Set 12, 2025 Scritto da 

Un nuovo Dio, senza pianificare: forse un illuso?

Nella differenza tra religiosità comune e Fede personale

(Lc 8,4-15)

 

Il terreno sassoso e il clima rovente della Palestina non rendevano facile la vita degli agricoltori. La scarsità di piogge e l’intrusione nei campi di chi voleva abbreviare il cammino distruggeva le piante. Un’azione faticosa e pochi risultati tangibili.

Malgrado le enormi difficoltà, ogni anno il contadino gettava il seme a spaglio, generosamente - e arava, animato dalla fiducia nella forza vitale interna del seme e nella munificenza della natura.

L’aratura era successiva alla seminagione, per evitare che le zolle di terreno rivoltato seccassero immediatamente sotto la potente calura e non consentissero al seme di attecchire grazie a un minimo di umidità. Quindi il seminatore non selezionava anzitempo i diversi tipi di terreno.

La parabola (vv.5-8) che precede l’allegoria (vv.11-15) pone a confronto la realtà vissuta e il mondo dello Spirito. Il seme già opera: il nuovo ‘Regno che Viene’ non è glorioso, ma qua e là attecchisce e produce - anche dove non t’aspetti.

A norma di mentalità perbene sembra una follia, ma il divino “agricoltore” non sceglie il tipo di “terreno”, né lo discrimina sulla base della percentuale produttiva - che pur sembrerebbe facile prevedere.

Il Seminatore accetta persino che il suo ‘chicco’ caduto sul terreno «buono» (v.8) porti frutto nel tempo «con perseveranza» (v.15). A differenza di Mc e Mt, Lc parla unicamente del «frutto al centuplo» (v.8).

Gesù vuol dire che l’opera di evangelizzazione non è misurabile con pignoleria. La sua Parola permane come Inizio gettato nel cuore umano da Colui che non è spilorcio, né esclusivo - bensì magnanimo.

La sua Chiesa è un piccolo mondo alternativo sia all’Impero che alle religioni immediatamente selettive: il Signore non ha intenzione di ritagliarsi discepoli subito migliori di altri e isolati dalla realtà della famiglia umana. Un nuovo stile di vita.

Dio non forza la crescita del ‘granello’ in ciascuno di noi, ma attende con pazienza. Accetta anche che nasca male o che non spunti affatto.

Visto che sparge in modo strabocchevole su tutti i generi di cuori [anche sull’asfalto] sa che verrà tacciato di essere poco accorto: non si preoccupa dei frutti esteriori immediati (!) della sua “semente” - non si cura che il lavoro risulti “efficace in partenza” (!).

Ma gl’interessa farci capire che è un Padre, non il Dio calcolatore delle credenze antiche: avaro, esteriore, taccagno, scostante, prevenuto.

 

La metafora che segue la parabola iniziale vuole sottolineare che l’eventuale scarsità di risultato non è da attribuire alla mancanza di vitalità del Seme, né all’Opera divina, bensì alla libertà dell’uomo; alla sua condizione di limite o incoerenza.

 

Dio è munifico, in modo particolare nell’età della rinascita dalla crisi: anch’esso tempo di generosa seminagione da parte del Padre, “agricoltore” delle sue pianticelle - più avventurose e meno perbene che tradizionaliste.

Ovviamente la Parola del Maestro e Signore mette in guardia da tutto ciò che potrebbe impedire una nuova genesi - anzitutto per il fatto che spesso attendiamo di tornare meccanicamente ai ruoli antichi e al vecchio sistema di cose, assuefatto, esteriore, dirigista.

Siamo forse ancora troppo legati a brame e livelli economici precedenti ormai travolti dalle cose... non accettando l’affacciarsi degli opposti che mai avevamo sperimentato né programmato.

Pensiamo ancora di poter tornare al “tutto uguale a prima”; alla superficialità della società del look non radicato nel convincimento, subito entusiasta e che non fa spostare lo sguardo.

