Feb 7, 2025 Scritto da 

La soluzione diversissima. Eucaristia e Incorporazione

Il semplice Mistero, Nuova Mistica. Vocazione da offrire al mondo

(Mc 8,1-10)

 

«Ho compassione per la folla, poiché [sono] già tre giorni che rimangono presso di me e non hanno qualcosa da mangiare, e se li licenzio digiuni alla loro casa, verranno meno nella via; e alcuni di loro sono venuti da lontano» (Mc 8,2-3)

 

«L’uomo è l’essere-limite che non ha limite» (Fratelli Tutti n.150).

Nel cuore abbiamo un gran desiderio di appagamento e Felicità. Il Padre lo ha introdotto, Lui stesso lo soddisfa - ma ci vuole associati alla sua opera - dentro e fuori di noi.

Il Figlio riflette il disegno di Dio nella compassione per le folle bisognose di tutto e - malgrado la pletora di maestri ed esperti - prive di qualsiasi insegnamento autentico (cf. Mc 6,34).

La sua soluzione è diversissima da quella di tutte le guide “spirituali”, perché non ci sorvola con un paternalismo indiretto (cf. Mc 6,37) che asciughi le lacrime, rimargini le ferite, cancelli le umiliazioni, dall’esterno.

Invita a utilizzare in prima persona ciò che siamo e abbiamo, sebbene possa apparire cosa ridicola. Ma insegna in modo assolutamente netto che spostando le energie si realizzano risultati prodigiosi.

Così rispondiamo in Cristo ai grandi problemi del mondo: recuperando la condizione dell’uomo ‘viator’ - essere di passaggio, sua impronta essenziale - e condividendo i beni; non lasciando che ciascuno si arrangi (cf. Mc 6,36).

La nostra reale nudità, le peripezie e l’esperienza dei molti fratelli, diversi, sono risorse da non valutare con diffidenza, «come concorrenti o nemici pericolosi» della nostra realizzazione [FT n.151].

Non solo quel poco che rechiamo basterà a saziarci: avanzerà per altri e con identica pienezza di verità, umana, epocale [cf. Mc 6,42-43: il passo particolare insiste sulla simbologia semitica del numero “dodici”; qui in Mc 8 e Mt 15,34-37 subentra quella del numero “sette”].

 

In Cristo, ciascuno può inaugurare un Tempo nuovo, e la Salvezza è già a portata di mano, perché la gente si riunisce spontaneamente intorno a Lui, giungendo così com’è, col carico dei tanti bisogni differenti.

Il nuovo popolo di Dio non è una folla di gente scelta e pura.

Ognuno reca con sé problemi, che il Signore guarisce - ma curando non con provvedimenti per procura (cf. Mc 6,37), come dal di sopra o dal di fuori.

Insomma: un altro mondo è possibile, però attraverso lo spezzare il proprio anche misero pane e companatico (cf. Mc 6,38).

Soluzione autentica, se la si fa emergere da dentro, e stando in mezzo - non davanti, non a capo, non in alto (cf. Mc 6,36).

 

La nota simbologia dei «cinque pani» e «due pesci» (v.9) - in prospettiva cristologica, significa:

Assumere la propria tradizione anche legalista che ha fatto da saggio nutrimento base (5 libri della Torah), quindi la propria storia e afflato sapienziale (Scritti: Kethubhiim) nonché profetico (Nevi’im: Profeti).

[Come diceva s. Agostino: «La Parola di Dio che ogni giorno viene a voi spiegata e in un certo senso “spezzata” è anch’essa Pane quotidiano» (Sermo 58, IV: PL 38,395). Alimento completo: cibo base e “companatico” - storico e ideale, in codice e in atto].

 

Il luogo della Rivelazione di Dio doveva essere quello dei fulmini, su un “monte” fumante come di fornace (Es 19,18). Ma infine persino lo zelo violento di Elia aveva dovuto ricredersi (1Re 19,12).

Anche ai pagani, il Figlio rivela un Padre il quale non semplicemente cancella le infermità: le fa capire come luogo che sta preparando uno sviluppo personale, e quello della Comunità.

S’immaginava infatti che nei tempi del Messia, zoppi, sordi e ciechi sarebbero scomparsi (Is 35,5ss.). Età dell’oro: tutto al vertice, nessun abisso.

In Gesù - Pane distribuito - si manifesta una pienezza dei tempi inconsueta; apparentemente nebulosa e fragile, ma reale e in grado di riavviare tutti, e le relazioni.

Lo Spirito di Dio agisce non calandosi come un fulmine dall’alto, bensì attivando in noi capacità che appaiono impalpabili, eppure in grado di raggranellare il nostro essere disperso [classificato inconsistente - che coinvolge il sommario di tutti i giorni - e lo rivaluta].

