Lc 17,7-10 (1-10)
Perdono e Fede: Incontro vivo
Gratis eccentrico, in avanti: Sacramento dell’umanità come tale
(Lc 17,1-6)
La conoscenza di Dio non è un bene di confisca o una scienza acquisita e già pignorata: muove da un’azione e un’altra, incessantemente; si realizza in un Incontro sempre vivo, che non ci blocca né dissolve.
Tipica, l’esperienza dei «piccoli» [mikròi v.2]. Sin dalle prime comunità di fede, essi sono stati coloro cui mancavano sicurezze ed energie; instabili e senz’appoggio.
Da sempre, «Piccoli» sono gli incipienti; i nuovi, che hanno sentito parlare di fraternità cristiana, ma che talora sono costretti a mettersi in fila, da parte, o rinunciare al cammino.
Ma il criterio di accoglienza, tolleranza, comunione anche di beni materiali, è stato il primo e principale catalizzatore della crescita delle assemblee.
Addirittura la scaturigine e il senso di tutte le formule e segni della liturgia.
Il centro esistenziale e ideale cui convergere. Per una Fede proattiva e in se stessa trasformativa.
Nello Spirito del Maestro, anche per noi la conciliazione degli attriti non si configura come semplice opera di magnanimità.
È inizio del mondo futuro. Principio di un’avventura imprevedibile e indicibile. E noi con esso d’improvviso rinati: venuti a un franco contatto nel Cristo. Colui che non ci spegne affatto.
Di qui il Perdono cristiano dei figli, che non è… “guardare positivo”, e “chiudere un occhio”: piuttosto, Novità di Dio che crea un ambiente di Grazia, propulsivo, con possibilità enormi.
Forza che irrompe e lascia incontrare paradossalmente i poli oscuri, invece di scuoterli di dosso. Eliminando in modo genuino paragoni, parole e zavorre inutili, che bloccano l’Esodo trasparente.
Dinamica che guida all’indispensabile e imprescindibile: onde spostare lo sguardo. Insegnando ad accorgersi dei propri isterismi, conoscersi, affrontare l’ansia, il suo motivo; a gestire situazioni e momenti di crisi.
Virtù plasmabile che pone in ascolto intimo dell’essenza personale.
Quindi Empatia solida, larga, che introduce nuove energie; fa incontrare i propri stati profondi, perfino la vita standard… suscitando altri saperi, diverse prospettive, relazioni inattese.
Così senza troppa lotta ci rinnova, e argina la perdita di veracità [tipica, quella in favore delle maniere di circostanza]. Accentua capacità e gli orizzonti della Pace - sgretolando primati, equilibri paludosi.
La scoperta di nuovi versanti dell’essere che siamo, trasmette un senso di migliore completezza, quindi spontaneamente argina influssi esterni, scioglie pregiudizi, non fa agire su base emotiva, impulsiva.
Colloca piuttosto nella posizione che mette in grado di rivelare il senso nascosto e sbalorditivo dell’essere. Dispiegando l’orizzonte cruciale.
Attivare «Perdono» è gratuitamente una restituzione in sovraggiunta del proprio ventaglio caratteriale, di tutta la dignità perduta, e ben oltre.
Deponendo le sentenze, l’arte della tolleranza dilata lo sguardo [anche intimo]. Migliora e potenzia i lati spenti; quelli che noi stessi avevamo detestato.
In tal guisa eccentrica trasforma i considerati lontani o mediocri [mikroi] in battistrada, e geniali inventori. Perché ciò che ieri era impensato, domani sarà di chiarificazione e traino.
Le confusioni acquisteranno un senso - proprio grazie al pensiero delle menti in crisi, e per l’azione dei disprezzati, intrusi, fuori d’ogni giro e prevedibilità.
Vita di pura Fede nello Spirito: ossia, la fantasia dei “fiacchi”… al potere.
Perché è il meccanismo paradossale che fa valutare i crocevia della storia, attiva le passioni, crea condivisione, risolve i veri problemi.
E dunque soppianta in avanti i momenti difficili (riportandoci al vero percorso) orientando la realtà al bene concreto.