Invece la marea difforme viene affinché impariamo a fissare l’occhio dentro, altrove e oltre - per mettere a fuoco la nostra e altrui figura unica, nella convivialità delle differenze.

È probabile che il sapere o stile di vita che vorremmo ribadire sia ancora legato a vecchi modelli graditi ma ora inadeguati a dare risposte nuove a domande nuove. E forse tutto ciò ha portato troppo a imitare lo squalificato avere-apparire, invece che l’essere prezioso al centro della nostra Chiamata per Nome.

Non è escluso che ci siamo lasciati avvezzare a nomenclature decisionali o alla precipitazione per ansia di prestazioni, le quali non badano al terreno bello del carattere, del dono vocazionale [esso porterebbe a un migliore contatto con le energie disattese della nostra inclinazione vera - annidata fra le inconsistenze].

Eccoci anzi, tutti presi dalle preoccupazioni del ripristino “come sempre” o “come dovremmo essere”... Ciò malgrado i traumi attuali siano espliciti segnali ad allargare le consapevolezze finora soffocate (come da rovi). Appelli eloquenti - questi contemporanei - a lanciare ogni lato verso l’Esodo, per la conquista di rinnovate libertà e territori dell’anima, nell’essenza.

Tutto l’influsso di una spiritualità vuota e formale che ci trasciniamo, inibisce ancora una buona percezione dell’oggi, e snerva, toglie forza intima. Non consente di seguire il proprio impulso in armonia col mondo interno - o le stesse tendenze in ascolto del Richiamo incessante dei Vangeli, che ancora viene disseminato da profeti non omologati, per annunciare la verità e la creazione d’un mondo nuovo.

Ebbene, qualcosa - o l’intera vita - potrebbero risultare frastornate; più che mai non andare dalla parte giusta e sgombra: non renderci speciali come il Seminatore desidererebbe - proprio per i cliché o vuoti emotivi che rubano il Seme, ovvero soffocano la pianta, oppure a motivo della solita presunzione, che vuol tornare a svettare subito e così impedisce di farci mettere radici profonde.

Bisognerà allora deporre i turbinii cerebrali e i parapiglia volitivi unilaterali; lasciare spazio e cedere alla nuova corrente di qualità che ci sta portando. E abbandonarsi alle proposte della marea di chicchi che vengono per guidarci oltre le vecchie contese: all’energia naturale, originale, della Provvidenza, che ne sa più di noi.

Al Vento dello Spirito che dispiega oltre i ‘granellini’ - dove non ti aspetti - neppure importa la immediatezza produttiva - ma la nostra sintonia «buona» (v.8) - che aiuta a rimetterci all’altezza della realtà di lungimiranti mescolanze. Esse riordineranno altrimenti ogni cosa: al di là dei sistemi mentali abitudinari - e ogni risultato sarà più avveduto, in favore delle periferie.

Senza troppa disposizione e calcolo nella scelta del terreno - un tempo pretenziosamente rimosso e sanificato a monte - ci renderemo conto che il Seminatore avrà infine sgretolato tanti piedistalli mondani, non per umiliare qualcuno, ma per donare sorprese di fecondità sbalorditiva, anche per la crescita di ogni credo [tutte le denominazioni].

La sua è ovunque e sempre un’Azione generosa e creatrice unica, messa in campo per rigenerare e dare potenza alle convinzioni - non per farci rifare le solite azioni o liturgie da manuale [o più glamour]. Poi riprendere a giocare con la performance o ristrettezze incatenate di schemi approvati.

Se vogliamo sincronizzare lo stesso movimento del Seminatore, bisogna con Lui e come Lui muoversi verso l’indigenza dei vari terreni [situazioni esistenziali].

Ristrettezza speciale - ancor più acuta, nel tempo dell’emergenza globale - che obbliga a “spostarsi”, divenire itineranti, disseminare ovunque... e non solo raccogliere il cento per uno (vv.8.15) nel solito centro protetto.

