Set 5, 2024 Scritto da 

La Conversione, le cose proibite, il Medico degli opposti

Ma può partecipare al rito? Seduto e con l’occhio sui registri, solo poi ricco - anzi, ‘signore’

(Mt 9,9-13)

 

«Gesù non esclude nessuno dalla propria amicizia. Il buon annuncio del Vangelo consiste proprio in questo: nell’offerta della grazia di Dio al peccatore! Nella figura di Matteo, dunque, i Vangeli ci propongono un vero e proprio paradosso: chi è apparentemente più lontano dalla santità può diventare persino un modello di accoglienza della misericordia di Dio e lasciarne intravedere i meravigliosi effetti nella propria esistenza» [Papa Benedetto, Udienza Generale 30 agosto 2006].

 

In alcune assemblee di credenti sorgevano attriti, perché alcuni membri di chiesa ritenevano ancora profano avere contatti o accettare stranieri, non ancora adeguatisi alla mentalità identitaria delle consuetudini.

Anche i giudeo-cristiani di Galilea e Siria cui Mt si rivolge avevano bisogno d’imparare a infrangere l’isolamento delle norme di purità antiche. Non dovevano tenersi in disparte.

L’attrito delle opinioni si rendeva particolarmente acuto nel dibattito [tipico di terza generazione] sul genere di partecipazione ammissibile alle riunioni e sullo Spezzare il Pane.

Conflitto che metteva di fronte uno contro l’altro il gruppo dei convertiti provenienti dal paganesimo (sempre più cospicuo) e quello giudaizzante.

Questi ultimi non gradivano i contatti abituali coi lontani dalla loro mentalità, bensì la distinzione.

Sia nelle assemblee che nella qualità di vita fraterna di tutti i giorni sorgevano situazioni sgradevoli e dubbi di coscienza [sull’ospitare o meno pagani pur convertiti a Gesù Messia, tanto più condividere la Mensa coi (ritenuti) contaminati].

Diversi fratelli di chiesa erano abituati a valutare ancora sacralmente profano l’avere una contiguità qualsiasi con chiunque, o addirittura accettare i giudicati infetti.

La concezione devota delle ripartizioni morali portava a credere che bisognasse tenere i nuovi a distanza, per non essersi adeguati alla mentalità non ancora demitizzata delle tradizioni semitiche.

Così l'evangelista vuole descrivere come Gesù stesso abbia affrontato il medesimo conflitto: senz’alcuna attenzione rituale o sacrale, se non all’uomo.

Perché? Secondo gli insegnamenti del Maestro, il rapporto coi lontani e diversi, e i nostri stessi disagi o abissi reconditi hanno qualcosa da dirci.

 

Mt intendeva aiutare i fedeli giudeo-cristiani a comprendere un’apertura discriminante: il balzo dalla religiosità comune - fatta di credenze assurde, separazioni e atteggiamenti schizzinosi - alla Fede in itinere.

Apertura discriminante è la speranza nella vita stessa che viene, e chiama a cedere posizioni artificiose; quindi ecco la possibilità d’inserimento sociale e rituale.

Tale l’insegnamento, la vicenda, la Persona del Cristo.

Egli ci guida all’affidamento esistenziale, alla fiducia globale; a credere propria la vicenda del pubblico peccatore, che è ciascuno.

Per procedere su tale Via si parte appunto dalle energie inespresse dei propri stessi stati primordiali, riconosciuti, assunti, resi fecondi personalmente; dilatati nei fratelli, senza distinzioni.

Il passo di Vangelo sottolinea infatti che a suo tempo gli apostoli (v.10) non erano stati affatto chiamati dal Signore alla medesima e rigorosa prassi di segregazione, tipica delle credenze etnico-puriste, la quale pur vigeva attorno a loro.

Dunque, i credenti degli anni 70-80 non dovevano tenersi in disparte: avevano piuttosto bisogno d’imparare a infrangere l’isolamento delle norme di conformismo sociale e cultuale.

Il Padre è Presenza amica.

 

La Lieta Notizia di Mt è questa: la vita di Comunione non è una gratificazione, né un riconoscimento.

L’Eucaristia non è premio per i meriti, né un discrimine a favore di emarginazioni sacrali - o di casistiche adultoidi.

Dio non ci complica l’esistenza, caricandola di troppi obblighi e doveri che appesantiscono le nostre giornate e tutta la vita; anzi, li spazza via.

Per questo motivo, la figura del nuovo Rabbi toccava il cuore della gente, senza confini.

La proibizione dev’essere sostituita dall’amicizia. L’intransigenza soppiantata dall’indulgenza; la durezza dalla condiscendenza.

In tale avventura non siamo chiamati a forme di dissociazione: si parte da se stessi.

Così si giunge senza isterismi alle microrelazioni e [senza cariche ideologiche] alla mentalità corrente - anche devota.

