(Lc 17,7-10)
Accrescere la Fede? Il Dono non è un regalo, ma un Appello. Perciò Gesù neppure risponde - ciononostante fa riflettere sui risultati dell’eventuale adesione.
Basterebbe un minimo coinvolgimento e nel mondo si produrrebbero risultati straordinari (v.6); in comunità, nelle famiglie, nella vita personale.
Realizzeremmo l’impossibile e importante. Si risolverebbero i veri problemi. Si trasformerebbero anche le azioni più semplici.
Parole assai provocatorie, quelle di Gesù, che neppure condannano a priori né demonizzano la Via contraria alla sua.
Ma ci mette sull’avviso su come funzionano le cose in ambiente piramidale (vv.7-9).
«Quando avete fatto tutto quello che vi è stato “ordinato”...» (v.10).
Il Signore allude all’obbedienza della Torah, e vorrebbe renderci liberi dal giogo ossessivo, limitante, meschino e ansiogeno della Legge antica.
Essa produce impoverimento delle anime.
È come se il Signore dicesse:
«Provate pure a ricalcare il modello prevedibile, ingessato, privo di scossoni... Tentate e vedrete sulla vostra pelle che inconcludenza, che lacerazioni e disastri produce!».
In una prospettiva di Fede e di crescita umana in Cristo bisogna abbandonare il modello standard limitante «suddito-Sovrano».
Esso toglie ricchezza espressiva all’Annuncio e alla vita.
La Fede accoglienza-somiglianza ci porterà invece a crescere da ‘inutili’ schiavi a Figli; collaboratori e alleati del Padre.
Da gretti sottomessi e obbedienti pedissequi, a famigliari, amici e consanguinei-assomiglianti.
Altrimenti rimarremo nella condizione puerile di bambinoni e garzoni «di nessun conto» (v.10) che non si esprimono né reinterpretano, ma restano sottoposti e fanno solo “quello che devono”.
La religione dei meriti e dei ruoli è deleteria; produce malessere, va avanti per inerzia e con atteggiamento difensivo.
Non reinventa il presente, né apre il futuro.
Essa non ascolta i bisogni, piuttosto ci spinge a improntare rapporti sulla base dell’egoismo, anche spirituale.
Qui non si guarda più ciò che si affaccia spontaneamente - costringendo le nostre facoltà a valutazioni tutte predicibili, conformiste.
La vita dunque impoverisce, desertificando se stessa, perché intimidita.
Diventando un’assurda farsa che Gesù non vuole: un’accozzaglia di atteggiamenti paludosi, incapaci di riattivarci - disattenti alle azioni speciali che trasformano la routine in avventura.
Parafrasando l’enciclica Fratelli Tutti, in quelle condizioni suonerebbe «come un delirio» anche elaborare «grandi obiettivi per lo sviluppo di tutta l’umanità» (n.16).
Mancherebbe il senso del Mistero, mai percependolo nei solchi della storia: ci trascineremmo nei rimedi, tutelando solo il tran tran.
Perciò nessun cambiamento inatteso, nessuna trasformazione inspiegabile, nessun recupero eccezionale (v.6).
Nessuna imprevedibilità scorgerebbe il ‘sacro’ nelle mille situazioni che la Provvidenza inventa, stimolando risposte nuove.
Il mistico Ibn Ata Allah - Maestro delle due Scienze [sapienza dell’analisi ed esperienza dell’ebbrezza mistica] - sosteneva:
«Se vuoi che ti si apra la porta del timore, guarda ciò che da te va a Lui. Se vuoi che ti si apra la porta della Speranza, guarda a ciò che da Lui viene a te».
[Martedì 32.a sett. T.O. 12 Novembre 2024]