Il Dio vero, la natura, e l’uomo autentico
(Mc 8,27-35)
Gesù guida i suoi intimi lontano dal territorio dell’ideologia di potere e dal centro sacro dell’istituzione religiosa ufficiale, affinché si distacchino dal loro stesso fortino.
Il territorio di Cesarea di Filippo era incantevole, celebre per fertilità e pascoli rigogliosi - zona famosa per la fecondità di greggi e armenti.
Quella sorta di paradiso terrestre alle sorgenti del Giordano, tanto era umanamente attraente che Alessandro Magno la ritenne dimora del dio Pan e delle Ninfe.
Anche i discepoli erano affascinati dal paesaggio e dalla vita agiata degli abitanti della regione; per non dire della magnificenza dei palazzi.
Cristo chiede agli apostoli - in pratica - cosa la gente si aspettasse da Lui. E il richiamo del contesto allude alle agiatezze che la religione pagana proponeva.
Mossa da curiosità e desiderosa di realizzazione temporale, la turba di gente stupefatta intorno al Figlio di Dio creava un gran rumore, solo apparente.
Ora c’è una svolta: l’atmosfera cambia, aumenta l’opposizione e si accumulano interrogativi; la folla va diradandosi e il Maestro si ritrova sempre più solo.
Mentre gli dèi mostravano di saper colmare di beni i loro devoti - e una sfarzosa vita di corte che ammaliava tutti - il Signore cosa offre?
Insomma, gli apostoli continuavano a essere influenzati dalla propaganda del governo politico e religioso, che assicurava benessere.
Gesù li “istruisce”, affinché potessero superare la cecità e la crisi prodotta dalla sua Croce, dall’impegno richiesto nell’ottica del dono di sé.
Il Figlio di Dio non è solo un continuatore dell’atteggiamento limpido del Battista, mai incline al compromesso nei confronti delle corti e dell’opulenza; né uno dei tanti restauratori della legge di Mosè… con lo zelo di Elia.
Su tale questione, nelle prime comunità cristiane erano vive le distanze col paganesimo, ma si registravano anche particolari contrapposizioni col mondo delle sinagoghe.
Attriti di non poco conto erano quelli che sorgevano tra giudei convertiti al Signore e semiti osservanti secondo tradizione.
Infatti, nei libri sacri si parlava di grandi personaggi che avevano lasciato un’impronta nella storia d’Israele, e avrebbero dovuto riapparire per inaugurare i tempi messianici.
In tutti si constatava una scarsa capacità di comprensione. E difficoltà di saper abbracciare la nuova proposta, che sembrava non garantisse gloria, né traguardi materiali.
La Fede non si accorda facilmente con i primi impulsi umani: è sconcertante per le vedute ovvie e le sue pulsioni.
Così nel passo di Vangelo il Maestro contraddice lo stesso Pietro, la cui opinione restava legata all’idea conformista e popolaresca de «il» [v.29: «quel»] Messia atteso.
Il capo degli apostoli deve smetterla di indicare a Cristo quale strada percorrere «dietro» (v.33) a lui!
Simone può ricominciare a fare l’allievo; piantarla di tracciare strade, sequestrando Dio in nome di Dio!
Da ciò il «segreto messianico» imposto a chi lo predica in quel modo equivoco (v.30).
Il Figlio di Dio non ci assicura successo mondano, né assenza di conflitti. Solo garantisce libertà da ogni vincolo col potere, e Amore che rigenera.
Sollevare la Croce, Figlio dell’uomo e Chiesa nell’integrità della vita
La cattiva reputazione è normale tra i Profeti
La Croce è normale fra i Profeti, i quali non hanno certo un grande riscontro di folle inneggianti, nel costruire la propria limpida “città”.
Essa non permane mai a dimensione d’idoli facili. Ma è questa la paradossale forma di «comunione» che misteriosamente attira l’umano.
Convivialità che trascina i cuori, malgrado attorno non si attenuino gli scontri per ambizione, o il gioco degli opportunismi.
Neppure oggi sembra placarsi il caos dei rovesci, mentre si affacciano crisi e commistioni, anche nel positivo intreccio dei paradigmi culturali.
Cosa fare?
«Sollevare» (v.34 testo greco) il braccio orizzontale del patibolo e caricarselo sulle spalle significava perdere la reputazione.
È un problema capitale, inscindibile dall’atteggiamento motivato e responsabile.
Infatti, se un seguace aspirasse alla gloria, tenesse alla propria onorabilità, non accettasse la solitudine… non potrebbe farsi autentico testimone del Cristo.
Sarebbe un pezzo di mondanità prolungata.
Invece la sorte del Maestro coinvolge anche quella dei discepoli.
Vale in ogni tempo, e per noi: il dono sino in fondo non viene sulla terra passando attraverso fama, successo, considerazione; l’essere costantemente accompagnato, approvato e sostenuto.
Simone attendeva non un esito problematico, tagliente, bensì consensi facili: uno svincolo, come tra amici di merende che si danno pacche sulle spalle.
Sognava una sequela conclamata, quindi un futuro di riconoscimenti - e rimane disorientato.
Non capendo il progetto, Pietro [«presolo con»] afferra Gesù come fosse un suo ostaggio.
E «cominciò a esorcizzarlo» (v.32 testo greco) affinché proprio il Maestro mettesse finalmente la testa a posto, e gli stesse dietro.
Qui trapela la base storica di tale “gesto” del capo degli apostoli - ossia il tentativo a lungo perpetrato dalla prima comunità di Gerusalemme, di trovare un compromesso col potere sacerdotale e politico d’allora.
Ebbene, tutto questo non è «salvare la vita» (v.35): in senso biblico, raggiungere pienezza umana e somiglianza alla condizione divina.
La mistica dozzinale successiva, suggestionata da filosofie cerebrali, su tale espressione ha messo tra parentesi l’avventura di Fede e inventato un netto contrasto tra vita corporale e spirituale.
Convincimento banale, che ha come vivisezionato le stesse persone ignare, indirizzate talora al masochismo.
Ma qui Gesù non parla di pene artificiose da accollarsi, né mai ha imposto mortificazione alcuna. Tantomeno in grado di produrre una qualche “salvezza dell’anima” staccata dalla realtà.
«Sollevare positivamente la Croce»: affinché subentrino diverse energie, altre relazioni, situazioni imprevedibili, che ci fanno spostare lo sguardo e le attività.
Non in vista d’una qualche giusta retribuzione, ma per il nocciolo irriducibile d’ogni credente (o non) e di qualsivoglia questione.
Da ciò l’esigenza di non estraniarsi dai Vangeli, per la compiutezza di sé, una testimonianza viva, e la soluzione dei problemi - attraversati a partire da “dentro”.
Insomma, di Gesù possiamo annunciare la proposta, i criteri, e la stessa Presenza... nei fatti e nella integrità della vita - non chissà quando dopo la morte (Mc 8,38-9,1).
Altra definitività.
[24.a Domenica T.O. B (Mc 8,27-35) 15 settembre 2024]