Gen 6, 2025 Scritto da 

Scintille con Gesù: la svolta arriva subito

Lo spirito immondo e tranquillo, in sinagoga

(Mc 1,21b-28)

 

Nella confusione della sanguinosa guerra civile in atto (68-69) le comunità romane chiedono orientamento.

Descrivendo l’inizio dell'attività del Signore, Mc indica come annunciare: non più poggiando su precedenti maestri.

L’Evangelo vuole sostituire i proclami imperiali di vittoria e benessere (età dell’oro), e si distacca dai messaggi di altre religioni.

Gli episodi della vita di Gesù interpellano il cuore, creando una coscienza critica - meno artificiosa, più naturale.

Dopo aver invitato i primi discepoli alla sequela (Mc 1,16-20) facendoli «pescatori di uomini», Cristo porta i suoi - appunto - alla “pesca”.

La sorpresa è paradossale, e sta nel primo degli ambienti che indica. Quello che oggi - non a caso - fa più fatica a reggere tutto, come un tempo.

Insomma, volendo ricalcare il Figlio di Dio, sembra che per sollevare le persone da situazioni di morte bisogna iniziare non da un luogo di peccato e malaffare, bensì da case di onesta religione e vita pia!

Non a caso il giovane Rabbi viene denominato «Nazareno» (v.24), che nel linguaggio del tempo - alludendo al territorio di Nazaret - significava testa calda, sovversivo, rivoluzionario.

Come dire: le antiche “sinagoghe” paiono voler celebrare e lodare Dio, viceversa lo umiliano [e soffocano il suo progetto di umanizzazione].

Non si affidano al Mistero, che si dipana nel mondo interno - nello stesso affiorare personale di talenti e passione.

 

Le autorità religiose usavano il Nome divino solo per difendere il proprio status sociale, inculcando nel popolo una condotta da subordinati, e un mondo di pensieri o dottrine a loro immagine somiglianza.

A quel tempo, infatti, i leaders imponevano a tutti i ceti una sorta di spiritualità dell’immobilismo, rassicurante e manipolatoria.

La Lieta Notizia recata dal Maestro - invece - crea sintonie proprio con il desiderio di pienezza di vita che ciascun uomo porta in sé.

Di qui una grande riforma e rovesciamento, rispetto a tutte le credenze diffuse nell’impero.

La Parola nuova si erge su tutte le narrazioni antiche, e le soppianta radicalmente, anche dal punto di vista del costume.

Essa non è radicata in nessuna cappa artificiosa, o consuetudine, né alienazione, tantomeno calcolo di contrabbando e di greppia.

Malgrado i manti artificiosi e tipici, tale Logos essenziale si annida spontaneamente nell’anima di ciascuna donna e uomo, e si conosce immediatamente, nella loro esistenza reale.

Di conseguenza, è Verbo autentico, senza proiezioni antiche o schematiche, disincarnate e alla moda; piuttosto, insolite. Così molestando davvero l’istituzione ufficiale.

E - ancora oggi - provocando reazioni sia tra gli ammansiti dell’osservanza, che tra i finti fenomeni à la page del riformismo senza costrutto; astratto, sofisticato, cerebrale, patinato.

Sono pur “luoghi” variegati, questi delle varie dottrine… però in cui c’è qualcuno che rimane sempre in un cantuccio calmo e tranquillo, e non reca il minimo disturbo.

Ma a un certo punto scatta (v.23).

Non sono le preghiere e i canti che lo fanno esplodere e imprecare, ma il nuovo insegnamento.

Dove arriva il Maestro, l’antico equilibrio stagnante e compromissorio non può continuare.

La sua Presenza non è conciliabile con le forze opposte - del letargo, o delle fantasie ventose di sedicenti profeti.

 

Prima di Gesù, in sinagoga la situazione era di “pace”: una quiete e una mentalità corrente che andavano bene a tutti.

Ma i due poli sono avversari acerrimi: non si sopportano, fanno subito scintille.

La catechesi di Mc invita a comparare l’esperienza di ciascuno alla vita non rassegnata del Figlio.

Egli non istruiva le persone semplici in modo esterno, facendo buon viso a cattivo gioco - citando a memoria le autorità comunemente accettate.

Partiva dall’esperienza personale del Padre, e dalla sua stessa vita concreta. Così noi.

In Cristo, immersi nella sua stessa Fede, i credenti scrutano fatti e sentimenti profondi; non si limitano alle nobili esortazioni. Questo il “guaio”.

I fratelli del Signore non ripetono luoghi comuni, altrui.

Piuttosto, combattono ed espellono con decisione il potere del male che s’impossessa delle creature e le allinea, le aliena.