 

L’Incarnazione ci ritessere il cuore, in dignità e promozione; si dispiega realmente, perché non solo trascina via gli ostacoli: poggia su di essi e non li cancella affatto.

Così li surclassa, ma trasmutando - ponendo nuova vita.

Linfa che trae succo e germoglia Fiori dall’unico terreno melmoso e fecondo, e li comunica.

Solidarietà cui sono invitati tutti, non solo quelli ritenuti in condizione di ‘perfezione’ e compattezza.

Le nostre carenze ci rendono attenti, e unici. Non vanno disprezzate, bensì assunte, poste nelle mani del Figlio e dinamizzate (v.6).

Le stesse cadute possono essere un segnale prezioso: in Cristo, non sono più umiliazioni riduttive, bensì indicatori di percorso (Mc 6,33).

Forse non stiamo utilizzando e investendo al meglio le nostre risorse.

Così i crolli possono trasformarsi rapidamente in risalite - differenti, non confezionate. E ricerca di completamento totale nella Comunione.

In tal guisa, nell’ideale di realizzare la Vocazione, nonché intuire il tipo di contributo da porgere, nulla di meglio d’un ambiente vivo, che non tarpi le ali: fraternità vivace nello scambio delle qualità, e convivenza.

Non tanto per attutirci gli scossoni, ma perché siamo messi in grado di edificare magazzini sapienziali non tarati da nomenclature - cui tutti possono attingere, persino i diversi e lontani da noi.

Se poi anche qui verrà a trovarci una manchevolezza, sarà per insegnare a essere presenti al mondo secondo magari altre e ulteriori direzioni, o per far emergere la missione e una maturazione creativa - non per rimanere fissati su parzialità e minuzie.

 

Così, insieme, i “momenti no” divengono subito una molla per non stagnare nelle medesime situazioni di sempre; rigenerando, procedendo molto altrove.

Ed i fallimenti che mettono in bilico servono a farci accorgere di ciò che non avevamo notato, quindi a deviare da un destino conformista.

Essi costringono a cercare suggerimenti, differenti orizzonti e relazioni, un completamento che non avevamo immaginato.

Insomma, il nostro Cielo è intrecciato alla carne, alla terra e alla nostra polvere: un Sovrannaturale che sta dentro e in basso, anche nell’anima dei crollati a terra; non dietro le nuvole.

È il contatto diretto con il nostro humus colmo di succhi regali che ci rigenera e addirittura crea: come donne e uomini nuovi, appena ri-partoriti nella condivisione.

L’immagine del Regno nella gracile Eucaristia non elimina il difetto e la morte.

Li assume e trasfigura in punti di forza; creando incontro, dialogo, predilezione per le realtà minime - e Nuova Alleanza, francamente propulsiva.

Purtroppo, il target esagerato dei films sul Gesù che “moltiplica” l’abbondanza... porta completamente fuori strada.

Genera i devoti dell’accrescimento, i quali disdegnano la divisione (triplicatori di denari, proprietà, titoli, traguardi, rapporti che contano, e così via).

Viceversa, in Cristo che distribuisce ogni cosa diventiamo come un corpus attualizzato e propulsivo di testimoni [e Scritture viventi] sensibile.

Infanti nel Signore, nuotiamo in questa differente Acqua - a volte forse esteriormente velata, o melmosa e torbida. Infine fatta trasparente anche solo perché arrendevole, colma di compassione e benevola.

La vecchia pozzanghera esclusiva della religione che non osa il rischio dell’esodo e della Fede (v.2) non ci avrebbe aiutato ad assimilare la proposta del Messia inferiore, che risolve i problemi del mondo senza fulmini immediati, né scorciatoie.

Egli è in noi che ne abbiamo abbracciato la proposta di vita: Iniziativa-Risposta del Padre, sostegno nel poco etereo Viaggio alla ricerca della Speranza dei poveri - di tutti noi indigenti in attesa.

 

L’allusione ai sette pani (moltiplicati perché divisi) conforta le citazioni relative al magma plasmabile delle icone bibliche, come quelle di Mosè ed Elia: figure dei cinque Libri del Pentateuco [i primi Alimenti], più le due sezioni di Profeti e Scritti.

Tutti insieme «sette pani»: Pienezza di cibo e saggezza per l’anima, chiamata a procedere oltre le siepi circonvicine, rompendo gli argini della mentalità asservita; ormai solo di contorno.

È il nutrimento-base dello spirito umano-divino, cui però si aggiunge un giovane e fresco alimento companatico, che appunto ci coinvolge (v.7): «E avevano pochi pesciolini e detta la benedizione su di essi disse di porgere anche questi».

