Feb 24, 2025 Scritto da 

Lasciare tutto e sperimentare il rovesciamento

(Mc 10,28-31)

 

Secondo mentalità corretta - tipica nell’ebraismo - per ricevere l’eredità divina bastava osservare i comandamenti (vv.17-20).

La proposta di Gesù non punta sullo scambio di “favori” (automatismo farisaico): ha respiro, e poggia sul gratis; aiuta la libertà - è più ampia, senza zavorre.

Per questo, inclina verso la povertà ecclesiale. Sia il benestante che il convincimento degli apostoli vanno liberati dall’idolo dell’opulenza - forza ancor più paludosa dei sensi di colpa.

Lo stesso passo di Vangelo è segno che la mentalità “interna” alle comunità andava raddrizzata, già d’allora.

Non è con la sicurezza a monte che si può fare esodo - per incontrare l’Unico (v.21) nel cuore. Né la Chiesa può starsene al sicuro col contributo materiale dei ricchi (v.26).

Il cammino dell’amore e il rischio educativo suppongono la via della sobrietà avventurosa, senza la quale non è possibile incidere sui compartimenti stagni del pensiero e della società.

Al contrario delle devozioni, la vita di Fede non richiede l’offerta a Dio di un sacrificio modesto o rassegnato, ma l’abbandono al futuro che viene.

Anche per una questione di cruda sostanza, esso ci costringerà a spostare lo sguardo - e riattiverà incessantemente.

Così facendo permanere i discepoli nell’energia d’intrapresa, finalmente non lascerà più nessuno a capo chino. Perché qui si scambiano le carte (v.31).

 

Egli non vuole scipparci di nulla: la sua Presenza amica è un fermento consistente, che vuole realizzare l’assoluto in ciascuno di noi.

Il distacco dalle cose per espandere e rallegrare la qualità del percorso è germe d’un nuovo sacro, d’un altro volto dell’umanità e del mondo.

L’esistenza concreta che scaturisce dalla proposta di Fede supera ogni modello religioso. Estende perfino la comunità, creando Famiglia senza confini - tutti fratelli e sorelle, senza dirigenti a vita.

Non siamo più minorenni: abbiamo una Speranza piena - non moderata.

Solo la condivisione dei beni si ergerà: frutto di provvidenza e dono sistematico - e non vi saranno bisognosi, anzi avanzerà per altri ancora (ideale già di Dt 15 - senza più steccati culturali).

E nessun calcolo di contraccambio: perché non si parte dall’egoismo o dal tornaconto di club dalle belle maniere (e dall’avido possesso).

Ovvio, Cristo sarà la scelta dei poveri, che da sempre sognano un rovesciamento della piramide (v.31).

 

Al tempo di Gesù la vita della gente era infatti marcata - tratto a tratto - da una duplice sottomissione: la politica di Erode e la schiavitù religiosa.

Il sistema di sfruttamento e repressione era capillare e ben organizzato.

Anche le autorità religiose avevano astutamente trovato un modus vivendi remunerativo ben introdotto nei gangli dell’impero.

Tutto ciò a prezzo della disgregazione della vita comunitaria e famigliare (sfaccettature dell’antica comunione di clan, ora vessata da problemi di sopravvivenza materiale e maggiore individualismo).

In un contesto di collasso sociale, moltissimi erano costretti a tirare avanti in una condizione di scartati ed esclusi.

Ma nelle assemblee di Gesù l’atteggiamento d’inclusione verso gli emarginati, deboli e malfermi, le caratterizzava e faceva spiccare (via via preferire) nei confronti di tutti gli altri gruppi.

 

A quel tempo non mancavano diverse sette - anche ben motivate - che desideravano mostrare un modello di vita alternativo alla spietatezza della realtà corrente.

Però ad es. gli Esseni erano legalisti e puristi, e vivevano separati; così anche i Farisei - osservanti legati perfino alla tradizione orale - i quali avevano abominio della gente “contaminata”.

Anche gli Zeloti mal sopportavano la folla debole e indecisa, senza voce.