 

 

Parabole, e il mistero della cecità: Narrazione e trasmutazione

 

Smarrirsi, per la trasformazione

(Lc 8,9-10.18; cf. Mt 13,10-17; Mc 4,10-12.25)

 

San Paolo esprime il senso del “mistero della cecità” che gli fa contrasto nel cammino con la celebre espressone «spina nel fianco»: dovunque andasse, erano già pronti i nemici; e disaccordi inattesi.

Così anche per noi: eventi funesti, catastrofi, emergenze, disgregazione delle antiche certezze rassicuranti - tutte esterne e paludose; sino a poco prima valutate con senso di permanenza.

Forse nell’arco della nostra esistenza, già ci siamo resi conto che le incomprensioni sono state i modi migliori per riattivarci, e introdurre le  energie della Vita rinnovata.

Si tratta di quelle risorse o situazioni che forse mai avremmo immaginato alleate della nostra e altrui realizzazione.

Dice Erich Fromm:

«Vivere significa nascere in ogni istante. La morte si produce quando si cessa di nascere. La nascita non è quindi un atto; è un processo ininterrotto. Lo scopo della vita è di nascere pienamente, ma la tragedia è che la maggior parte di noi muore prima di essere veramente nato».

Infatti, nel clima dei disordini o delle divergenze assurde [che ci obbligano a rigenerare] si affacciano talora le più trascurate virtù intime.

Energie nuove - che cercano spazio - e potenze esterne. Entrambi plasmabili; inconsuete, inimmaginabili, eterodosse.

Ma che trovano le soluzioni, la vera via d’uscita ai nostri problemi; la strada per un futuro che non sia un semplice riassetto della situazione precedente, o di come abbiamo immaginato “si sarebbe dovuti essere e fare”.

Concluso un ciclo, iniziamo una nuova fase; forse con maggiore rettitudine e franchezza - più luminosa e naturale, umanizzante, vicina al ‘divino’.

 

Il contatto autentico e coinvolgente con i nostri stati dell’essere profondi viene generato in modo acuto proprio dai distacchi.

Essi ci portano al dialogo dinamico con le riserve eterne di forze trasmutatrici che ci abitano, e più ci appartengono.

Esperienza primordiale che arriva dritta al cuore.

Dentro di noi tale via “pesca” l’opzione creativa, fluttuante, inedita.

In tal guisa il Signore trasmette e apre la sua proposta servendosi di ‘immagini’.

Freccia di Mistero che va oltre i frammenti della coscienza, della cultura, delle procedure, di ciò che è comune.

Per una conoscenza di se stessi e del mondo che travalica quella della storia e della cronaca; per la consapevolezza attiva di altri contenuti.

Sino a che il travaglio e il caos stesso guidano l’anima e la obbligano a un Altro inizio, a un differente sguardo (tutto spostato), a un’inedita comprensione di noi stessi e del mondo.

Ebbene, la trasformazione dell’universo non può esser frutto di un insegnamento cerebrale o dirigista; piuttosto, di una esplorazione narrativa - che non allontana la gente da se stessa.

E Gesù lo sa.

 

 

Nuova interpretazione dei diversi Terreni

 

Evoluzione dell’Alleanza, nel tempo della crisi: solite pecche, diverse armonizzazioni

(Mt 13,18-23)

 

Dio è munifico, in modo particolare nell’età della rinascita dalla crisi: anch’esso tempo di generosa seminagione da parte del Padre.

Egli permane Agricoltore delle sue pianticelle - più avventurose e meno perbene che tradizionaliste, o alla moda.

Ovviamente la Parola del Maestro e Signore mette in guardia da tutto ciò che potrebbe impedire una nuova Genesi - anzitutto per il fatto che spesso attendiamo di tornare meccanicamente ai ruoli antichi e al vecchio sistema di cose; al modello assuefatto, esteriore, dirigista.