[Come diceva appunto s. Agostino: «La Parola di Dio che ogni giorno viene a voi spiegata e in un certo senso “spezzata” è anch’essa Pane quotidiano» (Sermo 58, IV: PL 38,395)].

Alimento completo: cibo base e “companatico” - storico e ideale, in codice e in atto.

Diventiamo nel Cristo come un corpus attualizzato e propulsivo di testimoni (e Scritture!) sensibile; certo ridotto, non ancora affermato e privo di eroici fenomeni, ma accentuatamente sapienziale e pratico.

Annunciatori, condivisori senza clamorosi proclami di autosufficienza.

Mai rinchiusi entro steccati arcaici - sempre in fieri - perciò in grado di percepire binari sconosciuti.

E «spezzare il Pane»... ossia attivarsi, procedere oltre, dividere il poco - per alimentare, straripare - moltiplicando l’ascolto e l’azione di Dio; e far riconquistare stima anche ai disperati.

Siamo figli: come pochi e piccoli pesci (v.7), ma che non sguazzano in competizioni che rendono tossica la vita - anzi: chiamati in prima persona a scrivere una singolare, empatica e sacra, Parola-evento.

Infanti nel Signore, nuotiamo in questa differente Acqua.

A volte forse esteriormente velata o melmosa e torbida; infine fatta trasparente anche solo perché arrendevole, compassionevole e benevola (v.2).

La vecchia pozzanghera esclusiva della religione che non osa il rischio della Fede (vv.3-4) non ci avrebbe aiutato ad assimilare la proposta del Gesù Messia, Figlio di Dio, Salvatore - acrostico del termine greco «Ichtys» [pesce: v.7 diminutivo].

Egli è l’Iniziativa-Risposta del Padre, sostegno nel poco etereo viaggio alla ricerca della Speranza dei poveri - di tutti noi indigenti in attesa.

 

La Fede operante ha dunque per emblema l’Eucaristia, rivoluzione della sacralità. Sembra strano, per noi che ci abbiamo fatto il callo.

Infatti scopo dell’evangelizzazione è partecipare ed emancipare l’essere integrale da tutto ciò che lo minaccia, non solo nel limite estremo: anche nella sua azione di ogni giorno - fino a cercare la comunione dei beni.

In Mc 6 il prodigio è collocato dopo la tirata d’orecchi verso gli apostoli, chiamati «in disparte» per una verifica della loro predicazione incerta [Gesù annunciato come Messia glorioso].

Qui in Mc 8 [similmente, appunto] dopo l’apertura dei “sensi” del [medesimo discepolo preso «in disparte»] sordo e balbuziente (Mc 7,31-37).

Il Segno Fonte e Culmine della comunità dei figli è un gesto creativo che impone uno spostamento di visione, un occhio assolutamente nuovo.

Di fronte all’indigenza di molti causata dall’avidità di pochi, l’atteggiamento della Chiesa autentica non si compiace di emblemi e fervorini, né di parziali chiamate a distinguersi nell’elemosina.

Lo spezzare del Pane subentra alla Manna calata dall’alto nel deserto (Mc 8,4) e comporta la sua distribuzione - non solo in situazioni particolari.

Non c’è da accontentarsi, nel moltiplicare vita per tutti.

Questa l’attitudine del Corpo vivente del Cristo [taumaturgico, non il facitore di miracoli] che si sente chiamato ad attivarsi in ogni circostanza.

L’adesione grata deve condurci al dono e alla condivisione del «pane».

Se la partecipazione eucaristica non suscita solo elemosina puntuale, pietismo esterno e assistenzialismo di maniera, ecco il Risultato:

Donne e uomini mangeranno, rimarranno sazi, e avanzerà alimento per altri. Non tutti i convitati da Dio previsti sono ancora presenti.

Notiamo che ai discepoli non era neanche passato per la testa che la soluzione potesse venire dalla gente stessa e dal loro spirito - non dal patentato dei capi o da qualche singolo benefattore.

Accordo inatteso: la questione dell’alimento si risolve non dall’alto, ma a partire dall’interno delle persone e grazie ai pochi pani portati con sé.

Non c’è risoluzione alcuna col verbo “moltiplicare” - ossia “incrementare” [relazioni che contano, accrescere proprietà, ammucchiare astuzie].

Unica terapia è la convivenza dello «spezzare», «dare», «porgere» (vv.6-7 testo greco). E tutti sono coinvolti, nessuno privilegiato.

 

A quel tempo la competitività e la mentalità di classe caratterizzava la società piramidale dell’impero - e iniziava a infiltrarsi già nella piccola comunità, appena agli inizi.