Mai più mète fasulle, obbiettivi superficiali, ossessioni e ragionamenti inutili, né abitudini meccaniche, antiche o moderne; altrui [mai rielaborate in sé].

 

Con a monte tale esperienza di scavo e immedesimazione interiore, donne e uomini di Fede devono condividere la vita con chiunque - persino noti trasgressori come il figlio di Alfeo; rivedendosi in loro.

E deponendo gli artifici: senza prima pretendere alcuna patente.

I fedeli in Cristo sono chiamati a condividere lo spezzare del pane con pagani e peccatori.

In tal guisa, senza prima pretendere una disciplina dell’arcano, e pratiche che celebrino distanze, come le abluzioni che precedevano il pasto. 

Matathiah significa infatti «uomo di Dio», «dato da Dio»; precisamente «Dono di Dio» (Matath-Yah) [«Dono» malgrado la rabbia delle autorità ufficiali].

 

Le sette osservanti del giudaismo trattavano i pubblicani alla stregua di esseri immondi, da tenere a distanza.

Il germe di società alternativa dei credenti in Cristo li accetta e ne coglie le risorse, il bene per la comunità.

L’ansia di contaminazione nasceva da un’idea falsa, preconcetta ed esclusivista di ciò che non solo in Palestina ma persino in Diaspora era identificato per totale strabismo con «Volontà di Yahweh» - fattore di separazione in mezzo agli altri popoli.

Illusione che non aveva stimolato un atteggiamento di simpatia verso la realtà variegata, né di cordialità verso il prossimo esterno alla ‘cerchia’.

Secondo il monito diretto dello stesso Gesù - persino nei confronti di uno degli apostoli - l’unica impurità che Dio non sopporta è quella di non dare spazio a chi lo chiede perché non ne ha.

A volte siamo infatti come le “comari”; anime prigioniere d’un mondo chiuso entro steccati che transennano lo sguardo [anche su grandiose contabilità e registri di club: minuscole certezze]. E una vita devota di piccolo cabotaggio.

Il Signore vuole comunione integrale coi trasgressori, non a motivo d’una banalità ideologica: è l’invito a riconoscersi, confessare, convenire, convivere.

Facendo così respirare l’anima costretta nelle angustie.

Non per sottomettere i suoi intimi a una qualche forma di paternalismo umiliante: sapersi incompleti e lasciarsi trasformare da poveri - o ricchi - in ìsignori’, è una risorsa.

 

«E avvenne che mentre Egli era steso a mensa nella Casa, ecco molti pubblicani e peccatori venuti erano stesi a mensa con Gesù e i suoi discepoli» (v.10 testo greco).

«Erano stesi»: secondo il modo di celebrare i banchetti solenni, da parte degli uomini liberi - ormai tutti liberi.

Che meraviglia, un ostensorio del genere!

Un Corpo vivo del Cristo che profuma di Condivisione: autentico Culto!

È questa tutta empatica e regale la bella consapevolezza che spiana, rende credibile, il contenuto dell’Annuncio (vv.12-13). Sebbene urti la suscettibilità dei maestri ufficiali.

D’ora in poi, la ripartizione fra credenti o meno sarà assai più umanizzante che fra ‘rinati’ e non, o puri e impuri.

Tutta un’altra caratura - principio di una vita da salvati, che si dispiega e straripa oltre le cordate di club.

 

Fra i discepoli è probabile che ci fossero non pochi membri della resistenza palestinese, che avversavano gli occupanti romani.

Per contro, qui Gesù chiama un collaborazionista, e che si lasciava guidare dal vantaggio.

Come dire: la Comunità nuova dei figli e fratelli non coltiva privilegi, separazioni, oppressioni, odi.

Il Maestro si è sempre tenuto al di sopra degli urti politici, delle distinzioni ideologiche e delle dispute corrive del suo tempo.

Nella sua Chiesa c’è un segno forte di discontinuità con le religioni: la proibizione dev’essere sostituita dall’amicizia.

Gli stessi apostoli non furono chiamati alla medesima e rigorosa prassi di segregazione e divisione tipica delle credenze etnico-puriste, che vigeva attorno a loro [e si credeva rispecchiasse l’ordine stabilito da Dio sulla terra].

Ancora oggi il Signore non invita alla sequela i migliori o i peggiori, ma gli opposti. Principio che vale anche per la vita intima.

Il recupero di lati contrapposti anche della nostra personalità, ci dispone «a conversione» (Lc 5,32): non a riassestare il mondo del Tempio, ma a farci cambiare punto di vista, mentalità, princìpi, modo di essere.

 

Cristo chiama, accoglie e redime anche il pubblicano in noi, ossia il lato più rubricista - o logoro - della nostra personalità.

Anche il nostro carattere insopportabile o giustamente odiato: quello rigido e quello - altrettanto nostro - da gabelliere.

