Ma può partecipare al rito?
(Mc 2,13-17)
Gesù non esclude nessuno dalla propria amicizia. Il buon annuncio del Vangelo consiste proprio in questo: nell’offerta della grazia di Dio al peccatore! Nella figura di Matteo, dunque, i Vangeli ci propongono un vero e proprio paradosso: chi è apparentemente più lontano dalla santità può diventare persino un modello di accoglienza della misericordia di Dio e lasciarne intravedere i meravigliosi effetti nella propria esistenza.
[Papa Benedetto, Udienza Generale 30 agosto 2006]
Nell’epoca in cui Mc redige il suo Vangelo (guerra civile dell’anno dei quattro Cesari) sorge nelle comunità di Roma un attrito sul genere di partecipazione ammissibile alle riunioni, e lo Spezzare il Pane.
Conflitto di opinioni che metteva di fronte uno contro l’altro il gruppo dei convertiti provenienti dal paganesimo e quello giudaizzante: questi ultimi non gradivano i contatti abituali coi lontani dalla loro mentalità, ma la distinzione.
Sia nelle assemblee che nella qualità della vita fraterna di tutti i giorni sorgevano attriti. Ad es. i provenienti dal giudaismo non gradivano entrare nelle case dei pagani - tantomeno amavano condividere la Mensa coi (ritenuti) contaminati.
Questi fratelli di chiesa erano abituati a valutare ancora sacralmente profano avere una contiguità qualsiasi con chiunque, o addirittura accettare i giudicati infetti.
La concezione devota delle ripartizioni morali portava a credere che bisognasse tenere i nuovi a distanza, col semplice sospetto di non essersi forse adeguati al peso identitario (non ancora demitizzato) delle tradizioni semitiche.
L’evangelista narra l’episodio di Levi [evitando di chiamarlo esplicitamente Matteo] per accentuare la sua derivazione paradossalmente cultuale e semitica.
Così Mc vuole descrivere come Gesù stesso abbia affrontato il medesimo conflitto cui sopra: senz’alcuna attenzione rituale o sacrale, se non all’uomo.
Insomma, secondo il Maestro, nel cammino di Fede il rapporto coi lontani e diversi, e i nostri stessi disagi o abissi reconditi, hanno qualcosa da dirci.
Mc intendeva aiutare i fedeli giudeo-cristiani a comprendere il balzo della Fede in itinere - messa a paragone con la religiosità comune, zeppa di credenze assurde, separazioni, atteggiamenti schizzinosi.
Apertura discriminante è la speranza nella vita stessa che viene e chiama a cedere posizioni artificiose, quindi ecco la possibilità d’inserire l’insegnamento, la vicenda, la Persona del Cristo.
Egli guida all’affidamento esistenziale, alla fiducia globale; a credere propria la vicenda del pubblico peccatore, che è ciascuno.
Per procedere su tale Via si parte dalle energie inespresse dei propri stessi stati primordiali, riconosciuti, assunti, resi fecondi personalmente e dilatati nei fratelli; senza distinzioni.
A tale scopo il passo di Vangelo sottolinea che a suo tempo gli apostoli (v.15) non erano stati affatto chiamati dal Signore alla medesima e rigorosa prassi di segregazione tipica delle credenze etnico-puriste, la quale pur vigeva attorno a loro.
Dunque, i credenti di fine anni 60 non dovevano tenersi in disparte: avevano piuttosto bisogno d’imparare a infrangere l’isolamento delle norme di conformismo sociale e cultuale.
Il Padre è Presenza amica.
La Lieta Notizia di tale pericope è che la vita di fraternità e convivenza non è gratificazione, né un riconoscimento.
L’Eucaristia non è dunque il premio per i meriti, né un discrimine a favore di emarginazioni sacrali - o di casistiche adultoidi.
Dio non ci complica l’esistenza, caricandola di troppi obblighi e doveri che appesantiscono le nostre giornate e tutta la vita; anzi, li spazza via.
Per questo motivo, la figura del nuovo Rabbi toccava il cuore della gente, senza confini.
Insomma anche per noi la proibizione dev’essere sostituita dall’amicizia. L’intransigenza va soppiantata dall’indulgenza; la durezza dalla condiscendenza.
In tale avventura non siamo chiamati a forme di dissociazione: si parte da se stessi.
Così si giunge senza isterismi alle microrelazioni, e senza cariche ideologiche, alla mentalità corrente anche devota.