 

L’uomo che grida contro Gesù parla al plurale (v.24; cf. Lc 4,34) proprio perché l’Evangelo va a promuovere le ricchezze personali e intaccare interessi di cerchia.

Si tratta delle cordate di falsi amici di Dio; non di rado, proprio quelli che aprono bocca a suo nome (v.24c).

Lo spirito dei credenti abitudinari e assuefatti o interessati all’ordine si rendono conto che nell’uomo immagine vera del Padre giunge Chi è in grado di far crollare il loro castello di carte, e si spaventano.

Ovvio lo scontro. Altro che buonismi innocui e di facciata.

Quando queste energie contrarie si ritrovano, si fronteggiano senza esclusione di colpi.

Sono ostili e finiscono per aggredirsi - non c’è zucchero filato o manierismo che tenga.

 

Il “posseduto” proclama il Nome del giovane Rabbi (v.24a), sperando di mostrarsi superiore e impossessarsi di Lui.

Ma il Figlio di Dio non si lascia ghermire dai giochetti.

 

I falsi insegnamenti della religione normalizzata - di qualsiasi estrazione - avevano inculcato nell’animo delle persone che il «santo di Dio» si sarebbe presentato in modo eloquente, perentorio.

Costui non poteva essere altro che un personaggio eminente e celebrato: sovrano, condottiero, sommo sacerdote... così richiamando le consuetudini distintive del popolo eletto.

Ma nei frequentatori di “sinagoga” tale convincimento recava con sé uno spirito di soggezione e morte che produceva personalità sedate, abitudinarie. Assoggettate a osservanze blande, troppo comuni; infine solo rassicuranti.

Eppure ora quello stesso spirito assuefatto si sente minacciato - invece che conformisticamente rispecchiato. Così pretende di mettere a cuccia nel Figlio pure lo stesso Dio che proclama.

 

A cospetto della Parola-evento che fa quel che dice, il re è nudo. Non l’irenismo pacioccone, bensì il conflitto è dietro l’angolo.

Le potenze che c’imbrigliano con festival ripetitivi e si nutrono d’illusioni rinunciatarie, vedono sgretolare l’inerzia e i guinzagli che hanno fatto la loro fortuna.

«E lo [spirito] immondo, contorcendolo e gridando a gran voce, uscì da lui» (v.26). Perché «contorcendolo»?

È davvero straziante scoprire che stili di vita e condizionamenti ideali possono portare fuori strada.

E in tal guisa, tante minuzie inculcate come sacri valori sono forse proprio quelle che allontanano da un dialogo d’amore con Dio.

Anche oggi una sottile propaganda ingannatrice e omologante tende a sequestrare e alienare l’anima personale; a raccomandare l’inazione - o il suo eccesso - e lacerarci in prestazioni [es. di potere e denaro].

Un’atmosfera opprimente, quella che a volte subiamo, sotto la cappa di situazioni piramidali e assuefazioni.

Tutta schiavizzante i semplici; con formalità, ossessioni moraliste, e modi di essere (o meglio, apparire) confezionati.

 

Chi evangelizza sul serio distacca le persone dall’ideologia banalizzante, dalle maniere del pensiero unico locale - tradizionalista o d’avanguardia che sia.

Esso può sembrare segnatamente idealista, o lancinante e impegnato, ma poi resta assopito nelle pratiche e dottrine che tradiscono le aspettative profonde della nostra vocazione autentica.

Insomma, la cappa degli artifizi umilia l’esistenza in pienezza; affievolisce e spegne il passo della nostra eccezionalità irripetibile, sulla quale il Padre intende edificare la sua stessa Novità.

In Cristo, l’«insegnamento nuovo» è una «didachè kainè» (v.27), che nell’espressione greca sottolinea appunto un richiamo di qualità superiore; in grado di soppiantare quanto permane paludoso.

Un Appello che rimpiazza, sostituisce completamente tutto il resto. E non sarà superato.

Parola che mette a nudo e spazza via le zavorre, nonché tutte le impalcature condizionanti - insieme al senso di colpa inculcato dalle solite guide dozzinali e interessate.

Morale: donne e uomini umanizzano; ricominciano a vivere e respirare.

Non si lasciano più plagiare da idee e limiti; convinzioni estranee, opportuniste, soporifere, o dissociate, isteriche [colme di proiezioni; vuote, non radicate].

 

«Didachè kainè»: essa scalza l’identificazione forzata, e una visione della vita che rende stagnanti, unilaterali.

Ora se ci ritroviamo posseduti da poteri a senso unico, esterni e disumanizzanti, veniamo messi faccia a faccia con Dio - senza prima le lunghe trafile che ci fanno monocromatici.

