La Venuta del Regno non sopra né davanti
(Lc 17,20-25)
Il tema della venuta del Figlio dell’uomo è precristiano, e tutti i dati del testo compaiono già nell’apocalittica giudaica. Ma in essa l’Eterno verrà e si farà vedere alla fine del tempo.
Allora come oggi, secondo i leaders della religiosità popolare il Regno si sarebbe instaurato dopo che tutto il popolo fosse giunto alla perfetta osservanza della Legge e delle tradizioni.
Come ricompensa per la nostra obbedienza, Dio avrebbe concesso la venuta del Messia, e il suo popolo lo avrebbe accolto [sceso dai pinnacoli o dalle nubi] in modo solenne, come si fa con un principe.
Ma nei Vangeli il termine Regno di Dio designa l'ambito in cui il Padre “regna”, ossia la comunità dei credenti - dove il futuro del Signore sulla terra già irrompe nella logica e potenza attiva della Pasqua.
In essa una Provvidenza creatrice e rigenerante interviene senza posa, nelle Persone e nella virtù qualitativa del suo Popolo.
Attraverso la Chiesa autentica semper conformanda, la vita si apre alla sua Azione - e la nostra vicenda si trasforma in modo radicale.
Ciò si compie, sia per l’Amicizia in noi, che gettando Speranza. Linfa e Sogno divinizzante, che attiva nuove configurazioni.
Infatti il Padre non governa i figli emanando disposizioni come farebbe un sovrano, ma trasmettendo la sua stessa Vita di qualità indistruttibile.
Perciò non chiede obbedienza - come un re - bensì somiglianza.
È il Dono, e il saper leggere dentro le cose, poi la nostra qualità e impegno relazionale, che realizzano o decelerano l’instaurarsi di un mondo nuovo, continuamente ritemprato.
Nulla a che fare coi pronostici (v.20): è in campo la sapienza inattesa del Dono, e il “potere” all’incontrario di Dio. Non di forza, non aggressivo.
Egli stesso si colloca non davanti o sopra, ma «in mezzo». Nulla di perentorio, straripante, gigantesco.
Così i suoi che lo rappresentano genuinamente.
Il Padre non è un capofila; figuriamoci se la sua Assemblea può permettersi di legittimare atteggiamenti esclusivisti.
Questi ultimi si rintracciano purtroppo in situazioni piramidali; in scelte insulse di alcuni dirigenti, che per sentirsi “qualcuno” destinano altri a stare sempre dietro o sotto [soprattutto quelli che non li riveriscono].
Dio è viceversa equidistante da tutti, questo il criterio di valutazione - unico attributo sovreminente, imperativo delle vere guide, le più schiette e trasparenti.
Stile Famiglia.
Insomma, il “Cielo” non dispone che qualche eletto sia abilitato a collocarsi comunque vicino e sopra - altri destinati alle retrovie, scartati perché meno utili agli obbiettivi.
Non c’è chi dica di rappresentarlo e possa farsi “grande”, sempre in posizione dominante. Comunque alto - e tu piccolo, sempre sotto.
Al contrario. «In mezzo»: per illuminare tutte le circostanze.
Per coabitare con le donne e gli uomini, come una sposa; onde preparare e attecchire nei cuori in modo amabile, intimo, convincente.
L’avvento del suo Regno non potremo ammirarlo come fosse uno show di professionisti - spettacolo di vecchi o nuovi eletti al potere, sostenuti da portaborse (e altrettanti manichini di cartapesta, anch’essi a scalare).
La Presenza delle Fraternità nel mondo è tessuta di vita reale, non di ruoli o vaghe narrazioni, rappresentazioni sofisticate o illusioni.
Così la Chiesa non sarà un’anonima e ostile società [più o meno invocata] di sacre autocelebrazioni. Né di opere meritorie, o di forza - forse per alcuni, di profitto.
Neppure, agenzia turbo-efficiente, che trae con astuzia il maggior “rendimento”.
La Comunità che Viene non dovrebbe appartenere alla fattispecie mondana, bensì sfuggire ogni prevedibilità e limitazione.
Il Regno alternativo è di condizione umana, eppure… Forma che non accetta la finitudine come unica sorte, né si adatta alla nostra piccina misura di determinatezze e rassicurazioni.