I considerati ignoranti e maledetti (per essere non in grado di adempiere le prescrizioni di legge) e valutati in peccato, erano viceversa benvenuti nelle comunità cristiane.

Proprio i senza peso - dotati di poche energie e relazioni - forzosamente esclusi dal clan a motivo delle necessità economiche, trovavano lì finalmente rifugio, tepore, ascolto, comprensione, aiuto.

Il Maestro stesso aveva esplicitamente ordinato di scegliere l’anti-ambizione e l’esproprio personale in favore dei malati e deboli; di tutti coloro che erano rimasti indietro.

 

La semplicità di vita faceva il paio con la sobrietà nella missione.

Il Signore consigliava infatti agl’inviati di testimoniare fiducia radicale nell’ospitalità (offerta da tanti nuovi “famigliari”).

Senso di adattamento e misura, capacità di convivenza nell’essenziale e accontentarsi, erano il carattere irrinunciabile dell’evangelizzazione.

I veri testimoni di Cristo, anche oggi e col passare del tempo, si sentono appagati nel provvisorio - tipico dei pellegrini. Non bramano migliori sistemazioni future, passando di casa in casa (Mc 6,10).

In tutto ciò e nel sapersi adattare alle situazioni e ai normali compensi del lavoro locale, i credenti dimostrano la Presenza del Regno fraterno.

Realtà concreta e “in mezzo”: essa infatti si rende equidistante; rovescia i ruoli - e le ottiche, come ad es. posizioni abitudinarie fra donne e uomini, giovani e vecchi, o nuovi e veterani (v.31).

 

Certo, il cambiamento può spaventare, ma inseriti nella Fraternità che ode l’appello a “uscire”, togliamo il guinzaglio alle situazioni e smuoviamo le anime da tortuosità di ripiegamenti.

Ed ecco il Centuplo del Padre in tutto (vv.28-30). Eccetto una cosa: perché siamo chiamati a essere sullo stesso piano.

Non ci sarà nessun cento per uno di «padri» (nel senso antico), ossia di controllori condizionanti (vv.29-30) che dettino il loro binario e ritmo, come a dei sottoposti.

Allora siederemo nel nostro Centro, non perché identificati nel ruolo standard abituale, bensì cesellati in modo stupefacente dalle sfaccettature del Mistero che tocca, a partire da dentro.

E rovescia tutto.

 

Una vita di attaccamenti blocca la creatività. Appiccicarsi un idolo, lasciarsi plagiare o intimidire, ancorarsi alla paura di problemi o preoccupazioni è come creare una camera buia.

Sentirsi programmabili, già progettati senza un di più... subire i pareri ordinari o conformisti... esclude il vettore della Novità sconosciuta e tutta personale.

Chi si lascia inibire dall’etica esclusiva, dal dover stare con se stessi e gli altri secondo cliché di prestigio assodato e così via, edifica una dimora artificiale, che non è casa sua, né la tenda del mondo.

E pur nel passo della missione, congetturando addirittura di riuscire a prevedere le eccentricità feconde o le avventure globali, ci rattrappiamo, spaventiamo dei possibili conflitti.

Ma nel timore non si coglie ciò ch’è davvero nostro e altrui: quanto si palesa solo durante un processo, che diviene santo nell’esodo da se stessi e nella qualità di rapporti creativi.

Come ha detto il pontefice Francesco a Dublino: «Docili allo Spirito e non basati su piani tattici» che bloccano la vita.

In fondo, dietro la ritrosia a esserci in Cristo e nelle relazioni che si spingono oltre il dovuto e già pensato, non si cela altro che il timore di perdere l’attenzione altrui o la reputazione.

Ma per Via si fa esperienza intima di un diverso “interruttore” dentro, che aiuta ad esprimerci e affrontare le vicende dove non tutto sia già a posto. 

Deponendo passo passo le paure di essere sgridati, e che la vita (proprio a causa delle nostre scelte ideali) possa crollare.

Via i retroscena.

