L’amicizia di chi conta e le loro facilitazioni, o il mondo rovesciato
(Mt 19,23-30)
Non è facile entrare nella logica del Dono e porsi in autentica sequela del Signore, alla ricerca di una Felicità non scadente.
Ma appunto i Vangeli sono Vie che distinguono la realizzazione e le sorti individuali sia dalle attese che dai disegni e propositi ovvi.
Aspettative banali, strade e pensieri comuni rinchiudono infatti il senso dell’esistere in ciò che è già rappresentato.
In tal senso, l’accesso dei ricchi in una comunità che vive la Fede in Cristo diventa problematico (vv.23-24).
La forza feconda dei deboli sopravanza i favolosi e comodi risultati previsti grazie all’appoggio dei ben introdotti.
Impossibilità umana e possibilità di Dio (v.26): il Padre trasmette Vita autentica e florida, mentre i beni tirano dall’altro lato.
Essi normalizzano l’esistenza e la fanno stagnare: danno ordini opposti.
Così, di fronte alla posizione rigida e “assurda” del Maestro, gli apostoli si spaventano (v.25): perché non usufruire dell’aiuto di persone facoltose, che potrebbero rendere tutto più facile, spedito e grandioso?
Il distacco da certi vessilli è impossibile presso gli uomini (v.26). Ma l’ambito in cui Dio regna è la sua Chiesa, anche non visibile; realtà che si configura come una sorta di mondo rovesciato (vv.28-30).
Gli stessi Apostoli sembrano restare legati alla mentalità del contraccambio: «che ne avremo?» [v.27].
L’idea di retribuzione era tipica della cultura religiosa arcaica. Purtroppo, il tornaconto affossava l’Amore, annientava la gratuità dei gesti, rinnegava il significato del Patto di Alleanza.
In tal guisa, nella sua libera proposta Gesù vuol far subentrare il sostegno di una convinzione intima e apparentemente irragionevole, ma che sgorga nitida dalle sorgenti dell’essere.
Affiora qui l’Eros fondante della Chiamata.
Non tanto il carattere (placido e dimesso) del credente, bensì un Dono personale superiore: quello d’un discernimento irripetibile per ciascuno, legato alla natura profonda.
Per rigenerare [«palingenesi» v.28] bisogna rientrare con maggiore convinzione nelle proprie motivazioni.
Secondo s. Ignazio [Meditazione delle due bandiere], l’avidità delle cose fa nascere in noi il vano onore del mondo, e da esso si genera un’immensa superbia, che recide ogni possibilità d’interiorizzare.
Primato e ricerca di gloria tagliano la fecondità del Mistero, e attenuano la Scoperta personale. Non aprono allo Straordinario.
Infatti, quando Dio vuole realizzare un progetto sorvola sempre le situazioni esterne.
È un problema di senso, di radici della nostra scelta, di vitalità dal basso e «rinnovamento di tutte le cose» [v.28].
Una vita di obblighi o attaccamenti blocca la creatività, moltiplica gli idoli e le preoccupazioni artificiose; crea una camera buia, ove non si coglie ciò che ci appartiene.
Via i retroscena che coprono la nostra Unicità.
Il significato della sequela personale è in ordine al mutamento e Risveglio sperato, qualitativo: quello del Cento per Uno, forza dei deboli.
Paradossale allargamento di prospettiva.
[Martedì 20.a sett. T.O. 20 agosto 2024]