Il Regno in Persona Christi traluce una Energia lucida e sognante, vicina e proiettiva, la quale non impone se stessa: anima l’intero afflato di creature che si mettono in gioco.
Fuori dai suoi circuiti ordinari, il Signore non chiede nessuna manifestazione gloriosa di ricchi paraventi, orizzonti arcaici o viceversa disincarnati; né intolleranze, disparità, distacchi.
«Il Regno di Dio non viene in modo che si possa osservare, né si dirà: Ecco qui o là» [vv.20b-21a, testo greco].
Non si tratta di fine del mondo, ma di fine di un certo tipo di modello di umanità riuscita.
E l’opportunità per rovesciare le concatenazioni [antiche o alla moda] si presenta da un momento all’altro; guizza immediata (v.24).
«Perché come la folgore, folgoreggiando da un capo del cielo risplende fino all’altro capo del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo [nel suo giorno]».
Gesù è l’autentico, repentino Sogno di Giacobbe, che preludeva a una vasta discendenza; ulteriormente dispiegata (Gen 28,10-22) e divenuto realtà.
Ma nessuno si sarebbe atteso che il Messia potesse identificarsi col «Figlio dell’uomo» (vv.22.24), Colui che crea abbondanza dov’essa non c’è - e prima non sembrava lecito potesse espandersi.
Il nuovo legame fra Dio e gli esseri umani è nel Fratello che si fa “parente prossimo”, che crea un’atmosfera di umanizzazione dai contorni ampi - affatto discriminanti.
«Figlio dell’uomo» è colui che avendo raggiunto il massimo della pienezza umana, giunge a riflettere la condizione divina e la irradia in modo diffuso - non selettivo come ci si aspettava.
“Figlio riuscito”: la Persona dal passo definitivo, che in noi aspira alla pienezza più dilatata nelle vicende e relazioni, a una caratura indistruttibile dentro ciascuno che accosta [e incontra contrassegni divini].
È crescita e umanizzazione del popolo: lo sviluppo tranquillo, vero e pieno del progetto divino sull’umanità.
«Figlio dell’uomo» non è dunque un titolo religioso, riposto, cauto, controllato e riservato, ma un’occasione per tutti coloro che danno adesione alla proposta del Signore, e reinterpretano la vita in modo creativo personale.
Essi superano i fermi e propri confini sommari, facendo spazio al Dono; accogliendo dalla Grazia pienezza di essere e di carattere, nei suoi nuovi irripetibili binari.
E noi particolarmente precari, sentendoci totalmente e immeritatamente amati, scopriamo altre sfaccettature... cambiamo il modo di stare con noi stessi, e di leggere la storia.
Pertanto, possiamo crescere, realizzarci, fiorire, irradiare la completezza ricevuta - senza più chiusure.
Senza più supremazie unilaterali.
Eccoci in Cristo: da Figlio di Davide [il capo militare assolutamente vittorioso, che avrebbe imposto la Legge e sottomesso le altre nazioni] a «Figlio dell’uomo».
Come ha dichiarato il card. Bassetti a commento dell’enciclica Fratelli Tutti, anche quello più recente del Magistero è un appello ad «accorciare le distanze e non erigere muri».
Tutto ciò mette i fedeli a contatto con la natura interna del Regno. E in tal guisa ne conoscono la saggezza, l’azione nascosta - che estrae fecondità dai lati caotici.
Da altre vene, anche dissidenti, eppure fluenti di Spirito.
Altrimenti può anche sembrare che Dio perda il controllo della storia.
E noi, scoraggiati, metterci su un lato della strada, ad osservare intimiditi, forse arresi; sperando l’arrivo di altre cose, esterne.
Invece, tappa dopo tappa il suo progetto di umanizzazione si realizza - qui - in tutti coloro che accolgono la proposta di accentuare la propria vita, donando se stessi.
Nessun Dominio.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Come incarni la profezia del Messia che viene senza posa? Corrispondi personalmente o corri dietro eventi eclatanti?
Quali ritieni siano le strade sbagliate o le fantasie di fine del mondo che mortificano la vita del Regno?