Scoperchiare e spalancare “sinagoghe”: bivio insolito della Tenerezza
(Lc 5,17-26)
Paralisi e castigo: diversa Tenerezza [introduzione]
L’episodio testimonia del duro scontro fra sinagoga e prime fraternità di Fede, dove senza previe condizioni di purità rituale o legale tutti erano invitati a condividere la mensa e lo spezzare del pane.
Su delega ideale del Signore, già nelle chiese primitive vigeva una prassi fraterna [sconosciuta ad altri] di perdono reciproco e persino cancellazione di debiti contratti, sino alla comunione dei beni.
Realtà in grado di rimettere in piedi e far procedere qualsiasi persona, anche i miserabili - a partire dalla loro coscienza (vv.18.23), soffocata da una religione che accentuava il senso d’indegnità.
Secondo credenza popolare, le condizioni di penuria o disgrazia erano un castigo.
Gesù è viceversa Colui che restituisce un orizzonte di autenticità al credere, nuova consapevolezza e speranza alla persona affetta da paralisi - ossia incapace di andare verso Dio e verso gli uomini.
«Dico a te, alzati e preso il tuo lettuccio, parti per la tua casa» (Lc 5,24; cf. Mt 9,6; Mc 2,11).
A partire da ciò che siamo - ossia già colmi di risorse, oltre ogni apparenza - viviamo per Fede il medesimo stato del «Figlio dell’uomo» (v.24).
È tale il requisito dei ‘Risorti’ nel Signore: coloro che manifestano la Persona in pienezza - nella condizione divina.
In Cristo possiamo liberarci dalle costrizioni che facevano vivere orizzontali, proni e anchilosati.
Recuperando dignità, ora possiamo stare ritti e promuovere la vita; quindi fare ritorno alla Casa ch’è davvero nostra [Lc 9, 24-25; cf. Mt 9, 6-7; Mc 2,10-12].
Per gli esperti il perdono annunciato dal Signore non è solo un’offesa nei confronti del loro supposto prestigio e rango spirituale, ma un sacrilegio e una bestemmia.
Del resto, come fare presa sulla massa - da parte di questi leaders distruttivi - se non intimidendola e facendola sentire inadeguata, sterile, incapace, non abilitata, senza vie d’uscita?
Tutta la vita del popolo era condizionata da ossessioni d’impurità e peccato.
Invece, il Maestro rivela che la propensione divina è solo perdonare per valorizzare - e l’attitudine dell’uomo di Fede, rinascere e aiutare a farlo.
Infatti la gratuità del Padre si vede dall’azione di attesa e comprensione esercitata dagli uomini di Dio più autentici: coloro in grado di cesellare ambienti sani.
Non solo per virtù propria, ma perché la tolleranza introduce nuove forze, sconosciute; differenti potenze, che rovesciano le situazioni.
Esse lasciano trascorrere altre energie, creative e rigeneranti i malfermi - viceversa mortifere, purtroppo, dove non ci si promuove.
Solo Gesù è Colui che rende visibile e palese la guarigione che sembrava missione impossibile. E prima che fisica, facendoci rifiorire dalle paure della falsa morale o devozione, del pensiero comune o à la page che impone argini assurdi all’autonomia.
La proposta del giovane Rabbi non ci affossa sotto un cumulo di arroganze impersonali. Sana i bloccati, li rimette in gara.
«Gesù ha il potere non solo di risanare il corpo malato, ma anche di rimettere i peccati; ed anzi, la guarigione fisica è segno del risanamento spirituale che produce il suo perdono. In effetti, il peccato è una sorta di paralisi dello spirito da cui soltanto la potenza dell’amore misericordioso di Dio può liberarci, permettendoci di rialzarci e di riprendere il cammino sulla via del bene» (Papa Benedetto, Angelus 22 febbraio 2009).
I ‘fratelli’ del Signore [cf. passi paralleli Mt 9,1-8; Mc 2,1-12] fanno di tutto per condurre i bisognosi dal Maestro.
Spesso però si ritrovano davanti una folla di sequestratori del Sacro che non consente un rapporto faccia a faccia, autentico, personale, immediato.
