Sollecitudini diverse: l’azione umanizzante, e quella secca dei gufi
(Mc 3,1-6)
Commentando il Tao Tê Ching (XLVII), il maestro Ho-shang Kung scrive: «Il santo conosce il grande basandosi sul piccolo, l’esteriore esaminando l’interiore».
E ribadisce: «Senza salire in cielo e senza scendere negli abissi, il santo conosce il Cielo e la Terra: li conosce con il cuore».
Procurare il bene e sollevare la persona reale - così com’è, nella propria unicità - è l’unico valore non negoziabile; criterio di tutto il Vangelo.
Anche la Torah nel suo nucleo e senso voleva essere un mezzo importante della pedagogia umana, personale, religiosa - non il fine.
Le norme ci accompagnano volentieri, quando esse facilitano la strada per dialogare con il Signore, incontrandolo in noi e nei fratelli.
Ma la “lettera” è fredda e immotivata.
Avvenuto l’Incontro, la precedenza va data al Progetto di Dio, sollecito a realizzarci e lasciar fiorire; non alle procedure.
Infatti, le prescrizioni mettono tutti e sempre in allerta nei confronti del ‘bisogno diverso’.
Per questo, solidarietà e fraternità sono poste al di sopra di qualsiasi ossequio devoto e identitario, o necessità dottrinale, nonché osservanza esteriore del culto [se vissuto da automi].
Le stesse norme vanno comprese affinché conducano alla vita ‘con’ e ‘in’ Cristo - per la realizzazione e pienezza di essere.
Altrimenti la virtù scrupolosa di religione si converte in azione maligna e vizio di fede - che perde la totalità della persona (v.4).
In tal guisa, nel giorno della sinagoga non si deve celebrare una restaurazione che timbri il cartellino.
Piuttosto, ci si raduna in assemblea per meglio restituire l’uomo alla sua dignità di essere sublime, da promuovere in modo illimitato.
Il sabato del Messia non è il giorno delle parzialità di costume: gesti e parole esprimono il Volto del Padre, la sua sollecitudine.
È tempo insieme di Liberazione e Creazione, di promozione delle energie vitali, secondo il Disegno originario e pieno.
Ma nel luogo del rito abitudinario, dove vige la mentalità tradizionale [ovvero à la page] compassata, Gesù non va a pregare, bensì a insegnare e curare.
Neppure il paralizzato aveva chiesto guarigione - tanto gli sembrava normale stare lì in quel modo e non ricevere attenzioni, né alcuno stimolo; neanche il bene.
Nondimeno l’Amore è nucleo ed essenza della Legge: anche in giorno di precetto l’aiuto era pur consentito dalle stesse prescrizioni, in caso di necessità estrema o ripercussione sugli altri.
Il Signore sta dicendo ai [suoi intimi] responsabili di chiesa:
Sbloccare la persona che non riesce a fare nulla di buono - «mano arida» (vv.1.3) - è questione di vita o di morte, anche per tutta la comunità [guarire o «annientare»: v.4].
Quando i parrucconi della religione indifferente e secca, e i primi della classe della devozione sofisticata, distorta, vengono provocati, la maschera pia scompare.
Diventano violenti anche di fronte al bene che Dio opera su chi è malmesso - e votato al peggio senza neanche accorgersi.
La mano [l’azione] da guarire resta anzitutto quella delle mummie unilaterali cui si rivolge l’insegnamento forte dell’episodio.
Osservare il giorno del Signore significa, anche per noi: potenziare le possibilità espressive dell’uomo e reintegrarlo in un ‘ordine nuovo’.
Ciò sgombrando l’ambiente incline al settarismo [o all’ideologismo] da gufi vecchi e nuovi che intendono salvare le apparenze per mantenere potere, finto prestigio dottrinale, sudditanza delle coscienze.
Ma per adempiere il “precetto” redentivo, gli atteggiamenti devianti vanno per primi anch’essi assunti, e salvati - al pari di energie preparatorie di nuovi assetti.
Ancora il maestro Ho-shang: «Quando chi sta in alto ama la Via, chi sta in basso ama la virtù; quando chi sta in alto ama la guerra, chi sta in basso ama la forza».
Le agenzie di plagio di alcune “chiesuole” particolari che vogliono le anime bloccate su rapporti di dominio, volentieri progetterebbero di far permanere i malati nel loro stato di dipendenza.
Per alcuni perversi meccanismi di pastorale e catechesi di massa, i timorosi e insicuri devono restare anonimi; anche nel tempo del cammino sinodale.
