Nov 28, 2024 Scritto da 

La forza del mondo interiore, anche nei suoi abissi

Casa sulla Roccia o praticanti di cose vane

(Mt 7,21.24-27)

 

 

Papa Francesco ha affermato: «Dio per donarsi a noi sceglie spesso delle strade impensabili, magari quelle dei nostri limiti, delle nostre lacrime, delle nostre sconfitte».

 

Il Richiamo del Signore non è manicheo, bensì profondo.

Il nostro comportamento ha radici affascinanti. Luci e ombre del nostro essere permangono in relazione dinamica.

Talora però i nostri disagi o storture sono il frutto di un eccesso di “luce” - disancorato dal suo opposto. 

Tale eccesso si associa volentieri alla pretesa di esorcizzare l’aspetto buio in noi, che vorremmo celare per motivi sociali.

Ci sembra che il biglietto da visita debba essere riflesso solo del nostro aspetto brillante, sciolto, serio, e performante.

Magari, uno stile morale tutto d’un pezzo - almeno a prima vista.

Chi si affeziona al suo lato luminoso e addirittura tenta di promuoverlo per motivi di look (anche ecclesiale), di cultura affermata, di abitudine (anche religiosa) , rischia però di potenziare la  controparte.

Attenzione: in ciascun uomo c’è sempre un versante che fa cilecca, che non ce la fa; e non unilaterale.

Forse proprio in chi predica il bene esiste il pericolo più accentuato di trascurare il suo opposto compresente - che prima o poi irromperà, troverà il suo spazio.

Facendo saltare tutto il castello di carte. Ma per realizzare qualcosa di alternativo e assolutamente non artificioso.

 

Per chi intraprende un cammino di “perfezione”, la sua stessa controparte sembra solo un pericolo.

E condizionati dai modelli, continuiamo a recitare [la “nostra” parte già identificata].

Eppure nel lato oscuro si celano risorse che il lato in sola luce non ha.

Nel lato oscuro leggiamo il nostro seme caratteriale.

Qui c’è la terapia e la guarigione dai disagi che ci affrettiamo a celare (in famiglia, con gli amici, in comunità, sul lavoro).

Gli aspetti oscuri [egoismo, freddezza, chiusura, introversione, tristezza] si annidano dentro; inutile negarlo.

Vale la pena piuttosto considerarli fonte di energie primordiali caratterizzanti.

È infatti il nascondimento - talora la depressione stessa - che ci fa pescare soluzioni inimmaginabili.

Come fossimo un grano piantato in terra, che vuole la sua esistenza. E vuole infine vita naturale, che sviluppi le sue capacità.

Proprio le emozioni che non piacciono e noi stessi detestiamo - come la terra infangata e buia - ci riconnettono con la nostra essenza profonda.

Insomma, gli stati emotivi poco simpatici saranno il pozzo dal quale giungono a noi altre idee, altre “immagini” guida, nuove intuizioni; diversa linfa. E i cambiamenti.

La luce non possiede tutte le possibilità, tutte le dinamicità. Anzi, non di rado sembra declinata [dalle stesse tradizioni] in modo fittizio, riduttivo.

Nel chiaroscuro, viceversa, non fingiamo più. Perché è il fondamento della casa dell’anima.

 

Tutto ciò consideriamo, per un’armonia solida, che nasca dal di dentro.

Paradossi della Vocazione personale: se non la seguissimo a tutto tondo, continueremmo a ricalcare idee sbagliate, o stili altrui.

E ci ammaleremmo. Il male prenderà il sopravvento.

Se strutturati su una identità astratta, locale, o fasulla, qui sì che la bufera potrebbe distruggere tutto.

Nei nostri tentativi ed errori, accanto dobbiamo tenere tutti gli aspetti - che nel corso del tempo abbiamo imparato a conoscere, e ci siamo resi conto che sono parte di noi.

Questo cambierà la solidità di rapporto con noi stessi, gli altri, la natura, la storia, e il mondo.

 

La sintonia tra condotta e intenzione del cuore supera l'ipocrisia, ma la conformità tra Parola e vita non si allestisce esercitandosi negli automatismi, né consegnandosi a convinzioni altrui.

Nel post-lockdown ce ne stiamo accorgendo nitidamente.

Un tempo si pensava che la formazione (in specie dei giovani) cesellasse anche l’anima, e tutto sfociasse naturalmente nelle scelte; nei mezzi, nei risultati, nelle opere esterne, e persino nei sogni: “Dimmi ciò che fai e ti dirò chi sei”.