Come se il Signore e il Dio del tornaconto potessero convivere uno a fianco all’altro.

È la comunione dei bisognosi che viceversa sale in cattedra nella Chiesa non artefatta; capace di far convivere gli opposti.

La condivisione reale fa da professore degli onnipresenti veterani, smaliziati e pretenziosi, unici a doversi convertire.

Il germe della loro “durata” dovrebbe essere non la posizione in quota e il ruolo, bensì l’amore.

Tale l’unico senso dei gesti sacri, non altri progetti venati da prevaricazioni, o dall’apparire.

 

Gli “appartenenti” sbalordiscono.

Per il Signore i lontani, ancora in bilico nelle scelte, sono pienamente partecipi del banchetto messianico - senza preclusioni, né discipline dell’arcano con attese snervanti.

Viceversa, quella Mensa urge in favore di altri che devono essere chiamati. Per una sorta di ristabilimento dell’Unità originale.

 

Insomma, la Redenzione non appartiene alle élites preoccupate della stabilità del loro dominio - che sono addirittura i deboli a dover sostenere.

 

La vita da salvati viene a noi per Incorporazione.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Hai mai spezzato il tuo pane, trasmesso felicità e compiuto recuperi che rinnovano i rapporti, rimettendo in piedi le persone che neppure hanno stima di sé? O hai privilegiato disinteresse, catene, cordate, atteggiamenti di élite?

27
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

At this moment, the Lord repeats his question to each of us: “who do you say that I am?” (Mt 16:15). A clear and direct question, which one cannot avoid or remain neutral to, nor can one remand it or delegate the response to someone else. In this question there is nothing inquisitional (Pope Francis)
In questo momento, ad ognuno di noi il Signore Gesù ripete la sua domanda: «Voi, chi dite che io sia?» (Mt 16,15). Una domanda chiara e diretta, di fronte alla quale non è possibile sfuggire o rimanere neutrali, né rimandare la risposta o delegarla a qualcun altro. Ma in essa non c’è nulla di inquisitorio (Papa Francesco)
Love is indeed “ecstasy”, not in the sense of a moment of intoxication, but rather as a journey, an ongoing exodus out of the closed inward-looking self towards its liberation through self-giving, and thus towards authentic self-discovery and indeed the discovery of God (Deus Caritas est n.6)
Sì, amore è « estasi », ma estasi non nel senso di un momento di ebbrezza, ma estasi come cammino, come esodo permanente dall'io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio (Deus Caritas est n.6)
Before asking them, the Twelve, directly, Jesus wants to hear from them what the people think about him, and he is well aware that the disciples are very sensitive to the Teacher’s renown! Therefore, he asks: “Who do men say that I am?” (v. 27). It comes to light that Jesus is considered by the people as a great prophet. But, in reality, he is not interested in the opinions and gossip of the people (Pope Francis)
Prima di interpellare direttamente loro, i Dodici, Gesù vuole sentire da loro che cosa pensa di Lui la gente – e sa bene che i discepoli sono molto sensibili alla popolarità del Maestro! Perciò domanda: «La gente, chi dice che io sia?» (v. 27). Ne emerge che Gesù è considerato dal popolo un grande profeta. Ma, in realtà, a Lui non interessano i sondaggi e le chiacchiere della gente (Papa Francesco)
In the rite of Baptism, the presentation of the candle lit from the large Paschal candle, a symbol of the Risen Christ, is a sign that helps us to understand what happens in the Sacrament. When our lives are enlightened by the mystery of Christ, we experience the joy of being liberated from all that threatens the full realization (Pope Benedict)
Nel rito del Battesimo, la consegna della candela, accesa al grande cero pasquale simbolo di Cristo Risorto, è un segno che aiuta a cogliere ciò che avviene nel Sacramento. Quando la nostra vita si lascia illuminare dal mistero di Cristo, sperimenta la gioia di essere liberata da tutto ciò che ne minaccia la piena realizzazione (Papa Benedetto)
And he continues: «Think of salvation, of what God has done for us, and choose well!». But the disciples "did not understand why the heart was hardened by this passion, by this wickedness of arguing among themselves and seeing who was guilty of that forgetfulness of the bread" (Pope Francis)
E continua: «Pensate alla salvezza, a quello che anche Dio ha fatto per noi, e scegliete bene!». Ma i discepoli «non capivano perché il cuore era indurito per questa passione, per questa malvagità di discutere fra loro e vedere chi era il colpevole di quella dimenticanza del pane» (Papa Francesco)
[Faith] is the lifelong companion that makes it possible to perceive, ever anew, the marvels that God works for us. Intent on gathering the signs of the times in the present of history […] (Pope Benedict, Porta Fidei n.15)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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