I senza voce sono sempre utili, affinché i ben introdotti possano continuare a galleggiare sul mondo - con le loro immutate manfrine o teorie.
Per interesse devoto, moralista, o di parte [questa sì privata e glamour, ovvero colma d’insidie legaliste] ben volentieri li lascerebbero incerti e inconsapevoli, o peggio - anche se si presentasse Gesù in persona a liberarli.
Non ce lo possiamo più permettere.
Non possiamo più acconsentire trascuratezze: l’attuale scossone della crisi globale sta accelerando la caduta delle maschere, degli atteggiamenti paludosi o istrionici; e delle pratiche simboliche fini a se stesse.
L’emergenza che investe tutti fa comprendere meglio la differenza tra contenuti inconsci e verità, fossilizzazioni sedentarie ed energie nascoste; religiosità e Fede - discrimine della vita in Cristo e nello Spirito.
Nei suoi lati di limitazione e Completezza, legalismo e Liberazione, stasi e Rinascita, ritorno a come sempre o Rigenerazione, formalismo e Letizia, oggi il discernimento si fa più acuto.
Avendo già valutato inutile approfittare dell’istituzione religiosa ufficiale per immettere in essa la novità del Regno, nel cap.3 del Vangelo di Mc si propugna un nuovo progetto di comunità.
Il Maestro vuole guidare le persone di ogni ceto a sentire e vivere profondamente la propria e altrui dimensione umana, segnata dalla paradossale feconda esperienza della fallibilità.
Solo quando ne interiorizzassero il senso e vivessero così, le autorità e i credenti farebbero davvero l’esperienza di provare compassione verso i limiti della carne - comprensione caratteristica dell’essere “umani”.
In tale opera il Signore parte sempre dalle masse abbandonate dai loro pastori.
L’incipit autentico viene da gente insignificante ma svincolata dalle autorità del tessuto religioso-politico, e dalle linee di successione dinastica ufficiali.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Quando hai notato virtù di religione convertite in vizi di fede?
Cosa intendi per Salvezza assicurata dal Regno di Dio?
Teologia e simbologia della Mano:
«Riflettiamo perciò nuovamente sui segni nei quali il Sacramento ci è stato donato. Al centro c'è il gesto antichissimo dell'imposizione delle mani, col quale Egli ha preso possesso di me dicendomi: "Tu mi appartieni". Ma con ciò ha anche detto: "Tu stai sotto la protezione delle mie mani. Tu stai sotto la protezione del mio cuore. Tu sei custodito nel cavo delle mie mani e proprio così ti trovi nella vastità del mio amore. Rimani nello spazio delle mie mani e dammi le tue".
Ricordiamo poi che le nostre mani sono state unte con l'olio che è il segno dello Spirito Santo e della sua forza. Perché proprio le mani? La mano dell'uomo è lo strumento del suo agire, è il simbolo della sua capacità di affrontare il mondo, appunto di "prenderlo in mano". Il Signore ci ha imposto le mani e vuole ora le nostre mani affinché, nel mondo, diventino le sue. Vuole che non siano più strumenti per prendere le cose, gli uomini, il mondo per noi, per ridurlo in nostro possesso, ma che invece trasmettano il suo tocco divino, ponendosi a servizio del suo amore. Vuole che siano strumenti del servire e quindi espressione della missione dell'intera persona che si fa garante di Lui e lo porta agli uomini. Se le mani dell'uomo rappresentano simbolicamente le sue facoltà e, generalmente, la tecnica come potere di disporre del mondo, allora le mani unte devono essere un segno della sua capacità di donare, della creatività nel plasmare il mondo con l'amore – e per questo, senz'altro, abbiamo bisogno dello Spirito Santo. Nell'Antico Testamento l'unzione è segno dell'assunzione in servizio: il re, il profeta, il sacerdote fa e dona più di quello che deriva da lui stesso. In un certo qual modo è espropriato di sé in funzione di un servizio, nel quale si mette a disposizione di uno più grande di lui. Se Gesù si presenta oggi nel Vangelo come l'Unto di Dio, il Cristo, allora questo vuol proprio dire che Egli agisce per missione del Padre e nell'unità con lo Spirito Santo e che, in questo modo, dona al mondo una nuova regalità, un nuovo sacerdozio, un nuovo modo d'essere profeta, che non cerca se stesso, ma vive per Colui, in vista del quale il mondo è stato creato. Mettiamo le nostre mani oggi nuovamente a sua disposizione e preghiamolo di prenderci sempre di nuovo per mano e di guidarci».
[Papa Benedetto, omelia del Crisma 13 aprile 2006]