Invece la sintonia qualitativa con il Mistero e la Parola del Cristo non la si ottiene allestendo, bensì la si trova dentro (ciascuno di noi) enigmaticamente, e a partire dagli abissi - come puro Dono segreto, per l’indipendenza creativa.

Fretta, timore di fallire, cultura della concatenazione e stabilità, propositi (anche “spirituali”) o viceversa lusinghe di tranquillità; mire, smanie di essere riconosciuti, mancanza di distacco, ambizione, paura di essere esclusi, difficoltà a spostare lo sguardo... portano all’ignoranza del Mistero.

Privi di spessore, saremo condannati a non scavare sino in fondo neppure dentro noi stessi; in balia perenne dei ruoli particolari, di ambiti e dei suoi eventi; delle relazioni occasionali o locali.

I costruttori frettolosi si accontentano di edificare direttamente sul terreno; badando solo a quanto si vede e sperimentano (su due piedi). Non scavano la casa sino al sodo - nel profondo, nell’oro di sé.

Nel mondo interiore e nella sua potenza nascosta tutto si rovescia: il primato è della Grazia, che spiazza, perché tiene conto solo della realtà essenziale, inspiegabile - e della nostra dignitosa autonomia.

Il resto sarà purtroppo destinato a crollare rovinosamente, perché non rimane fondato sulla Parola, sul carattere [pur magmatico, ma fortemente potenziale]… né sul rapporto vocazionale con Dio e le cose, o sulla più genuina comunione [convivialità e ricchezza condivisa delle differenze].

 

Viviamo una lacerazione, anche nel tempo dell’emergenza: il mondo interiore è più forte e convincente, eppure l’esteriorità non vuole cedere il passo dei traguardi immediati. Infatti ne siamo ancora attratti.

Ma questi ultimi sappiamo bene che non riattivano alcuna tappa di peso specifico, come invece spontaneamente fa il nostro giovane essere interiore - quasi un Bimbo che portiamo in gestazione.

In genere, anche nel cammino spirituale subito precipitiamo nel personaggio ambìto che vorremmo essere: qui non si cresce, non ci si accende che per delle futilità, né ci s’accorge che non sono esse le nostre “proprietarie”.

Certo, il traguardo esteriore immediato non soffre l’attesa della lunga necessaria evoluzione del dover partorire se stessi (perfino nell’angoscia e solitudine) tappa dopo tappa; che si attiva e riattiva senza comfort e sicurezze.

Eppure siamo nati per spiccare il volo, non per ricalcare e diventare fotocopie nell’anima.

Così tutto ciò che vale sarà nell’oscillazione, perché un percorso di peso specifico personale si configura secondo il dono della nostra eccezionalità.

E l’Unicità si potrà ottenere nel processo di ogni nostro lato, d’ogni versante della personalità - anche apparentemente meschina o sommaria. Anche poco lusinghiera dal punto di vista della tranquillità religiosa; che pure avrà avuto il suo valore.

 

 

Gesù non intende distinguere i buoni dai cattivi [cf. vv.15-20 e passo parallelo di Lc 6,43-45] in modo banale: vuole che viviamo appieno, nell’unicità integrale, e percepiamo bene.

Il Signore non propone un destino imprigionato; piuttosto, un ribaltamento di senso.

Il suo è un monito ad acuire lo sguardo, e posarlo dentro - non lasciarlo fuori, a osservare risultati effimeri, quelli da ovvietà e clamore; e poi basta, non vivere troppi scossoni… come fossimo in una zona relax.

L'Unità di misura in Cristo non è l’immediatamente percepibile all’occhio, e non è in sé neppure il “progredire”, bensì: «il valore di ogni parte».

 

Proprio la consapevolezza di limite diventa in noi principio trasformativo. E ogni imperfezione chiama all’Esodo.

Rinnegare i propri confini significa lasciarsi sequestrare da opinioni comuni, prive di Mistero - con orizzonti ridotti a una “parola” sola.

È ad es. la forte crisi che stimola il rivolgimento d’un sistema anche economico appariscente ma competitivo e disumanizzante, dai principi intimi corrotti - sebbene un tempo ci apparissero come degli assoluti.

Perché non accontentarsi, se grosso modo ce la caviamo? Perché l’identificazione forzata ha tolto Libertà, anche quella di ammettere che siamo fatti di luci e ombre.

Non è il disturbo che priva donne e uomini di emancipazione vocazionale eloquente.