L’impeto critico e l'amore per le esigenze di vita piena di tutti noi bisognosi deve allora vincere il senso di appartenenza “culturale”, eticista, dottrinale e rituale - che solo adula o ricalca e ribadisce.
Purtroppo, nessun segno di gioia da parte delle autorità [Mt 9,3; Mc 2,6-8; Lc 5,21] - ma la gente è entusiasta [Mt 9,8; Mc 2,12; Lc 5,26]. Perché?
Un altro tipo di mondo
Gesù insegna e guarisce. Non annuncia il Dio delle religioni, ma un Padre - figura attraente, che non minaccia, né mette in castigo, bensì accoglie, dialoga, perdona, fa crescere.
Il contrario di ciò che trasmettevano le guide ufficiali, legate all’idea di una divinità arcaica, sospettosa e prevenuta, che discriminava tra amici e nemici.
Il Padre si esprime in forme non oppressive, nel modo dell’Alleanza famigliare e interumana: non gode dei perfetti, sterilizzati e puri - o “aggiornati”. Offre a tutti il suo Amore senza requisiti.
L’imperfezione infatti non è espressione di colpa, bensì una condizione - e in ogni caso il peccato non è una forza assoluta (v.21).
È tale consapevolezza che suscita persone liberate e un ordine nuovo: «per stringere legami di unità, di progetti comuni, di speranze condivise» [Fratelli Tutti, n.287].
I collaboratori del Signore portano a Lui tutti i paralitici, ossia coloro che si sono bloccati e continuano a stare nelle loro barelle [dove forse li hanno sdraiati quelli dell’opinione comune].
Sono persone le quali nella vita sembra non procedano né in direzione del Dio vero, né vanno agli altri. Neanche riescono a incontrare se stesse.
Solo il contatto personale col Cristo può slegare questi cadaveri che vegetano, dal loro stagno deprimente.
Gli amici di Dio «vengono portando a lui un paralitico sorretto da quattro» (Mc 2,3): provengono da ogni dove, dai quattro punti cardinali; da origini diversissime, anche opposte - che non t’aspetti.
Essi si espongono per guidare i bisognosi dal Maestro, ma talora si ritrovano davanti una folla impermeabile [appunto, di sequestratori del Sacro] che non consente un rapporto personale diretto, smagliante, sincero, faccia a faccia.
Non fanno ‘entrare’ - invece vogliamo metterci davanti a Lui (vv.18-19): a volte siamo come dei ricattati da balzelli e sottoposti a procedure, altrimenti non si passa; sei fuori.
Parafrasando ancora la terza enciclica di Papa Francesco, potremmo dire che anche nei percorsi di Fede ad accesso selettivo o gerarchico «la mancanza di dialogo comporta che nessuno, nei singoli settori, si preoccupa del bene comune, bensì di ottenere i vantaggi che il potere procura, o, nel migliore dei casi, di imporre il proprio modo di pensare» [n.202].
Cosa fare? Un’azione di smantellamento, senza trattative diplomatiche né richiesta di permessi - un rovesciamento di prossimità, piramidi e varchi, del tutto emancipato da timori reverenziali!
Opera assai gradita al Padre... e che il Figlio valuta come espressione di Fede (v.20)!
Fede che pensa e crede «un mondo aperto dove ci sia posto per tutti, che comprenda in sé i più deboli e rispetti le diverse culture» [FT n.155].
Alcune “sinagoghe” insopportabili propugnano viceversa «una divisione binaria» [FT n.156] che tenta di classificare.
Ci sono cricche e club esclusivi, refrattari, i quali pretendono di appropriarsi del povero Gesù… a rovescio.
Perciò le loro congreghe o “sinagoghe” o “case di preghiera” vanno scoperchiate e spalancate (v.19) - con estrema decisione.
Tali “sedi” capovolgono la presenza di Dio sulla terra e perturbano la vita dei derelitti, i quali hanno urgenze reali - non interesse a coltivare formule poco comprensibili, purità cultuali, o altre sofisticazioni.
Basta complimenti corretti, specchietti per le allodole modaiole, e iter consuetudinari “perbene”!
