Gen 2, 2025 Scritto da 

Cuori induriti

Un cuore indurito non riesce a comprendere neanche i miracoli più grandi. Ma «come un cuore si indurisce?». Se lo è chiesto Papa Francesco durante la messa celebrata venerdì 9 gennaio a Santa Marta.

I discepoli, si legge nel brano liturgico del Vangelo di Marco (6, 45-52), «non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito». Eppure, ha spiegato Francesco, «erano gli apostoli, i più intimi di Gesù. Ma non capivano». E pur avendo assistito al miracolo, pur avendo «visto che quella gente — più di cinquemila — aveva mangiato con cinque pani» non avevano compreso. «Perché? Perché il loro cuore era indurito».

Tante volte Gesù «parla della durezza del cuore nel Vangelo», rimprovera il «popolo dalla cervice dura», piange su Gerusalemme «che non ha capito chi sia lui». Il Signore si confronta con questa durezza: «Tanto lavoro ha Gesù — ha sottolineato il Papa — per rendere questo cuore più docile, per renderlo senza durezze, per renderlo amorevole». Un «lavoro» che continua dopo la risurrezione, con i discepoli di Emmaus e tanti altri.

«Ma — si è domandato il Pontefice — come un cuore si indurisce? Come è possibile che questa gente, che era con Gesù sempre, tutti i giorni, che lo sentiva, lo vedeva... e il loro cuore era indurito. Ma come un cuore può divenire così?». E ha raccontato: «Ieri ho chiesto al mio segretario: Dimmi, come si indurisce un cuore? Lui mi ha aiutato a pensare un po’ a questa cosa». Da qui l’indicazione di una serie di circostanze con le quali ciascuno può confrontare la propria esperienza personale. 

Innanzitutto, ha detto Francesco, il cuore «si indurisce per esperienze dolorose, per esperienze dure». È la situazione di quanti «hanno vissuto un’esperienza molto dolorosa e non vogliono entrare in un’altra avventura». È proprio quello che è successo dopo la risurrezione ai discepoli di Emmaus, dei quali il Pontefice ha immaginato le considerazioni: «“C’è troppo, troppo chiasso, ma andiamocene un po’ lontano, perché...” —Perché, che? — “Eh, noi speravamo che questo fosse il Messia, non c’è stato, io non voglio illudermi un’altra volta, non voglio farmi illusioni!”». 

Ecco il cuore indurito da una «esperienza di dolore». Lo stesso capita a Tommaso: «No, no, io non ci credo. Se non metto il dito lì, non ci credo!». Il cuore dei discepoli era duro «perché avevano sofferto». E al riguardo Francesco ha ricordato un detto popolare argentino: «Se una persona viene bruciata dal latte, quando vede la mucca piange». Ossia, ha spiegato, «è quell’esperienza dolorosa che ci trattiene dall’aprire il cuore».

Un altro motivo che indurisce il cuore è poi «la chiusura in se stesso: fare un mondo in se stesso». Accade quando l’uomo è «chiuso in se stesso, nella sua comunità o nella sua parrocchia». Si tratta di una chiusura che «può girare intorno a tante cose»: all’«orgoglio, alla sufficienza, al pensare che io sono meglio degli altri» o anche «alla vanità». Ha precisato il Papa: «Ci sono l’uomo e la donna “specchio”, che sono chiusi in se stessi per guardare se stessi, continuamente»: si potrebbero definire «narcisisti religiosi». Questi «hanno il cuore duro, perché sono chiusi, non sono aperti. E cercano di difendersi con questi muri che fanno intorno a sé».

C’è inoltre un ulteriore motivo che indurisce il cuore: l’insicurezza. È ciò che sperimenta colui che pensa: «Io non mi sento sicuro e cerco dove aggrapparmi per essere sicuro». Questo atteggiamento è tipico della gente «che è tanto attaccata alla lettera della legge». Accadeva, ha spiegato il Pontefice, «con i Farisei, con i Sadducei, con i dottori della legge del tempo di Gesù». I quali obiettavano: «Ma la legge dice questo, ma dice questo fino a qui...», e così «facevano un altro comandamento»; alla fine, «poverini, si addossavano 300-400 comandamenti e si sentivano sicuri». 

In realtà, ha fatto notare Francesco, tutti questi «sono persone sicure, ma come è sicuro un uomo o una donna nella cella di un carcere dietro la grata: è una sicurezza senza libertà». Mentre è proprio la libertà ciò che «è venuto a portarci Gesù». San Paolo, ad esempio, rimprovera Giacomo e anche Pietro «perché non accettano la libertà che Gesù ci ha portato».

Ecco allora la risposta alla domanda iniziale: «Come un cuore si indurisce?». Il cuore infatti, «quando si indurisce, non è libero e se non è libero è perché non ama». Un concetto espresso dalla prima lettura della liturgia del giorno (1 Giovanni, 4, 11-18), dove l’apostolo parla dell’«amore perfetto» che «scaccia il timore». Infatti «nell’amore non c’è timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore. Non è libero. Sempre ha il timore che succeda qualcosa di doloroso, di triste», che ci faccia «andare male nella vita o rischiare la salvezza eterna». In realtà, sono solo «immaginazioni», perché semplicemente quel cuore «non ama». Il cuore dei discepoli, ha spiegato il Papa, «era indurito perché ancora non avevano imparato ad amare». 