Anche ciascuno che si batte il petto, lo fa in modo particolare; e si riconosce in simbiosi col proprio Nome.

Poi ad ogni età della vita - come a ciascuna era - tocca il suo “peccato”, che non è un mostro bensì un sintomo che parla proprio della Chiamata personale, morale, culturale, sociale.

Anche se non piacesse, l’oscillazione va compresa, non criticata e accusata.

Direi addirittura accolta e rielaborata - non semplicisticamente rifiutata, con atteggiamenti di artificiosa lontananza o gesti di ambigua virtù, che rendono esterni e fanno tornare al punto di partenza.

 

Oggi la mancanza di vita completa e relazioni belle, il rivolgimento generale, l’inquietudine dell'anima - il nervosismo, l’insoddisfazione - costringono ad abbandonare sia le antiche e fascinose sicurezze devote, che le sofisticazioni disincarnate “à la page”.

Tutto in favore delle situazioni concrete e personali, nell’orizzonte della vocazione irripetibile e del balzo di Fede che apre alla convivenza.

«L’acqua troppo pura non ha pesci» [Ts’ai Ken T’an].

Accettarsi senza riserve c’introdurrà in un’esperienza vertiginosa, da stupore: con lo sbalordimento prodotto dal recupero dei lati compresenti, opposti e in ombra. Tanti quanti i fratelli e sorelle.

Forse constateremo che sono essi i più attivanti e fecondi.

Non l'etica della perfezione e delle distinzioni omologate, bensì il vituperato caos e i nostri demoni interiori diventeranno paradossalmente i migliori compagni di cammino, e gli unici veri; corifei di una stupefacente Missione.

 

Del resto, le opere stesse sono frutto dei nostri pensieri e desideri. Questi ultimi scaturiscono certo anche da una buona, variegata formazione, ma non in senso meccanico.

È fondamentale anche qui non essere sventati. Un cattivo discernimento annienta l’autentica Roccia, che coincide con la propria Guida spontanea alla completezza.

Fondamento stabile del nostro itinerario è la Libertà di accogliere e la Libertà di corrispondere all’irripetibile carattere - proprio - dell’istinto a realizzarci.

Infatti Gesù si distacca non solo dalla religione antica, ma persino dai filoni messianici - piuttosto crudi - dei primi tempi (es. Gc 3,11-12).

Non per questo il Maestro rinnega lo spirito profondo delle Sacre Scritture antiche, anzi ne coglie il cuore: Qo 3,14; 7,13-18; Sir 37,13-15 [e tanti altri passi (incredibili per la mentalità in cui siamo stati educati)].

Quindi non basta dire: «Signore, Signore» (vv.21-22). Non è sufficiente riconoscere formalmente il Figlio di Dio.

Bisogna vagliare il suo Richiamo nell’essere, farlo proprio e comprenderlo appieno, affinché non venga corrotto e deturpato in forme inessenziali, di puerile conformismo esterno.

 

Nell’insicurezza, molta gente domanda espressioni di potenza, cerca la forza palese; si accontenta dei paradigmi morali, guarda forme di assicurazione immediata, o brama guide rinomate [che perpetuino e confortino il loro sentiero difensivo].

Illusioni paralizzanti… anche nel cammino di Fede.

Su questa strada non si costruisce la felicità prevista, né solidità alcuna, bensì giorno dopo giorno la propria tristezza - com’è palese da troppe vicende, infine dalle più occulte forme di compensazione (oggi smascherate).

Non c’è guru che possa rimettere le cose a posto in radice.

Il nostro Seme è ciò che è: bisogna scoprirne le virtù, anche e soprattutto quelle inattese - che derivano dall’essenza e da forme magmatiche e plastiche di energie persino contrapposte.

Inutile “curarsi” secondo una omologazione conforme che non appartiene al Nucleo personale.

L’anima ha una vita autonoma, sospensiva dei contesti, delle distanze; esiste dentro e anche fuori dello scandire del tempo - come l’Amore. 

Ognuno è una molteplicità di volti coesistenti - cui dare spazio per una maggiore completezza.

Questo conta, e allearsi coi propri limiti: abbracciare ciò che l’ambiente circostante o il paradigma culturale convenzionalista - il quale difende il suo territorio - ritiene magari inconcludente (così via).

Presidiamo altri confini.

Ciò che non piace è forse la nostra parte migliore.

In ogni caso, dar voce alle tensioni significa poter finalmente denominarle, ospitarle degnamente - affinché dispongano gioie più complete.