Solo nel concreto della Fede incarnata l’uomo rigenera e scopre i suoi stessi poteri divini - che poi sono quelli umanizzanti: rimettere in piedi se stesso e i fratelli.
Con Cristo si avanza senza più autorizzazioni regolate e da implorare talora a manichini scandalosi che fanno impallidire la vita.
Allora, notiamo che non tappe azzeccate, ma solo l’iniziativa inusitata supera lo stagno delle strutture devote prese in ostaggio dagli habitué o da pensatori disincarnati.
Dove ci si dovrebbe solo mettere in fila, aspettare il turno, accontentarsi... sopportare gli organigrammi già pronti, e assopire, o disperdersi.
L’impeto critico e l'amore per le esigenze di vita piena, perspicace, di tutti noi bisognosi, deve vincere il senso di finta compattezza collettiva.
Deve surclassare ogni appartenenza “culturale”, morale, dottrinale e rituale - che truccandosi, solo ricalca e ribadisce.
In tal guisa, nessun segno di gioia da parte delle autorità (v.21) le quali tracciano solo diagnosi negative - mentre la gente è entusiasta (v.26).
Ovvio che i consuetudinari e i “nuovi” immarcescibili giudichino Gesù un blasfemo: sono stati diseducati «in questa paura e in questa diffidenza» [FT n.152].
Non amano l'umanità, bensì la loro visione del mondo, le loro dottrine, i codici, le tappe azzeccate; poche belle rubriche - da santità esclusivamente esterna. Tutta carta pesta.
Non tutelano le persone, ma solo i loro legami interessati, i protocolli corretti e le posizioni acquisite; eventualmente le ultime news di pensiero a tornaconto. Cordate che intralciano il nostro sviluppo.
Insomma, siamo chiamati a scegliere in modo davvero insolito, rispetto al cliché della predicazione d’avanguardia o bacchettona - che non ha mai saputo conciliare la stima… con l’imperfezione, l’errore, la diversità.
Secondo i Vangeli c’è un altro crocevia, decisivo: la strada della difesa dei privilegi di una casta che imbavaglia Dio in nome di Dio, o la Via del desiderio impellente e universale di vivere completamente, a tutto spiano.
A questo siamo chiamati, rispetto alle maniere conformiste: scegliere in modo insolito, profondo e deciso, per conciliare l’unicità de-centrata, il vero, l’imperfezione, la nostra eccezionalità.
Altrimenti l’anima si ribella. Vuole stare con Gesù in posizione frontale, non dietro la ressa, pur dei credenti - démodé o glamour che siano.
Il passo dei Sinottici fa comprendere che il problema del «paralitico» non è il suo disagio, il senso di oppressione, l’apparente sventura.
Non sono queste le rotture del rapporto con la vita e con Dio.
Anzi, l’impedimento diventa paradossale motivo di ricerca della “terapia”, e del vis-à-vis.
Impensabile - forse offensivo - per il contorno.
Le configurazioni eccentriche, ritenute miserabili, contengono infatti porte segrete, virtù immense, e la cura stessa.
Addirittura, guidano verso una esistenza nuova. Sollecitano, e ci “obbligano” al rapporto immediato con nostro Signore. Quasi a cercarne la Somiglianza.
Respirando il pensiero comune e ricalcando le trafile altrui, anche dei considerati “intimi a Dio”, l’irrigidimento sarebbe rimasto.
Nessuna Salvezza imprevedibile avrebbe fatto irruzione.
Insomma, secondo i Vangeli c’è un unico valore non negoziabile e crocevia, decisivo: il desiderio di vivere appieno, in modo davvero integrato; in prima persona.
Bivio insolito della Tenerezza e della Fede.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Cosa suscita il tuo senso di ammirazione per la Potenza di Dio? Sei entusiasta per i miracoli fisici o interiori?
Dove ascolti in modo più frequente: «Figliolo, sono rimessi i tuoi peccati [...] Alzati e cammina»? Gli altri, ti sembrano ambienti sani e spirituali?
Di che genere sono le tue opere di Fede? A settori?
Segnate da tappe azzeccate e trattative coi diffidenti installati (affinché vengano accettate e scambiate per Tenerezza)?