Tutti chiamati, ma con quale corredo? Senza artifizi
(Mt 22,1-14)
La «veste di nozze» (vv.11-12) è figura dell’essenziale - l’imprescindibile senz’ammennicoli di ricercatezza.
Il Regno di Dio annunciato da Gesù non ammette noncuranze personali e civili [cf. Mt 21]. E il Banchetto predicato dal Maestro non è un Giardino di Eden per un futuro nell’aldilà, bensì un filo diretto.
La sua Mensa imbandita è la nuova condizione in cui viene introdotta la persona che si fida della sua proposta.
Ma c’è chi si sente sazio, perché ritiene di possedere già quanto basta per una vita senza troppi problemi.
Era la situazione delle autorità, soddisfatte della sovrabbondante struttura religiosa, la quale sembrava offrisse una giusta sicurezza sociale, e certezza anche davanti a Dio.
Tutti sono chiamati (v.14) al Banchetto, tuttavia qualcuno non ha mantenuto il vestitino bianco del Battesimo in Cristo. Ha totalmente cambiato corredo, e si presenta con gli stracci della vita antica.
Gesù riprende a parlare con i leaders e li affronta senza mezze misure, perché non paragona il Regno del Padre a un’assemblea solenne, bensì a una festa nuziale!
Nella franchezza semplice, popolare, immediata e gioconda di uno sposalizio c’è una realtà umana caratterizzante la condizione divina: la Gioia spontanea delle relazioni franche, a tu per tu.
La proposta di novità festante viene però rifiutata. Gli autosufficienti ed esperti venerano un altro padrone: l’interesse.
L’opportunismo non può essere ingrediente del Sacro: il tornaconto ripiega le persone su di sé, chiude lo sguardo, rende unilaterali, cupi.
E i calcoli spregevoli portano il popolo a distruzione (v.7).
Lo sfondo della parabola è l’attrito fra giudei e pagani convertiti.
Considerandosi prescelti - «eletti» (v.14) - i primi si rifiutavano di spezzare il Pane, condividere, mettersi alla pari coi secondi.
Interessante invece che proprio i servitori fedeli, spingi spingi, si distinguessero a rovescio: in qualsiasi circostanza restavano disposti a entrare “ultimi” al Banchetto.
Insomma, lo spazio aperto dall’auto-esclusione del popolo chiamato per primo non sarebbe riuscita a mettere la parola “fine” agli sforzi di coloro che da sempre lottano per la vita e l'autenticità.
Gli alberi fruttiferi non amano prevaricare. Rischiano e occupano solo l’ultimo posto; per stare vicini agli incerti, e incoraggiarli.
Quindi al v.9 Mt invita ad andare agli «sbocchi delle vie» [testo greco] ossia nelle periferie esistenziali dove la vita non è scontata, ma pulsa sempre nuova. Lì dove non si può essere indifferenti.
Il termine greco indica la fine delle strade urbane (rassicuranti) e l’inizio dei sentieri poco curati e rischiosi.
Nella mentalità semitica, erano il confine del territorio puro e la soglia dei luoghi precari, contaminati.
Non solo: l’offerta d’amore di Dio raduna per primi i “cattivi” [«malvagi»: v.10 testo greco] per sottolineare che il Cielo non è ‘a punti’.
Esso è a disposizione dei bisognosi, di chi si riconosce tale.
Però tutti possono essere malvestiti fuori, non dentro: ossia vigili al fratello e diligenti. Siamo chiamati ad abbandonare trascuratezze e noncuranze.
Per Fede che ci incorpora senza condizioni allo Sposo, l’abito pulito e fastoso è sempre messo a disposizione dal Padrone di Casa.
Ma indossarlo è frutto di una scelta consapevole, fatta propria: voler «partorire un mondo nuovo, dove tutti siamo fratelli, dove ci sia posto per ogni scartato» [Fratelli Tutti, n. 278].
Il popolo di Dio non può vivere in un mondo parallelo, scollegato e doppio - come se l’unico Dio adorato fosse ‘marketing e convenienza’.
[Giovedì 20.a sett. T.O. 22 agosto 2024]