Sono le nuove genesi sotto uno stimolo d’inedito e sconosciuto a permettere di spostare l’attenzione dal calcolo alla luminosità dell’anima, dal cervello all’occhio, dal ragionamento alla percezione.

 

Tolti i lacciuoli artificiosi del voler venire anzitempo e per forza a capo delle situazioni, impareremo ad accogliere tutti i lati, e la vita andrà di suo, dilatando di onda in onda.

20
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Lent is like a long "retreat" in which to re-enter oneself and listen to God's voice in order to overcome the temptations of the Evil One and to find the truth of our existence. It is a time, we may say, of spiritual "training" in order to live alongside Jesus not with pride and presumption but rather by using the weapons of faith: namely prayer, listening to the Word of God and penance (Pope Benedict)
La Quaresima è come un lungo “ritiro”, durante il quale rientrare in se stessi e ascoltare la voce di Dio, per vincere le tentazioni del Maligno e trovare la verità del nostro essere. Un tempo, possiamo dire, di “agonismo” spirituale da vivere insieme con Gesù, non con orgoglio e presunzione, ma usando le armi della fede, cioè la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio e la penitenza (Papa Benedetto)
Thus, in the figure of Matthew, the Gospels present to us a true and proper paradox: those who seem to be the farthest from holiness can even become a model of the acceptance of God's mercy and offer a glimpse of its marvellous effects in their own lives (Pope Benedict)
Nella figura di Matteo, dunque, i Vangeli ci propongono un vero e proprio paradosso: chi è apparentemente più lontano dalla santità può diventare persino un modello di accoglienza della misericordia di Dio e lasciarne intravedere i meravigliosi effetti nella propria esistenza (Papa Benedetto)
Man is involved in penance in his totality of body and spirit: the man who has a body in need of food and rest and the man who thinks, plans and prays; the man who appropriates and feeds on things and the man who makes a gift of them; the man who tends to the possession and enjoyment of goods and the man who feels the need for solidarity that binds him to all other men [CEI pastoral note]
Nella penitenza è coinvolto l'uomo nella sua totalità di corpo e di spirito: l'uomo che ha un corpo bisognoso di cibo e di riposo e l'uomo che pensa, progetta e prega; l'uomo che si appropria e si nutre delle cose e l'uomo che fa dono di esse; l'uomo che tende al possesso e al godimento dei beni e l'uomo che avverte l'esigenza di solidarietà che lo lega a tutti gli altri uomini [nota pastorale CEI]
The Cross is the sign of the deepest humiliation of Christ. In the eyes of the people of that time it was the sign of an infamous death. Free men could not be punished with such a death, only slaves, Christ willingly accepts this death, death on the Cross. Yet this death becomes the beginning of the Resurrection. In the Resurrection the crucified Servant of Yahweh is lifted up: he is lifted up before the whole of creation (Pope John Paul II)
La croce è il segno della più profonda umiliazione di Cristo. Agli occhi del popolo di quel tempo costituiva il segno di una morte infamante. Solo gli schiavi potevano essere puniti con una morte simile, non gli uomini liberi. Cristo, invece, accetta volentieri questa morte, la morte sulla croce. Eppure questa morte diviene il principio della risurrezione. Nella risurrezione il servo crocifisso di Jahvè viene innalzato: egli viene innalzato su tutto il creato (Papa Giovanni Paolo II)
In today’s Gospel passage, Jesus identifies himself not only with the king-shepherd, but also with the lost sheep, we can speak of a “double identity”: the king-shepherd, Jesus identifies also with the sheep: that is, with the least and most needy of his brothers and sisters […] And let us return home only with this phrase: “I was present there. Thank you!”. Or: “You forgot about me” (Pope Francis)
Nella pagina evangelica di oggi, Gesù si identifica non solo col re-pastore, ma anche con le pecore perdute. Potremmo parlare come di una “doppia identità”: il re-pastore, Gesù, si identifica anche con le pecore, cioè con i fratelli più piccoli e bisognosi […] E torniamo a casa soltanto con questa frase: “Io ero presente lì. Grazie!” oppure: “Ti sei scordato di me” (Papa Francesco)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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