per essere felici non vale “normalizzarsi”, perché l’anima esige la sfida di cieli inesplorati.
Acque che non abbiamo sondato: lati di noi stessi, degli altri e della realtà che non abbiamo fatto emergere, e ancora forse non stiamo nemmeno scrutando.
Bisogna avventurarsi nei tratti basali e straordinari che oggi chiamano anche nel giorno dopo giorno; non attendere assicurazioni.
E il punto di partenza può anche essere l’accento del dubbio, una sana inquietudine dell’anima - il pericolo stesso... tipico dei testimoni critici.
Non tacitiamo il nostro essere malsicuro, né il senso d’insoddisfazione per una esistenza senza scossoni: sono feconde sospensioni, che ci attiveranno.
Sentirsi completo, realizzato, felice? Bisogna che sguardo e cuore cedano, non siano già occupati.
È assolutamente necessario lasciar andare le certezze dalla mente e dalla propria mano.
L’azzardo è il temerario investire tutto per un ‘altro regno’ - dove affiorano energie, si esplorano differenti rapporti; si tenta di sublimare i beni in matrice di vita [anche altrui: v.21].
Il nostro Nucleo rimane inquieto se non infonde corrispondenze che sorvolino l’antico dominatore: i possedimenti, che fanno ristagnare.
Le Radici profonde vogliono modificare il vettore dell’io paludoso e situato - “come si deve”, ben inserito o autoreferenziale - affinché dilati comprendendo il Tu e il tutto reale (vv.28-30).
È la Nascita della donna e dell’uomo nuovi; madri e padri dell’umanizzazione.
Ciò che sfiora la condizione divina. In grado persino di rovesciare le posizioni (v.31).
È la Genesi nell’autenticità delle energie cosmiche e delle potenze interiori, che stanno preparando tappe di crescita - altrove.
Via via si crea il calore e la reciprocità d’un rapporto comprensivo, lo scopo d’Amore in ciò che intraprendiamo o rifacciamo; come il tepore amico d’una Presenza non frigida.
Viviamo il discrimine colmo d’ebbrezza da cui non si torna indietro, perché ci colloca nella Vita stessa dell’Eterno (v.17). L’Uno che manca (v.21).
Mentre mi adopero per rimettermi in discussione o in favore degli altri, affiorano le risorse prima celate che neppure sapevo.
Con stupore faccio esperienza d’una realtà che passo passo si dischiude... nonché del Padre che provvede a me (v.27).
In tale estensione, impariamo a riconoscere il [nuovo decisivo] Soggetto del cammino spirituale: il disegno di Dio nell’Essere stesso.
Sogno che conduce… e malgrado le traversie, le tempeste emotive, i nostri contorcimenti, si rivela via via Somigliante.
Come innato: schietto, genuino, limpido; inconfutabile, smagliante, scorrevole.
Lasciare tutto e sperimentare il rovesciamento
(Mc 10,28-31)
Secondo mentalità corretta - tipica dell’ebraismo - per ricevere l’eredità divina bastava osservare i comandamenti (vv.17-20).
Ma non è con la sicurezza a monte che si può fare esodo per incontrare l’Unico (v.21) nel cuore; né la Chiesa può starsene al sicuro col contributo materiale dei ricchi (v.26).
Il cammino dell’amore e il rischio educativo suppongono la via della sobrietà avventurosa, senza la quale non è possibile incidere sui compartimenti stagni del pensiero e della società
Al contrario delle devozioni, la vita di Fede non richiede l’offerta a Dio di un sacrificio modesto o rassegnato, ma l’abbandono al futuro che Viene.
In tal guisa - facendo permanere i discepoli nell’energia d’intrapresa, l’esperienza credente non lascerà più nessuno a capo chino. Perché qui si scambiano le carte (v.31).
La Presenza del Regno fraterno e concreto - «in mezzo» - rovescia i ruoli e le ottiche, come le posizioni abitudinarie fra donne e uomini, giovani e vecchi, o nuovi e veterani (v.31).
Inseriti nella Chiesa che ode l’appello a “uscire”, smuoviamo il nostro Nucleo dalle tortuosità dei ripiegamenti.
Ed ecco il Centuplo del Padre in tutto (vv.28-30). Eccetto una cosa: perché siamo chiamati a essere sullo stesso piano.
Non ci sarà nessun cento per uno di «padri» [nel senso antico] ossia di controllori condizionanti (vv.29-30) che dettino il loro binario e ritmo, come a dei sottoposti.
Una vita di obblighi o attaccamenti blocca la creatività. Appiccicarsi un idolo, lasciarsi plagiare o intimidire, ancorarsi alla paura di problemi o preoccupazioni, è creare una camera buia.
Sentirsi programmabili, già progettati senza un di più... subire i pareri ordinari o conformisti... esclude il vettore della Novità sconosciuta, e tutta personale.
Chi si lascia inibire dall’etica esclusiva, dal dover stare con se stessi e gli altri secondo cliché di prestigio assodato e così via, edifica una dimora artificiale, che non è ‘casa sua’ né la ‘tenda del mondo’.
E pur nel passo della missione, congetturando addirittura di riuscire a prevedere le eccentricità feconde o le avventure globali, rattrappiamo l’anima, ci spaventiamo dei possibili conflitti.
Ma nel timore non si coglie ciò ch’è davvero ‘nostro e altrui’: quanto si palesa solo durante un processo, che diviene santo nell’esodo da se stessi e nella qualità di rapporti creativi.
In fondo, dietro la ritrosia a ‘esserci’ in Cristo e nelle relazioni che si spingono oltre il dovuto e già pensato, non si cela altro che il timore di perdere l’attenzione altrui o la reputazione.
Ma per Via si fa esperienza intima di un diverso Interruttore dentro, che aiuta ad esprimerci e affrontare le vicende dove non tutto sia già a posto.
Così, deponendo passo passo le paure di essere sgridati, e che la vita possa crollare proprio a causa delle nostre scelte ideali.
Via i retroscena.
Sono le nuove Genesi sotto uno stimolo d’inedito e sconosciuto a permettere di spostare l’attenzione dal calcolo alla luminosità del cuore, dal cervello all’occhio, dal ragionamento alla percezione.
Tolti i lacciuoli artificiosi del voler venire a capo delle situazioni [anzitempo e per forza] impareremo ad accogliere tutti i lati, e la vita andrà di suo, dilatando di onda in onda.
Non siamo più minorenni: abbiamo una Speranza piena - non moderata.
[28.a Domenica T.O. B (Mc 10,17-30) 13 ottobre 2024]