L’autorevolezza di Gesù e nostra
(Mt 21,23-27)
«Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?» (Mt 21,23).
Nell’ambiente tradizionale giudaizzante delle prime comunità rimbalzavano domande circa l’autorevolezza di Cristo nel porre sotto assedio il sistema religioso ordinario, e il suo distinguersi perfino da profeti riconosciuti come il Battista.
Unica risposta: la potenza di Dio che si esprimeva nel segno dei tempi - fermentando le coscienze.
La missione di Gesù non è stata regolare: sconcertava l’atmosfera, quindi la sua Parola viva e tagliente andava circoscritta a ogni costo.
Un comportamento così audace sarebbe sembrato irriverente nei confronti delle autorità, perfino se adottato dal Messia atteso in persona. E un senza-terra non poteva che essere un suo falso pretendente...
I leaders religiosi che il Signore fronteggiava - radicati in schemi di pensiero e strategie consolidate, pure di moneta - si accontentavano sempre di adattare il Cielo entro canovacci chiusi.
Anche i fedeli delle comunità di Mt sembravano sotto la tutela d’interessi, strade, parole e gesti imposti dal clima dispotico.
Negli anni 70-80 i giudei convertiti al Signore erano perseguitati, perché resistevano ai costumi e alle pressioni delle guide religiose costituite e al sistema di potere.
Alcuni avevano già sconsideratamente tentato la strada diplomatica, provando a conciliare Fede e Impero.
Come diceva Paolo, ormai tristemente consapevole della sconfitta della sua teologia: «Quelli che vogliono fare bella figura nella carne, vi costringono a farvi circoncidere, solo per non essere perseguitati a causa della croce di Cristo».
Mt tenta di aiutare le sue comunità di Galilea e Siria: dovevano continuare impavide, e non lasciarsi sedurre da pratiche religiose ufficiali, né inquinare dall’ideologia corriva, dei vari Cesari.
L’evangelista sembra anche suggerire ai fedeli in Cristo di evitare diatribe puntigliose, con i rappresentanti di un mondo solo in apparenza stabile - viceversa destinato a implodere sulle proprie contraddizioni.
Scrive il Tao Tê Ching (v): «Parlar molto e scrutar razionalmente, val meno che mantenersi vuoto». E il maestro Wang Pi commenta: «Chi non parla e non fa ragionamenti sicuramente scruta la ragione delle cose».
Dopo la cacciata dei venditori e usurai-profanatori dal Tempio (Mt 21,12ss), la sorte di Gesù è segnata.
Non si tocca il vero dio delle antiche alture: il sacchetto dei “maestri” e il tesoro dei sacerdoti implicati.
I massimi responsabili degli affari in nero del recinto sacro apparivano credenti e leali, ma solo se scrutati dal di fuori.
Il loro occhio interiore e la loro attività ben celata sotto i mantelli e dietro le quinte si posava su tutt’altro che i beni spirituali.
Erano padroni di tutto, quindi nessuno doveva prendere iniziativa alcuna senza loro placet. Figuriamoci intaccare il commercio religioso.
Chi mai ha dato l’imprimatur a un figlio di falegname di contrapporsi a lauti guadagni, e intaccarne il prestigio?
Le convinzioni utili e i proventi ormai abitudinari erano “diritto acquisito”.
Purtroppo, la storia delle religioni è punteggiata di episodi di plagio e compromesso, anche nei tempi in cui la situazione economica e sociale diventava difficile o complessa (come oggi).
Laddove i ceti meno abbienti declinavano i rischi, più volentieri si appaltava la difficile gestione della libertà personale - lasciando campo aperto ai soci in affari con Dio, manipolatori di coscienza.
Ma qui - a furia di permessi da chiedere con deferenza, procedimenti analoghi (e “cordate” di contrabbando) - mancava infine quella freschezza piena di stupore, tipica dell'anima aperta all’avventura e alla passione d'amore.
Pertanto, secondo Gesù nessun uomo può dare “autorizzazione” a una qualsiasi persona di poter essere riflessiva e disciolta.
C’è un percorso imprevedibile anche per chi è abituato a sentirsi dirigere in ogni vicenda.
Il seme portato dal vento dello Spirito fa la sua pianta, che non necessariamente somiglia a quelle circostanti: non si vincola nella sua espressività particolare, e vola anche fuori confine.
Sebbene le autorità costituite non volessero assolutamente perdere il controllo delle cose e imponessero la solita vita pia standard - coi suoi tornaconti - secondo il Cristo, Dio solo poteva aver gestione di seme, radici e sviluppo.
Attraverso i suoi intimi, il nuovo Regno - slegato - si deve proporre al mondo intero, nello spirito di disinteresse… e come Sorpresa.
Attributi imprevisti e sgombri, che il Figlio svela nella sua vicenda di cura dei malfermi, e di contrapposizione agli astuti; nella sua Persona.
Palesiamo indipendenza e libertà, perché Gesù stesso l’ha dimostrate, sorvolando qualsiasi aspettativa e proposito.