Siamo forse ancora troppo legati a brame e precedenti livelli economici (v.22) ormai travolti dalle cose... non accettando l’affacciarsi degli opposti che mai avevamo sperimentato né programmato (v.19).

Pensiamo ancora di poter tornare al “tutto come prima”; alla superficialità della società del look non radicato nel convincimento; dell’esteriorità subito entusiasta (vv.20-21) e che non fa spostare lo sguardo.

Invece la marea difforme Viene affinché impariamo a fissare l’occhio dentro, altrove, e oltre - per mettere a fuoco la nostra e altrui ‘figura unica’ nella convivialità delle differenze.

È probabile che il sapere o stile di vita che vorremmo ribadire sia ancora legato a standards, graditi, vecchi, o à la page - ora inadeguati a dare risposte nuove a domande nuove.

E forse tutto ciò ci ha portato troppo a ricalcare e imitare lo squalificato “avere-apparire”, invece che l’essere, e quel carattere prezioso al centro della nostra Chiamata per Nome.

Non è escluso che ci siamo lasciati avvezzare a nomenclature decisionali o alla precipitazione per ansia di prestazioni.

Esse non badano al «terreno bello» dell’unicità, del dono vocazionale inedito [porterebbe a un migliore contatto con le energie disattese della nostra inclinazione genuina - annidata fra le inconsistenze].

Eccoci anzi, tutti presi dalle preoccupazioni del ripristino “come prima” o “come dovremmo essere”...

Ciò, malgrado i traumi attuali siano espliciti segnali ad allargare le consapevolezze finora soffocate (come da «rovi»: v.22).

Appelli eloquenti - anche contemporanei - a lanciare ogni lato verso l’Esodo, per la conquista di rinnovate libertà; territori dell’anima, pur reconditi, nel nucleo dell’essenza.

 

Tutto l’influsso di una spiritualità vuota e formale che ci trasciniamo, inibisce ancora una buona percezione dell’oggi, e snerva, toglie forza intima.

Non consente di seguire il proprio impulso in armonia col mondo interno - o le stesse tendenze in ascolto del Richiamo incessante dei Vangeli [che ancora viene disseminato da profeti non omologati, per annunciare la verità e la creazione d’un mondo alternativo].

Ebbene, qualcosa o l’intera vita potrebbero risultare frastornate; più che mai non andare dalla parte giusta e sgombra: non renderci speciali come il Seminatore desidererebbe - proprio per gli stereotipi o i vuoti emotivi che rubano il Seme, ovvero soffocano la pianta, oppure a motivo della solita presunzione che vuol tornare a svettare subito e così impedisce di farci mettere «radici» profonde.

Bisognerà allora deporre i turbinii cerebrali e i parapiglia volitivi unilaterali; lasciare spazio e cedere alla nuova corrente di qualità che ci sta portando.

E abbandonarsi alle proposte della marea di ‘chicchi che vengono’ per guidarci oltre le vecchie contese: all’energia naturale, originale, della Provvidenza, che ne sa più di noi.

Al Vento dello Spirito che dispiega oltre, i granellini - dove non ti aspetti - non importa la percentuale produttiva (v.23b) ma la nostra sintonia «bella» (v.23a testo greco) che aiuta a rimetterci all’altezza della realtà di lungimiranti mescolanze.

Esse riordineranno altrimenti ogni cosa: al di là dei sistemi mentali abitudinari - e ogni risultato sarà più avveduto, in favore delle Periferie.

Senza troppa disposizione e calcolo nella scelta del terreno [un tempo pretenziosamente rimosso e sanificato a monte] ci renderemo conto che il Seminatore avrà infine sgretolato tanti piedistalli mondani; non per umiliare qualcuno, ma per donare sorprese di fecondità sbalorditiva, anche per la crescita di ogni credo (tutte le denominazioni).

La sua è ovunque e sempre un’Azione generosa e creatrice d’eccezione, messa in campo per rigenerare e dare potenza alle convinzioni.