E lascino varcare la soglia della letizia di vivere, quindi dell’autentica affidabilità.

Spazzando via l’ansia dell’imperfezione, troveremo una più armonica fermezza, energetica.

Accogliendo le fragilità insieme alle ribellioni, non vivremo a metà; anzi, faremo esperienza di pienezza di essere (vitale e scattante).

Non sentendoci sempre intrappolati, potremo volar via.

Ma che certe situazioni tranquille siano ristrettezze contraffatte e tagliole dell’anima, possiamo accorgercene subito: nei disagi radicali, che affiorano.

 

Molti continuano invano a cercare futili conferme: nella ricerca di doni straordinari o nella meticolosità delle osservanze, ovvero nelle mode di pensiero. Tutte realtà esterne.

Tuttavia non è questa la pedagogia che educa e lancia la vita nello Spirito fuori da meccanismi appunto estrinseci.

Né per vincere davvero le tormente basta “fare la volontà di Dio” in modo disciplinato ma senza consapevolezze amicali con noi stessi.

Nessuna forma di esteriorità inculcata potrà convincerci.

Tantomeno, farci diventare «roccia» - o piccolo baluardo - per persuadere, capacitare, rafforzare altri.

 

La differenza tra religiosità comune e Fede personale?

La Vita nella condizione umanizzante e divina di preziosità apre percorsi variegati - di abisso perfino, ma colmi di esperienze interiori; di ricerca e scoperte inimmaginabili, ove possiamo essere noi stessi.

Nella sfera di Fede non esistono più sacri tempi, luoghi, saperi, modelli - tutti epidermici, se ingessati - che non siano anche inediti e personali.

L’unione col Signore, Roccia da cui siamo stati come tagliati ed estratti, non è binario né solco, bensì un’opzione fondamentale.

Essa lascia briglie sciolte sull’inclinazione e colore particolari di ciascuno.

 

 

Con l’intero Discorso della Montagna - qui agli sgoccioli - Gesù punta a suscitare nelle persone una coscienza critica riguardo a soluzioni banali ed esterne. Cosa comune fra i leaders della religiosità popolare e ufficiale antica.

Per edificare un nuovo Regno non bastano le pubbliche liturgie sovrabbondanti di bei segni col giusto credo, e ossequi sociali clamorosi - neppure i doni più appariscenti.

Falsa sicurezza è quella di chi professa… ma compie atti solo conformi e riflette idee allineate - quindi si sente a posto.

Non c’è malato o recluso peggiore di colui che si ritiene sano, arrivato e non contagiato: solo qui non c’è terapia, né rilancio.

Lo si vedrà nel momento della tormenta, quando sarà evidente la necessità di tradurre in vita il rapporto personale col Signore, a partire da se stessi e dalla capacità di accogliere l’azzardo dell’Amore.

I meriti non radicati nelle convinzioni intimamente salde - gesti prodotti d’intrigo, calcolo e atteggiamenti artificiosi - non reggeranno il turbine della prova.

 

«Praticanti di cose vane» ossia inconsistenti [è il senso del testo greco che introduce il passo di Vangelo (v.23)] sono gli alfieri d’una spiritualità vuota, che malgrado la vernice, con lati anche spettacolari, nulla hanno a che fare con Dio.

Secondo convenienza, i “maestri” che si frappongono al percorso dei risvolti personali sembrano disposti a rimangiarsi qualsiasi adesione, tramando il rovescio dei loro stessi proclami - perché prigionieri in merito [invece di come appaiono: condottieri].

Non rivelano ancora il Volto divino, bensì un contrario qualunquista e calcolante.

Campano per tirare avanti - insieme al club cui sono iscritti - e ottenere solo riconoscimenti immediati, ossequi, elemosine di consenso attorno.

E ciò malgrado le grandi discipline di censura che propugnano:

Non correggono la separazione fra insegnare e impegno personale: magari predicano tutti i giorni il Dio vero e (sempre) grandi cose - ma come per mestiere.

Gl’intriganti moltiplicano formule e gesti altisonanti o simbolici, al pari di droghe soporifere ovvero eccitanti… ma sono i primi a non credere a ciò che dicono e a più riprese impongono agli altri.

Pieni di ottuse pretese sulla gente, non comprendono il Padre, Dio dei disperati, esiliati e derisi, che risuscita i non eletti - i privati di futuro; non gli assicurati a vita, comandati dal tornaconto e dall’apparire.