E qui abilitati a ritrovare noi stessi, anche negli opposti; nonché il discrimine dell’impegno, il motivo per cui siamo nati.

Abilitati ormai a valicare gli idoli che sequestrano i sogni, e l’entusiasmo che parte da dentro. Con voglia di rinascere.

Esodo frutto di alleanza coi nostri lati poliedrici, tutti indispensabili per un completamento della personalità, e per l’evoluzione.

Insomma, il Figlio Presente ci restituisce consapevolezza della Chiamata a Libertà - prima senza costrutto. Vocazione già radicata; però senza facilonerie.

Fa recuperare (in primis a noi, che frequentiamo abitudinariamente i luoghi di culto) un perfetto giudizio personale, una impensabile purezza.

 

La svolta arriva subito. Anche nella profondità, come nell’eccesso.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Sei credibile e libero, ossia pieno di passioni e profondità?

Ti affidi al mondo interno, o a quello (un po’ troppo) dell’esterno?

Dopo aver ascoltato e accolto te stesso e la realtà che viene, ti metti a repentaglio o sei di quelli del «ne quid nimis» - nulla di eccessivo?

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

For those who first heard Jesus, as for us, the symbol of light evokes the desire for truth and the thirst for the fullness of knowledge which are imprinted deep within every human being. When the light fades or vanishes altogether, we no longer see things as they really are. In the heart of the night we can feel frightened and insecure, and we impatiently await the coming of the light of dawn. Dear young people, it is up to you to be the watchmen of the morning (cf. Is 21:11-12) who announce the coming of the sun who is the Risen Christ! (John Paul II)
Per quanti da principio ascoltarono Gesù, come anche per noi, il simbolo della luce evoca il desiderio di verità e la sete di giungere alla pienezza della conoscenza, impressi nell'intimo di ogni essere umano. Quando la luce va scemando o scompare del tutto, non si riesce più a distinguere la realtà circostante. Nel cuore della notte ci si può sentire intimoriti ed insicuri, e si attende allora con impazienza l'arrivo della luce dell'aurora. Cari giovani, tocca a voi essere le sentinelle del mattino (cfr Is 21, 11-12) che annunciano l'avvento del sole che è Cristo risorto! (Giovanni Paolo II)
Christ compares himself to the sower and explains that the seed is the word (cf. Mk 4: 14); those who hear it, accept it and bear fruit (cf. Mk 4: 20) take part in the Kingdom of God, that is, they live under his lordship. They remain in the world, but are no longer of the world. They bear within them a seed of eternity a principle of transformation [Pope Benedict]
Cristo si paragona al seminatore e spiega che il seme è la Parola (cfr Mc 4,14): coloro che l’ascoltano, l’accolgono e portano frutto (cfr Mc 4,20) fanno parte del Regno di Dio, cioè vivono sotto la sua signoria; rimangono nel mondo, ma non sono più del mondo; portano in sé un germe di eternità, un principio di trasformazione [Papa Benedetto]
In one of his most celebrated sermons, Saint Bernard of Clairvaux “recreates”, as it were, the scene where God and humanity wait for Mary to say “yes”. Turning to her he begs: “[…] Arise, run, open up! Arise with faith, run with your devotion, open up with your consent!” [Pope Benedict]
San Bernardo di Chiaravalle, in uno dei suoi Sermoni più celebri, quasi «rappresenta» l’attesa da parte di Dio e dell’umanità del «sì» di Maria, rivolgendosi a lei con una supplica: «[…] Alzati, corri, apri! Alzati con la fede, affrettati con la tua offerta, apri con la tua adesione!» [Papa Benedetto]
«The "blasphemy" [in question] does not really consist in offending the Holy Spirit with words; it consists, instead, in the refusal to accept the salvation that God offers to man through the Holy Spirit, and which works by virtue of the sacrifice of the cross [It] does not allow man to get out of his self-imprisonment and to open himself to the divine sources of purification» (John Paul II, General Audience July 25, 1990))
«La “bestemmia” [di cui si tratta] non consiste propriamente nell’offendere con le parole lo Spirito Santo; consiste, invece, nel rifiuto di accettare la salvezza che Dio offre all’uomo mediante lo Spirito Santo, e che opera in virtù del sacrificio della croce [Esso] non permette all’uomo di uscire dalla sua autoprigionia e di aprirsi alle fonti divine della purificazione» (Giovanni Paolo II, Udienza Generale 25 luglio 1990)
Every moment can be the propitious “day” for our conversion. Every day (kathēmeran) can become the today of our salvation, because salvation is a story that is ongoing for the Church and for every disciple of Christ. This is the Christian meaning of “carpe diem”: seize the day in which God is calling you to give you salvation! (Pope Benedict)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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