Fra cadaveri e avvoltoi: diversi nella Profondità
(Lc 17,26-37)
C’è un discernimento essenziale assai semplice: dove la vita si spegne, non è favorita, non rallegrata né promossa, la terra diventa un camposanto anticipato, e il “cielo” si popola di stormi interi d’avvoltoi.
È l’amaro risultato di una cultura dalla quale purtroppo non trapela la netta ‘presenza’ di Colui che ha rivestito il mondo di Bellezza.
Mentalità che appare totalmente inerte: non in grado di farci riconoscere - noi senza voce - quali Motivo reale e Termine dell’iniziativa di Dio. Addirittura gli unici autentici Santuari.
Dovremmo essere Relazioni viventi e parlanti, che riempiono il cuore di sogni. E centri d’irradiazione, icone d’appagamento pieno; luoghi di passioni non statiche, bensì rispettose dell’intima natura delle cose.
Ma convinzioni e proposta pastorale sembra non reggano. E non incidono forse perché hanno perduto magia dentro: che fa amicizia con ciò che c’è nel viaggio di ciascuno.
Qui vige un discernimento più sottile - cifra del brano di Vangelo di oggi: il Giudizio si presenta in forma di sorpresa.
I minimi problemi dell’esistenza quotidiana possono diventare così assorbenti da farci smarrire il senso stesso delle imperfezioni - e in genere, la dimensione di profondità.
Le frontiere del Regno sono nel mondo, nelle persone, nei loro lamenti e gioie, negli accadimenti. Il luogo del ‘giudizio’ è ovunque.
L’invito di Gesù è a non lasciarsi distrarre, neanche dalle minuzie della religiosità.
La manifestazione dei tempi ultimi - ossia la possibilità di avviare un mondo nuovo - continuamente Viene: dev’essere ricevuta e farsi consapevole.
Mantenuta viva personalmente.
L’Incontro decisivo non accade in spazi e tempi preposti: si ripropone in mille fogge, momenti e luoghi, ma - ecco l’altro dato saliente - c’è qualcuno che si accorge, altri no.
La “divisione” tra chi viene associato alla vita divina e chi non può esserlo, non concerne gli eticismi sui vizi capitali, bensì il discernimento vivente.
Si tratta della realtà anche minuta (vv.31.34-35) e il suo messaggio.
La Fede nelle svolte e l’unione a Cristo che pulsa nell’anima, e sogna - intimo Fratello di ognuno e sfolgorante misura di ben altre cose - vuol spalancarci la Visione.
Lo leggiamo anche nel nostro cuore in rivolta, che vuole ridestarci dai loculi e dalla dittatura dei pensieri già confezionati.
Il Sé nascosto ha sete di comprendere l’appello del quotidiano e sommario, del precario, dei “difetti”; il richiamo della bifrontalità delle situazioni.
Le “simmetrie” che tanto sembravano rassicuranti non fanno crescere virtù, dentro le debolezze.
Ecco allora raggiungerci il pungolo dei fastidi, persino epocali: l’idea di perfezione non ci farebbe altrettanto spostare lo sguardo, per fare esodo, crescere, fiorire.
Il ‘Giudizio’ attivo in Cristo trasmette invece la capacità di cogliere uno scenario che non sapevamo.
L’avvento del «Figlio dell'uomo» (vv.26.30) mette in discussione, e il suo Giudizio sovrasta i distratti, i contratti dall’abitudine.
Coglie viceversa il nucleo dell’esistenza: saremo riconosciuti diversi… non nella morale, ma nella Profondità.
[Venerdì 32.a sett. T.O. 15 novembre 2024]