Non per farci rifare le solite azioni o cliché da manuale [e riprendere a giocare con la performance, o con ristrettezze incatenate di schemi largamente approvati].

Se vogliamo sincronizzare lo stesso movimento del Seminatore, bisogna con Lui e come Lui muoversi verso l’indigenza dei vari terreni (situazioni esistenziali).

Ristrettezza speciale - ancor più acuta, nel tempo dell’emergenza globale - che obbliga a ‘spostarsi’, divenire itineranti, disseminare ovunque.

E non solo raccogliere il «cento» (v.23) nel solito ‘centro’ protetto.

43
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Those living beside us, who may be scorned and sidelined because they are foreigners, can instead teach us how to walk on the path that the Lord wishes (Pope Francis)
Chi vive accanto a noi, forse disprezzato ed emarginato perché straniero, può insegnarci invece come camminare sulla via che il Signore vuole (Papa Francesco)
Many saints experienced the night of faith and God’s silence — when we knock and God does not respond — and these saints were persevering (Pope Francis)
Tanti santi e sante hanno sperimentato la notte della fede e il silenzio di Dio – quando noi bussiamo e Dio non risponde – e questi santi sono stati perseveranti (Papa Francesco)
In some passages of Scripture it seems to be first and foremost Jesus’ prayer, his intimacy with the Father, that governs everything (Pope Francis)
In qualche pagina della Scrittura sembra essere anzitutto la preghiera di Gesù, la sua intimità con il Padre, a governare tutto (Papa Francesco)
It is necessary to know how to be silent, to create spaces of solitude or, better still, of meeting reserved for intimacy with the Lord. It is necessary to know how to contemplate. Today's man feels a great need not to limit himself to pure material concerns, and instead to supplement his technical culture with superior and detoxifying inputs from the world of the spirit [John Paul II]
Occorre saper fare silenzio, creare spazi di solitudine o, meglio, di incontro riservato ad un’intimità col Signore. Occorre saper contemplare. L’uomo d’oggi sente molto il bisogno di non limitarsi alle pure preoccupazioni materiali, e di integrare invece la propria cultura tecnica con superiori e disintossicanti apporti provenienti dal mondo dello spirito [Giovanni Paolo II]
This can only take place on the basis of an intimate encounter with God, an encounter which has become a communion of will, even affecting my feelings (Pope Benedict)
Questo può realizzarsi solo a partire dall'intimo incontro con Dio, un incontro che è diventato comunione di volontà arrivando fino a toccare il sentimento (Papa Benedetto)
We come to bless him because of what he revealed, eight centuries ago, to a "Little", to the Poor Man of Assisi; - things in heaven and on earth, that philosophers "had not even dreamed"; - things hidden to those who are "wise" only humanly, and only humanly "intelligent"; - these "things" the Father, the Lord of heaven and earth, revealed to Francis and through Francis (Pope John Paul II)
Veniamo per benedirlo a motivo di ciò che egli ha rivelato, otto secoli fa, a un “Piccolo”, al Poverello d’Assisi; – le cose in cielo e sulla terra, che i filosofi “non avevano nemmeno sognato”; – le cose nascoste a coloro che sono “sapienti” soltanto umanamente, e soltanto umanamente “intelligenti”; – queste “cose” il Padre, il Signore del cielo e della terra, ha rivelato a Francesco e mediante Francesco (Papa Giovanni Paolo II)
We are faced with the «drama of the resistance to become saved persons» (Pope Francis)
Siamo davanti al «dramma della resistenza a essere salvati» (Papa Francesco)
That 'always seeing the face of the Father' is the highest manifestation of the worship of God. It can be said to constitute that 'heavenly liturgy', performed on behalf of the whole universe [John Paul II]
Quel “vedere sempre la faccia del Padre” è la manifestazione più alta dell’adorazione di Dio. Si può dire che essa costituisce quella “liturgia celeste”, compiuta a nome di tutto l’universo [Giovanni Paolo II]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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