Il Maestro non era un qualunquista con coloro che ordivano trame di mestiere e pretendevano pure il nullaosta.
Egli, senza ricercare concordismi lessicali, sottolineava che l’ortodossia non si doveva confondere con la ripetizione.
Le garanzie del passato ingombrano spesso le menti e intasano le vie che poi sfociano in esperienze di frontiera.
In tal guisa, prima o poi i capi sarebbero rimasti costernati da chi non sopporta le ratifiche, riconoscendo infine la loro ignoranza.
Si sarebbero incagliati definitivamente, da soli - soverchiati dai loro stessi imbrogli e dall’ansia di non perdere il potere sulla gente [sempre più insofferente ai “visti”].
Ciò, persino a motivo della volontà di non esporsi (vv.25-27a).
Perplessità tattica, che rivela incredulità - tiepidezza - mancanza totale di Fede.
Come ha sottolineato Papa Francesco:
Gesù, con intelligenza, risponde con un’altra domanda e mette i capi dei sacerdoti “all’angolo”, chiedendo loro se Giovanni il Battista battezzava con un’autorità che gli veniva dal cielo, cioè da Dio o dagli uomini. Matteo descrive il loro ragionamento, riletto dal Pontefice «Se noi diciamo: “Dal cielo”, ci dirà: “Perché non avete creduto?”; se diciamo: “Dagli uomini”, la gente verrà contro di noi». E se ne lavano le mani e dicono: “Non sappiamo”. Questo, ha commentato il Santo Padre, «è l’atteggiamento dei mediocri, dei bugiardi della fede».
«Non solo Pilato se ne lavò le mani», ha spiegato il Papa, anche questi se ne lavano le mani: «Non sappiamo». Questo significa, ha proseguito Francesco, «non entrare nella storia degli uomini, non coinvolgersi nei problemi, non lottare per fare il bene, non lottare per guarire tanta gente che ha bisogno... “Meglio di no. Non sporchiamoci”».
Per questo, ha chiarito il Pontefice, Gesù risponde «con la stessa musica: “Neppure io vi dico con quale autorità faccio questo”». Infatti «questi sono due atteggiamenti dei cristiani tiepidi», ha ricordato Francesco, «di noi — come diceva mia nonna — “cristiani all’acqua di rosa”; cristiani così: senza consistenza».
[Papa Francesco, s. Marta, in L’Osservatore Romano 16-17/12/2019]
Nel commento al Tao (LXV) il maestro Ho-Shang Kung scrive: «L’uomo che possiede la misteriosa virtù è così profondo da non poter essere sondato, così imperscrutabile da non aver limite».
Il silenzio di coloro che in Cristo stanno tuttora educando i protagonisti dei luoghi sacri è spesso l’eco giusto di Dio, più eloquente di tante brillanti disquisizioni (v.27b).
Così Gesù evita l’ambiguità della restrizione mentale o della semantica evasiva: in Lui la non risposta ai dirigenti si trasforma in domanda.
Il Signore resta silente, ma senza sviare il quesito.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Dimostri autonomia ed emancipazione da coloro che ambiscono controllare la tua personalità, per farti poi diventare solo un operaietto (con licenza) del (loro) tempio?
Secondo te: malgrado le fastose apparenze di rango, le pressappochiste guide spirituali del popolo e i funzionari del Tempio, avevano a che fare con Colui che celebravano?
Talora, forse - anche noi - poco o nulla?
Traduzione della potenza in umiltà
La parola che Gesù rivolge agli uomini apre immediatamente l’accesso al volere del Padre e alla verità di se stessi. Non così, invece, accadeva agli scribi, che dovevano sforzarsi di interpretare le Sacre Scritture con innumerevoli riflessioni (…)
L’autorità divina non è una forza della natura. È il potere dell’amore di Dio che crea l’universo e, incarnandosi nel Figlio Unigenito, scendendo nella nostra umanità, risana il mondo corrotto dal peccato. Scrive Romano Guardini: «L’intera esistenza di Gesù è traduzione della potenza in umiltà… è la sovranità che qui si abbassa alla forma di servo» (Il Potere, Brescia 1999, 141.142).
Spesso per l’uomo l’autorità significa possesso, potere, dominio, successo. Per Dio, invece, l’autorità significa servizio, umiltà, amore; significa entrare nella logica di Gesù che si china a lavare i piedi dei discepoli (cfr Gv 13,5), che cerca il vero bene dell’uomo, che guarisce le ferite, che è capace di un amore così grande da dare la vita, perché è Amore. In una delle sue Lettere, santa Caterina da Siena scrive: «E’ necessario che noi vediamo e conosciamo, in verità, con la luce della fede, che Dio è l’Amore supremo ed eterno, e non può volere altro se non il nostro bene» (Ep. 13 in: Le Lettere, vol. 3, Bologna 1999, 206).
[Papa Benedetto, Angelus 29 gennaio 2012]