 

Ci sono fondamenta dietro una facciata di farfalle? Lo si capisce nella bufera, e se si diventa «roccia» anche per gli invisibili - non turisti dello “spirito” che lodano lodano (v.21) e non rischiano.

Pertanto la sicurezza non viene dall’adeguarsi a costumanze e adempimenti, né da quel farsi ammirare (almeno) al pari di altri. Fiction che rende insana la Casa comune.

Nostro specifico e cifra della Fede non è un’identità “culturale” tratta da protocolli o maniere mainstream - trama che gioca sulle apparenze e non sull’unico punto forte: l’attitudine dei pellegrini in Cristo.

Siamo saldi solo nella dignità sacerdotale profetica regale, ch’è data in Dono irripetibile e mai sarà frutto del derivare dal consenso.

Né dell’apparire, del dire e non dire, del costruirsi; dell’adeguarsi alle forze in campo, dell’arrabattarsi per galleggiare.

Viviamo per seguire una Vocazione profonda: Radice, Molla e Motore delle nostre fibre intime; apparentata ai sogni e alla naturalezza di ciascuno.

 

Solo affidarsi all’anima è piattaforma autentica, vera salvezza e medicina.

La Missione giungerà alle periferie esistenziali, partendo dal Nucleo.

 

Sembra insensato, paradossale, incredibile, ma per ogni Chiamato la Roccia sulla quale può e deve edificare il suo modo di scendere in campo… è la Libertà.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Quando la tormenta urterà la tua casa, immagini una caduta grande? Qual è la roccia su cui è costruita la tua comunità? È interessata alla tua naturalezza o vuole omologarti?

Conosci persone dalla forte attività profetica, apostolica o taumaturgica, che danno la sensazione d’una famigliarità con Dio solo straordinaria o di circostanza, forse apparente?

Qual è il motivo, secondo te? Pensi che si siano davvero mai arresi a se stessi e alla quintessenza della propria Chiamata per Nome?

 

 

Il desiderio di una Casa

Cari giovani amici,

vi porgo il mio cordiale benvenuto! La vostra presenza mi rallegra. Sono grato al Signore per questo incontro con il calore della vostra cordialità. Sappiamo che "dove due o tre sono uniti nel nome di Gesù, Egli è in mezzo a loro" (cfr Mt 18, 20). Ma voi siete qui oggi ben più numerosi! Ringrazio per questo ciascuno e ciascuna di voi. Gesù dunque è qui con noi. Egli è presente tra i giovani della terra polacca, per parlare loro di una casa, che non crollerà mai, perché edificata sulla roccia. È la parola  evangelica  che  abbiamo poc'anzi ascoltato (cfr Mt 7, 24-27).

Nel cuore di ogni uomo c'è, amici miei, il desiderio di una casa. Tanto più in un cuore giovane c'è il grande anelito ad una casa propria, che sia solida, nella quale non soltanto si possa tornare con gioia, ma anche con gioia si possa accogliere ogni ospite che viene. È la nostalgia di una casa nella quale il pane quotidiano sia l'amore, il perdono, la necessità di comprensione, nella quale la verità sia la sorgente da cui sgorga la pace del cuore. È la nostalgia di una casa di cui si possa essere orgogliosi, di cui non ci si debba vergognare e della quale non si debba mai piangere il crollo. Questa nostalgia non è che il desiderio di una vita piena, felice, riuscita. Non abbiate paura di questo desiderio! Non lo sfuggite! Non vi scoraggiate alla vista delle case crollate, dei desideri vanificati, delle nostalgie svanite. Dio Creatore, che infonde in un giovane cuore l'immenso desiderio della felicità, non lo abbandona poi  nella faticosa costruzione di  quella  casa che si chiama vita.

Amici miei, una domanda si impone: "Come costruire questa casa?". È una domanda che sicuramente si è già affacciata molte volte al vostro cuore e che ancora tante volte ritornerà. È una domanda che è doveroso porre a se stessi non una volta soltanto. Ogni giorno deve stare davanti agli occhi del cuore: come costruire quella casa chiamata vita? Gesù, le cui parole abbiamo ascoltato nella redazione dell'evangelista Matteo, ci esorta a costruire sulla roccia. Soltanto così infatti la casa non crollerà. Ma che cosa vuol dire costruire la casa sulla roccia? Costruire sulla roccia vuol dire prima di tutto: costruire su Cristo e con Cristo. Gesù dice: "Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia" (Mt 7, 24). Non si tratta qui di parole vuote dette da una persona qualsiasi, ma delle parole di Gesù. Non si tratta di ascoltare una persona qualunque, ma di ascoltare Gesù. Non si tratta di compiere una cosa qualsiasi, ma di compiere le parole di Gesù.