Reintegrando appunto gli opposti, li farà addirittura fiorire: diverranno aspetti inclusivi, irrinunciabili, alleati e intimamente vincenti della futura testimonianza, potenziata d’amore genuino.

Essere considerati forti, capaci di comandare, osservanti, eccellenti, incontaminati, magnifici, performanti, straordinari, gloriosi… danneggia le persone.

Ci mette una maschera, rende unilaterali; toglie la comprensione. Fa galleggiare il personaggio in cui siamo seduti, al di sopra della realtà.

 

Per la crescita e fioritura di ciascuno, più importante di vincere sempre è imparare ad accogliere, cedere fino a capitolare; farsi considerare manchevoli, inadeguati.

Dice il Tao Tê Ching [XLV]: «La grande dirittura è come sinuosità, la grande abilità è come inettitudine, la grande eloquenza è come balbettio».

La norma artificiosa (purtroppo, talora anche la guida poco accorta) ci fa vivere in funzione del successo e della gloria esterna, ottenuta attraverso compartimenti.

Gesù inaugura un nuovo tipo di relazioni, e “patti” di feconde divergenze - anche dentro noi.

E Crea tutto la sola Parola «Segui Me» (v.9) [non altri].

 

La Sapienza del Maestro e l’arte poliedrica della Natura [esemplificata nella saggezza cristallina del Tao] conducono tutti a essere umani.

 

Non è la ‘perfezione’ o il narcisismo che ci fanno amare l’Esodo.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Qual è il tuo punto di forza spirituale e umana? Come si è generato?

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

The family in the modern world, as much as and perhaps more than any other institution, has been beset by the many profound and rapid changes that have affected society and culture. Many families are living this situation in fidelity to those values that constitute the foundation of the institution of the family. Others have become uncertain and bewildered over their role or even doubtful and almost unaware of the ultimate meaning and truth of conjugal and family life. Finally, there are others who are hindered by various situations of injustice in the realization of their fundamental rights [Familiaris Consortio n.1]
La famiglia nei tempi odierni è stata, come e forse più di altre istituzioni, investita dalle ampie, profonde e rapide trasformazioni della società e della cultura. Molte famiglie vivono questa situazione nella fedeltà a quei valori che costituiscono il fondamento dell'istituto familiare. Altre sono divenute incerte e smarrite di fronte ai loro compiti o, addirittura, dubbiose e quasi ignare del significato ultimo e della verità della vita coniugale e familiare. Altre, infine, sono impedite da svariate situazioni di ingiustizia nella realizzazione dei loro fondamentali diritti [Familiaris Consortio n.1]
"His" in a very literal sense: the One whom only the Son knows as Father, and by whom alone He is mutually known. We are now on the same ground, from which the prologue of the Gospel of John will later arise (Pope John Paul II)
“Suo” in senso quanto mai letterale: Colui che solo il Figlio conosce come Padre, e dal quale soltanto è reciprocamente conosciuto. Ci troviamo ormai sullo stesso terreno, dal quale più tardi sorgerà il prologo del Vangelo di Giovanni (Papa Giovanni Paolo II)
We come to bless him because of what he revealed, eight centuries ago, to a "Little", to the Poor Man of Assisi; - things in heaven and on earth, that philosophers "had not even dreamed"; - things hidden to those who are "wise" only humanly, and only humanly "intelligent"; - these "things" the Father, the Lord of heaven and earth, revealed to Francis and through Francis (Pope John Paul II)
Veniamo per benedirlo a motivo di ciò che egli ha rivelato, otto secoli fa, a un “Piccolo”, al Poverello d’Assisi; – le cose in cielo e sulla terra, che i filosofi “non avevano nemmeno sognato”; – le cose nascoste a coloro che sono “sapienti” soltanto umanamente, e soltanto umanamente “intelligenti”; – queste “cose” il Padre, il Signore del cielo e della terra, ha rivelato a Francesco e mediante Francesco (Papa Giovanni Paolo II)
But what moves me even more strongly to proclaim the urgency of missionary evangelization is the fact that it is the primary service which the Church can render to every individual and to all humanity [Redemptoris Missio n.2]
Ma ciò che ancor più mi spinge a proclamare l'urgenza dell'evangelizzazione missionaria è che essa costituisce il primo servizio che la chiesa può rendere a ciascun uomo e all'intera umanità [Redemptoris Missio n.2]
That 'always seeing the face of the Father' is the highest manifestation of the worship of God. It can be said to constitute that 'heavenly liturgy', performed on behalf of the whole universe [John Paul II]
Quel “vedere sempre la faccia del Padre” è la manifestazione più alta dell’adorazione di Dio. Si può dire che essa costituisce quella “liturgia celeste”, compiuta a nome di tutto l’universo [Giovanni Paolo II]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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