Facendola volare verso se stessa.
L’alternativa “vittoria-o-sconfitta” è falsa: bisogna uscirne. È in tale ‘vuoto’ e Silenzio che Dio si fa strada.
Mistero della Presenza, che trabocca. Nuova Alleanza.
Accrescere la Fede: vita noiosa, intimidita, o la porta della Speranza
(Lc 17,5-10)
Forse anche a noi è stato inculcato che la fede bisogna chiederla, così Dio ce l’aumenta. Invece abbiamo voce in capitolo, ma non nel senso d’una avance da rivolgere al Cielo.
La Fede è dono, però nel senso di proposta e iniziativa relazionale, faccia a faccia; che chiede percezione accogliente. Quindi non cresce per caduta d’un pacchetto - come a precipizio, o per infusione dall’alto. Addirittura forzandola, e convincendo il Padre.
Non è neppure un semplice assenso legato al carattere bonario. Non è un bagaglio di nozioni che qualcuno ha e dimostra in modo giusto; altri meno, o affatto.
Nell’innamoramento si può essere più o meno coinvolti!
Fede non è credere che Dio esista, ma l’aderire a un suggerimento sorgivo che (senza imposizioni) ci guida a trascurare la reputazione.
La persona di Fede non bada a spese o rischi, anche per la vita altrui. Tiene in sospeso le costumanze particolari; non anteporre gli affetti di cerchia. Perdona senza limiti.
Spesso siamo d’accordo solo in parte e accettiamo qualcosina - magari fino a che l’amore non vada sino in fondo, o ci rimetta in discussione.
Così la testa, i vezzi, la concatenazione dei valori, e il piccolo mondo cui siamo legati.
Accrescere la Fede? Il Dono non è un regalo, ma un Appello.
Perciò Gesù neppure risponde a una richiesta tanto ridicola - ciononostante fa riflettere sui risultati dell’eventuale adesione.
Basterebbe un minimo coinvolgimento e nel mondo si produrrebbero risultati straordinari (v.6); in comunità, nelle famiglie e nella vita personale.
Realizzeremmo l’impossibile e importante. Si risolverebbero i veri problemi. Si trasformerebbero anche le azioni più semplici.
Ci sono poi grandi eventi piantati nel cuore di ogni uomo, che forse consideriamo irrealizzabili: ad es. la fratellanza universale, la vittoria sulla fame, una vita dignitosa e bella per tutti, un mondo e una Chiesa senza personaggi volatili, corrotti e vanitosi.
Siccome le consideriamo situazioni impossibili, neppure iniziamo a edificarle - subito ci lasciamo cadere le braccia.
Ma la maturazione è frutto contromano di lati segreti, non di armature mentali impermeabili.
Come diceva un premio Nobel: «Gli innocenti non sapevano che il loro progetto era impossibile, per questo lo realizzarono».
E non è che dopo una vita impiegata nel servizio - agli ordini del Principale - nell’aldilà finalmente comanderemo, sulla base del rango conquistato [sebbene anche questo forse ci sia stato trasmesso].
Uno dei prodigi che compie in noi la Fede in Cristo - qui e ora - è farci prendere coscienza della bellezza e della gioia di avere libertà di scendere dai piedistalli già identificati, per favorire la vita piena (di tutti).
E a “fine mese” - alla “resa dei conti” o alla “paga” - non diventeremo finalmente dei boss - almeno in cielo!
Perché Dio è Comunione, convivialità delle differenze; e non accetta lo schema servo-padrone, addirittura come premio.
Parole assai provocatorie, quelle di Gesù, che neppure condannano a priori né demonizzano la Via contraria alla sua.
Ma ci mette sull’avviso su come funzionano le cose in ambiente piramidale (vv.7-9).
«Quando avete fatto tutto quello che vi è stato “ordinato”...» (v.10).
Il Signore allude all’obbedienza della Torah, e vorrebbe renderci liberi dal giogo ossessivo, limitante, meschino e ansiogeno della Legge religiosa antica.
Essa produce gerarchie artificiose e finte, collasso sociale, impoverimento delle anime.