Costruire su Cristo e con Cristo significa costruire su un fondamento che si chiama amore crocifisso. Vuol dire costruire con Qualcuno che, conoscendoci meglio di noi stessi, ci dice: "Tu sei prezioso ai miei occhi, ...sei degno di stima e io ti amo" (Is 43, 4). Vuol dire costruire con Qualcuno che è sempre fedele, anche se noi manchiamo di fedeltà, perché egli non può rinnegare se stesso (cfr 2 Tm 2, 13). Vuol dire costruire con Qualcuno che si china costantemente sul cuore ferito dell'uomo e dice: "Non ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più" (cfr Gv 8, 11). Vuol dire costruire con Qualcuno, che dall'alto della croce stende le sue braccia, per ripetere per tutta l'eternità: "Io do la mia vita per te, uomo, perché ti amo". Costruire su Cristo vuol dire infine fondare sulla sua volontà tutti i propri desideri, le attese, i sogni, le ambizioni e tutti i propri progetti. Significa dire a se stessi, alla propria famiglia, ai propri amici e al mondo intero e soprattutto a Cristo: "Signore, nella vita non voglio fare nulla contro di Te, perché Tu sai che cosa è il meglio per me. Solo Tu hai parole di vita eterna" (cfr Gv 6, 68). Amici miei, non abbiate paura di puntare su Cristo! Abbiate nostalgia di Cristo, come fondamento della vita! Accendete in voi il desiderio di costruire la vostra  vita  con  Lui  e   per Lui!  Perché  non può perdere colui che punta tutto sull'amore  crocifisso  del  Verbo incarnato.

Costruire sulla roccia significa costruire su Cristo e con Cristo, che è la roccia. Nella Prima Lettera ai Corinzi san Paolo, parlando del cammino del popolo eletto attraverso il deserto, spiega che tutti "bevvero ... da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo" (1 Cor 10, 4). I padri del popolo eletto certamente non sapevano che quella roccia era Cristo. Non erano consapevoli di essere accompagnati da Colui il quale, quando sarebbe venuta la pienezza dei tempi, si sarebbe incarnato, assumendo un corpo umano. Non avevano bisogno di comprendere che la loro sete sarebbe stata soddisfatta dalla Sorgente stessa della vita, capace di offrire l'acqua viva per dissetare ogni cuore. Bevvero tuttavia a questa roccia spirituale che è Cristo, perché avevano nostalgia dell'acqua della vita, ne avevano bisogno. In cammino sulle strade della vita, forse a volte non siamo consapevoli della presenza di Gesù. Ma proprio questa presenza, viva e fedele, la presenza nell'opera della creazione, la presenza nella Parola di Dio e nell'Eucaristia, nella comunità dei credenti e in ogni uomo redento dal prezioso Sangue di Cristo, questa presenza è la fonte inesauribile della forza umana. Gesù di Nazaret, Dio che si è fatto Uomo, sta accanto a noi nella buona e nella cattiva sorte e ha sete di questo legame, che è in realtà il fondamento dell'autentica umanità. Leggiamo nell'Apocalisse queste significative parole: "Ecco sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me" (Ap 3, 20).

Amici miei, che cosa vuol dire costruire sulla roccia? Costruire sulla roccia significa anche costruire su Qualcuno che è stato rifiutato. San Pietro parla ai suoi fedeli di Cristo come di una "pietra viva rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio" (1 Pt 2, 4). Il fatto innegabile dell'elezione di Gesù da parte di Dio non nasconde il mistero del male, a causa del quale l'uomo è capace di rigettare Colui che lo ha amato sino alla fine. Questo rifiuto di Gesù da parte degli uomini, menzionato da san Pietro, si protrae nella storia dell'umanità e giunge anche ai nostri tempi. Non occorre una grande acutezza di mente per scorgere le molteplici manifestazioni del rigetto di Gesù, anche lì dove Dio ci ha concesso di crescere. Più volte Gesù è ignorato, è deriso, è proclamato re del passato, ma non dell'oggi e tanto meno del domani, viene accantonato nel ripostiglio di questioni e di persone di cui non si dovrebbe parlare ad alta voce e in pubblico. Se nella costruzione della casa della vostra vita incontrate coloro che disprezzano il fondamento su cui voi state costruendo, non vi scoraggiate! Una fede forte deve attraversare delle prove. Una fede viva deve sempre crescere. La nostra fede in  Gesù  Cristo, per rimanere tale, deve spesso confrontarsi con la mancanza di fede degli altri.