Ci si può allora chiedere: «Chi ci insegna ad amare? Chi ci libera da questa durezza?» Può farlo «soltanto lo Spirito Santo», ha chiarito Francesco precisando: «Tu puoi fare mille corsi di catechesi, mille corsi di spiritualità, mille corsi di yoga, zen e tutte queste cose. Ma tutto questo non sarà mai capace di darti la libertà di figlio». Solo lo Spirito Santo «muove il tuo cuore per dire “padre”»; solo lui «è capace di scacciare, di rompere questa durezza del cuore» e di renderlo «docile al Signore. Docile alla libertà dell’amore». Non a caso il cuore dei discepoli è rimasto «indurito fino al giorno dell’Ascensione», quando hanno detto al Signore: «Adesso si farà la rivoluzione e viene il regno!». In realtà «non capivano niente». E «soltanto quando è venuto lo Spirito Santo, le cose sono cambiate».

Perciò, ha concluso il Pontefice «chiediamo al Signore la grazia di avere un cuore docile: che lui ci salvi dalla schiavitù del cuore indurito» e «ci porti avanti in quella bella libertà dell’amore perfetto, la libertà dei figli di Dio, quella che soltanto può dare lo Spirito Santo».

[Papa Francesco, omelia s. Marta, in L’Osservatore Romano 10/01/2015]

6 Ultima modifica il Giovedì, 02 Gennaio 2025 19:05
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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It is He himself who comes to meet us, who lowers Heaven to stretch out his hand to us and raise us to his heights [Pope Benedict])
È Lui stesso che ci viene incontro, abbassa il cielo per tenderci la mano e portarci alla sua altezza [Papa Benedetto]
As said s. Augustine: «The Word of God which is explained to you every day and in a certain sense "broken" is also daily Bread». Complete food: basic and “compote” food - historical and ideal, in actuality
Come diceva s. Agostino: «La Parola di Dio che ogni giorno viene a voi spiegata e in un certo senso “spezzata” è anch’essa Pane quotidiano». Alimento completo: cibo base e “companatico” - storico e ideale, in atto
Yet Jesus started from there: not from the forecourt of the temple of Jerusalem, but from the opposite side of the country, from Galilee of the nations, from the border region. He started from a periphery. Here there is a message for us: the word of salvation does not go looking for untouched, clean and safe places. Instead, it enters the complex and obscure places in our lives. Now, as then, God wants to visit the very places we think he will never go (Pope Francis)
Eppure Gesù cominciò da lì: non dall’atrio del tempio di Gerusalemme, ma dalla parte opposta del Paese, dalla Galilea delle genti, da un luogo di confine. Cominciò da una periferia. Possiamo cogliervi un messaggio: la Parola che salva non va in cerca di luoghi preservati, sterilizzati, sicuri. Viene nelle nostre complessità, nelle nostre oscurità. Oggi come allora Dio desidera visitare quei luoghi dove pensiamo che Egli non arrivi (Papa Francesco)
“Lumen requirunt lumine”. These evocative words from a liturgical hymn for the Epiphany speak of the experience of the Magi: following a light, they were searching for the Light. The star appearing in the sky kindled in their minds and in their hearts a light that moved them to seek the great Light of Christ. The Magi followed faithfully that light which filled their hearts, and they encountered the Lord (Pope Francis)
«Lumen requirunt lumine». Questa suggestiva espressione di un inno liturgico dell’Epifania si riferisce all’esperienza dei Magi: seguendo una luce essi ricercano la Luce. La stella apparsa in cielo accende nella loro mente e nel loro cuore una luce che li muove alla ricerca della grande Luce di Cristo. I Magi seguono fedelmente quella luce che li pervade interiormente, e incontrano il Signore (Papa Francesco)
John's Prologue is certainly the key text, in which the truth about Christ's divine sonship finds its full expression (John Paul II)
Il Prologo di Giovanni è certamente il testo chiave, nel quale la verità sulla divina figliolanza di Cristo trova la sua piena espressione (Giovanni Paolo II)
The lamb is not a ruler but docile, it is not aggressive but peaceful; it shows no claws or teeth in the face of any attack; rather, it bears it and is submissive. And so is Jesus! So is Jesus, like a lamb (Pope Francis)
L’agnello non è un dominatore, ma è docile; non è aggressivo, ma pacifico; non mostra gli artigli o i denti di fronte a qualsiasi attacco, ma sopporta ed è remissivo. E così è Gesù! Così è Gesù, come un agnello (Papa Francesco)
Innocence prepares, invokes, hastens Peace. But are these things of so much value and so precious? The answer is immediate, explicit: they are very precious gifts (Pope Paul VI)
L’innocenza prepara, invoca, affretta la Pace. Ma si tratta di cose di tanto valore e così preziose? La risposta è immediata, esplicita: sono doni preziosissimi (Papa Paolo VI)

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