È come se il Signore dicesse:
«Provate pure a ricalcare il modello prevedibile, pio, correttissimo, ingessato e privo di scossoni...
Tentate e vedrete sulla vostra pelle che inconcludenza, che lacerazioni e disastri produce.
Fatene pure l’esperienza, così vi renderete conto, e in modo definitivo!».
In una prospettiva di Fede e di crescita umana in Cristo bisogna abbandonare il modello standard limitante «suddito-Sovrano» imposto da Mosè.
Che noia! Persona e Amicizia non si mettono in banca!
E dopo le prime scoperte, non si torna indietro a coltivare vincoli - altrimenti i comportamenti obbligati ci procureranno guai grossi.
Toglieranno ricchezza espressiva all’Annuncio e alla vita.
Forse già sappiamo cosa significa sentirci dei numeri, copiare l’emancipazione (istrionica) altrui e di conseguenza cercare compensazioni esterne; o riempirci di secondi fini, quindi truccare e guastare.
«Prova pure ad accontentarti della religiosità ufficiale, conformista e normalizzata, invece d’impegnarti nella ricerca e scoperta senza risarcimenti; nell’Esodo e nell’avventura di adesione a un Amore di livello! Vedrai che impedimento alle svolte, che degrado di relazioni, che vita ripiegata e colma di risentimenti attorno, insulsa e vuota!».
La Fede accoglienza-somiglianza ci porterà invece a crescere da inutili schiavi a Figli; collaboratori e alleati del Padre.
Da gretti sottomessi e obbedienti pedissequi, a famigliari, amici e consanguinei-assomiglianti.
Altrimenti rimarremo nella condizione puerile di bambinoni e garzoni «di nessun conto» (v.10) che non si esprimono né reinterpretano, ma restano sottoposti e fanno solo “quello che devono”.
La religione dei meriti e dei ruoli è deleteria; produce malessere. Gestisce l’impero immobiliare ma va avanti per inerzia e con atteggiamento difensivo.
Non reinventa il presente, né apre il futuro.
Essa non ascolta i bisogni, piuttosto ci spinge a improntare rapporti sulla base dell’egoismo, anche spirituale.
Qui non si guarda più ciò che si affaccia spontaneamente - costringendo le nostre facoltà a valutazioni tutte predicibili, conformiste.
La vita dunque impoverisce, desertificando se stessa, perché intimidita.
Diventando un’assurda farsa che Gesù non vuole: un’accozzaglia di atteggiamenti paludosi, incapaci di riattivarci - disattenti alle azioni speciali che trasformano la routine in avventura.
Parafrasando l’enciclica Fratelli Tutti, in quelle condizioni suonerebbe «come un delirio» anche elaborare «grandi obiettivi per lo sviluppo di tutta l’umanità» (n.16).
Mancherebbe il senso del Mistero, mai percependolo nei solchi della storia: ci trascineremmo nei rimedi, tutelando solo il tran tran.
Al rapporto di Amicizia e Gratuità subentrerebbe un modello indotto (e in Italia lo conosciamo bene, purtroppo).
Modello che poi non consente d’incontrare se stessi e gli altri; anzi, deformerebbe persino la relazione con Dio.
Impiegati a stipendio - meno umani e meno unici - significa meno “divini”: tutto già noto, guidato e previsto come nelle trame di marionette su palcoscenico purchessia.
Nessun cambiamento inatteso; nessuna trasformazione inspiegabile.
Nessun recupero eccezionale, nessun prodigio umano e culturale stupefacente (v.6).
Alcuna imprevedibilità che scorge il ‘sacro’ nelle mille situazioni che la Provvidenza inventa, stimolando risposte nuove.
Il mistico Ibn Ata Allah - Maestro delle due Scienze [sapienza dell’analisi ed esperienza dell’ebbrezza mistica] - sosteneva:
«Se vuoi che ti si apra la porta del timore, guarda ciò che da te va a Lui. Se vuoi che ti si apra la porta della Speranza, guarda a ciò che da Lui viene a te».
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Cosa vorresti fare per Dio? Come vivi la Speranza?