Cari amici, che cosa vuol dire costruire sulla roccia? Costruire sulla roccia vuol dire essere consapevoli che si avranno delle contrarietà. Cristo dice: "Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono sulla casa..." (Mt 7, 25). Questi fenomeni naturali non sono soltanto l'immagine delle molteplici contrarietà della sorte umana, ma ne indicano anche la normale prevedibilità. Cristo non promette che su una casa in costruzione non cadrà mai un acquazzone, non promette che un'onda rovinosa non travolgerà ciò che per noi è più caro, non promette che venti impetuosi non porteranno via ciò che abbiamo costruito a volte a prezzo di enormi sacrifici. Cristo comprende non solo l'aspirazione dell'uomo ad una casa duratura, ma è pienamente consapevole anche di tutto ciò che può ridurre in rovina la felicità dell'uomo. Non vi meravigliate dunque delle contrarietà, qualunque esse siano! Non vi scoraggiate a motivo di esse! Un edificio costruito sulla roccia non equivale ad una costruzione sottratta al gioco delle forze naturali, iscritte nel mistero dell'uomo. Aver costruito sulla roccia significa poter contare sulla consapevolezza che nei momenti  difficili  c'è  una  forza  sicura su cui fare affidamento.

Amici miei, consentitemi di insistere: che cosa vuol dire costruire sulla roccia? Vuol dire costruire con saggezza. Non senza un motivo Gesù paragona coloro che ascoltano le sue parole e le mettono in pratica a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. È stoltezza, infatti, costruire sulla sabbia, quando si può farlo sulla roccia, avendo così una casa in grado di resistere ad ogni bufera. È stoltezza costruire la casa su un terreno che non offre le garanzie di reggere nei momenti più difficili. Chissà, forse è anche più facile fondare la propria vita sulle sabbie mobili della propria visione del mondo, costruire il proprio futuro lontano dalla parola di Gesù, e a volte perfino contro di essa. Resta tuttavia che chi costruisce in questo modo non è prudente, perché vuol persuadere se stesso e gli altri che nella sua vita non si scatenerà alcuna tempesta, che nessuna onda colpirà la sua casa. Essere saggio significa sapere che la solidità della casa dipende dalla scelta del fondamento. Non abbiate paura di essere saggi, cioè non abbiate paura di costruire sulla roccia!

Amici miei, ancora una volta: che cosa vuol dire costruire sulla roccia? Costruire sulla roccia vuol dire anche costruire su Pietro e con Pietro. A lui infatti il Signore disse: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" (Mt 16, 16). Se Cristo, la Roccia, la pietra viva e preziosa, chiama il suo Apostolo pietra, significa che egli vuole che Pietro, e insieme a lui la Chiesa intera, siano segno visibile dell'unico Salvatore e Signore. Qui, a Cracovia, la città prediletta del mio Predecessore Giovanni Paolo II, le parole sul costruire con Pietro e su Pietro non stupiscono certo nessuno. Perciò vi dico: non abbiate paura a costruire la vostra vita nella Chiesa e con la Chiesa! Siate fieri dell'amore per Pietro e per la Chiesa a lui affidata. Non vi lasciate illudere da coloro che vogliono contrapporre Cristo alla Chiesa! C'è un'unica roccia sulla quale vale la pena di costruire la casa. Questa roccia è Cristo. C'è solo una pietra su cui vale la pena di poggiare tutto. Questa pietra è colui a cui Cristo ha detto: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa" (Mt 16, 18). Voi giovani avete conosciuto bene il Pietro dei nostri tempi. Perciò non dimenticate che né quel Pietro che sta osservando il nostro incontro dalla finestra di Dio Padre, né questo Pietro che ora sta dinanzi a voi, né nessun Pietro successivo sarà mai contro di voi, né contro la costruzione di una casa durevole sulla roccia. Anzi, impegnerà il suo cuore ed entrambe le mani nell'aiutarvi a costruire la vita su Cristo e con Cristo.