Mai più mète fasulle, obbiettivi superficiali, ossessioni e ragionamenti inutili, né abitudini meccaniche, antiche o altrui [mai rielaborate in sé].
Con a monte tale esperienza di scavo e immedesimazione interiore, donne e uomini di Fede devono condividere la vita con chiunque - persino con i noti trasgressori come il figlio di Alfeo; rivedendosi in loro, deponendo gli artifici.
Senza prima pretendere patente alcuna, né lunghe discipline dell’arcano o pie pratiche che celebrino distacchi, come ad es. le abluzioni che precedevano il pasto.
Nel testo parallelo di Mt 9,9-13 l’esattore è chiamato esplicitamente per nome: Matteo. Ciò, onde sottolineare i medesimi contenuti - l’identico richiamo alla comunità.
Matathiah significa infatti «uomo di Dio», «dato da Dio»; precisamente «Dono di Dio» (Matath-Yah) [malgrado la rabbia delle autorità ufficiali].
Secondo l’insegnamento diretto dello stesso Gesù - persino nei confronti di uno degli apostoli - l’unica impurità che il Padre non sopporta è quella di non dare spazio a chi lo chiede perché non ne ha.
Il Signore vuole comunione integrale coi trasgressori, non a motivo d’una banalità ideologica: è l’invito a riconoscersi, confessare, convenire, condividere.
Non per sottomettere i suoi intimi a una qualche forma di paternalismo umiliante: sapersi incompleti e lasciarsi trasformare da poveri o ricchi in ‘signori’, è una risorsa.
«E avviene che Egli si adagia a Mensa nella Sua Casa e molti pubblicani e peccatori erano stesi con Gesù e i suoi discepoli, perché erano moltitudini e lo seguivano» (v.15 testo greco).
«Erano stesi [a mensa]»: secondo il modo di celebrare i banchetti solenni da parte degli uomini ‘liberi’ - ormai tutti liberi.
Che meraviglia, un ‘ostensorio’ del genere! Un Corpo vivo di Cristo che profuma di concreta Unione, convivialità delle differenze - non di respingimenti per trasgressione!
È questa tutta empatica e regale la bella consapevolezza che spiana e rende credibile il contenuto dell’Annuncio (v.17) - sebbene urti la suscettibilità dei maestri ufficiali.
D’ora in poi, la ripartizione fra credenti o meno sarà assai più umanizzante che fra “rinati” e non, o puri e impuri.
Tutta un’altra caratura - principio di una vita da salvati che si dispiega e straripa oltre i clubs.
Cristo chiama, accoglie e redime anche il Levi in noi, ossia il lato più rubricista - o logoro - della nostra personalità.
Anche il nostro carattere insopportabile o giustamente odiato: quello rigido e quello - altrettanto nostro - da gabelliere.
Reintegrando gli opposti, li farà addirittura fiorire: diverranno aspetti inclusivi, irrinunciabili, alleati e intimamente vincenti della futura testimonianza, potenziata d’amore genuino.
Essere considerati forti, capaci di comandare, osservanti, eccellenti, incontaminati, magnifici, performanti, straordinari, gloriosi, indefettibili… danneggia le persone.
Ci mette una maschera, rende unilaterali; toglie la comprensione. Fa galleggiare il personaggio in cui siamo seduti, al di sopra della realtà.
Per la crescita e fioritura di ciascuno, più importante di vincere sempre è imparare ad accogliere, cedere fino a capitolare; farsi considerare manchevoli, inadeguati.
Dice il Tao Tê Ching [XLV]: «La grande dirittura è come sinuosità, la grande abilità è come inettitudine, la grande eloquenza è come balbettio».
La norma artificiosa (purtroppo, talora anche la guida poco accorta) fa vivere in funzione del successo e della gloria esterna, ottenuta attraverso compartimenti.
Gesù inaugura un nuovo tipo di relazioni, e “patti” di feconde divergenze - un’Alleanza Nuova, anche dentro noi.
Qui Crea tutto la sola Parola «Segui Me» (v.14) [non “altri”].
La Sapienza del Maestro e l’arte poliedrica della Natura [esemplificata nella saggezza cristallina del Tao] conducono tutti a essere incisivi e umani.
Non è la ‘perfezione’ che ci fa amare l’Esodo.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Qual è il tuo punto di forza spirituale e umana? Come si è generato?