Cari amici, meditando le parole di Cristo sulla roccia come fondamento adeguato per la casa, non possiamo non rilevare che l'ultima parola è una parola di speranza. Gesù dice che, nonostante lo scatenarsi degli elementi, la casa non è crollata, perché era fondata sulla roccia. In questa sua parola c'è una straordinaria fiducia nella forza del fondamento, la fede che non teme smentite perché confermata dalla morte e risurrezione di Cristo. Questa è la fede che, dopo anni, verrà confessata da san Pietro nella sua lettera: "Ecco, io pongo in Sion una pietra angolare, scelta, preziosa e chi crede in essa non resterà confuso" (1 Pt 2, 6). Certamente "Non resterà confuso...". Cari giovani amici, la paura dell'insuccesso può a volte frenare perfino i sogni più belli. Può paralizzare la volontà e rendere incapaci di credere che possa esistere una casa costruita sulla roccia. Può persuadere che la nostalgia della casa è soltanto un desiderio giovanile e non un progetto per la vita. Insieme a Gesù dite a questa paura: "Non può cadere una casa fondata sulla roccia"! Insieme con san Pietro dite alla tentazione del dubbio: "Chi crede in Cristo non resterà confuso!". Siate testimoni della speranza, di quella speranza che non teme di costruire la casa della propria vita, perché sa bene di poter contare sul fondamento che non crollerà mai: Gesù Cristo nostro Signore.

(Papa Benedetto, Discorso ai giovani Cracovia 27 maggio 2006)

2 Ultima modifica il Giovedì, 28 Novembre 2024 03:40
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

«Too pure water has no fish». Accepting ourselves will complete us: it will make us recover the co-present, opposite and shadowed sides. It’s the leap of profound Faith. And seems incredible, but the Rock on which we build the way of being believers is Freedom
«L’acqua troppo pura non ha pesci». Accettarsi ci completerà: farà recuperare i lati compresenti, opposti e in ombra. È il balzo della Fede profonda. Sembra incredibile, ma la Roccia sulla quale edifichiamo il modo di essere credenti è la Libertà
Our shortages make us attentive, and unique. They should not be despised, but assumed and dynamized in communion - with recoveries that renew relationships. Falls are therefore also a precious signal: perhaps we are not using and investing our resources in the best possible way. So the collapses can quickly turn into (different) climbs even for those who have no self-esteem
Le nostre carenze ci rendono attenti, e unici. Non vanno disprezzate, ma assunte e dinamizzate in comunione - con recuperi che rinnovano i rapporti. Anche le cadute sono dunque un segnale prezioso: forse non stiamo utilizzando e investendo al meglio le nostre risorse. Così i crolli si possono trasformare rapidamente in risalite (differenti) anche per chi non ha stima di sé
God is Relationship simple: He demythologizes the idol of greatness. The Eternal is no longer the master of creation - He who manifested himself strong and peremptory; in his action, again in the Old Covenant illustrated through nature’s irrepressible powers
Dio è Relazione semplice: demitizza l’idolo della grandezza. L’Eterno non è più il padrone del creato - Colui che si manifestava forte e perentorio; nella sua azione, ancora nel Patto antico illustrato attraverso le potenze incontenibili della natura
Starting from his simple experience, the centurion understands the "remote" value of the Word and the magnet effect of personal Faith. The divine Face is already within things, and the Beatitudes do not create exclusions: they advocate a deeper adhesion, and (at the same time) a less strong manifestation
Partendo dalla sua semplice esperienza, il centurione comprende il valore “a distanza” della Parola e l’effetto-calamita della Fede personale. Il Cospetto divino è già dentro le cose, e le Beatitudini non creano esclusioni: caldeggiano un’adesione più profonda, e (insieme) una manifestazione meno forte
What kind of Coming is it? A shortcut or an act of power to equalize our stormy waves? The missionaries are animated by this certainty: the best stability is instability: that "roar of the sea and the waves" Coming, where no wave resembles the others.
Che tipo di Venuta è? Una scorciatoia o un atto di potenza che pareggi le nostre onde in tempesta? I missionari sono animati da questa certezza: la migliore stabilità è l’instabilità: quel «fragore del mare e dei flutti» che Viene, dove nessuna onda somiglia alle altre.
The words of his call are entrusted to our apostolic ministry and we must make them heard, like the other words of the Gospel, "to the end of the earth" (Acts 1:8). It is Christ's will that we would make them heard. The People of God have a right to hear them from us [Pope John Paul II]
Queste parole di chiamata sono affidate al nostro ministero apostolico e noi dobbiamo farle ascoltare, come le altre parole del Vangelo, «fino agli estremi confini della terra» (At 1, 8). E' volontà di Cristo che le facciamo ascoltare. Il Popolo di Dio ha diritto di ascoltarle da noi [Papa Giovanni Paolo II]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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