Set 20, 2024 Scritto da 

Ripara il Tempio, fortifica il Santuario

1. “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11, 25).

Veniamo qui, cari fratelli, per ripetere con Cristo Signore queste parole, per “benedire il Padre”.

– veniamo per benedirlo a motivo di ciò che egli ha rivelato, otto secoli fa, a un “Piccolo”, al Poverello d’Assisi;

– le cose in cielo e sulla terra, che i filosofi “non avevano nemmeno sognato”;

– le cose nascoste a coloro che sono “sapienti” soltanto umanamente, e soltanto umanamente “intelligenti”;

– queste “cose” il Padre, il Signore del cielo e della terra, ha rivelato a Francesco e mediante Francesco.

Mediante Francesco di Pietro di Bernardone, figlio cioè di un ricco commerciante d’Assisi, che abbandonò tutta l’eredità del padre terreno e sposò “Madonna Povertà”, l’eredità del Padre celeste offertagli in Cristo crocifisso e risorto.

Il primo scopo del nostro pellegrinaggio di quest’anno ad Assisi è di rendere gloria a Dio.

In spirito di venerazione, celebriamo pure insieme l’Eucaristia, noi tutti, Pastori della Chiesa che è in Italia con il Vescovo di Roma, successore di Pietro.

2. “Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te” (Mt 11, 26).

Dopo otto secoli sono rimaste le reliquie e i ricordi. Tutta Assisi è una viva reliquia e una testimonianza dell’uomo. Dell’uomo soltanto? Dell’uomo insolito soltanto?

– Essa è la testimonianza di un particolare compiacimento che il Padre Celeste, per opera del suo Figlio Unigenito, ebbe in questo uomo, in questo “piccolino”, nel “Poverello”, in Francesco che – come pochissimi nel corso della storia della Chiesa e dell’umanità – ha imparato da Cristo ad essere mite e umile di cuore.

Sì, Padre, tale fu il tuo compiacimento. Tanti uomini vengono qui per seguire le orme del tuo compiacimento. Oggi veniamo noi, Vescovi d’Italia.

Siamo venuti per chiudere e, al tempo stesso, coronare in questo anno giubilare di san Francesco d’Assisi l’opera svoltasi durante l’anno intero della visita “ad limina Apostolorum” alla quale la tradizione e la legge della Chiesa hanno invitato il nostro episcopato proprio in questo tempo.

3. Ci troviamo in presenza del Santo, che contemporaneamente è il patrono d’Italia, quindi Colui che tra i numerosi figli e figlie di questa terra, canonizzati e beatificati, unisce in modo particolare l’Italia con la Chiesa. Infatti, compito della Chiesa è di proclamare e realizzare in ogni nazione quella vocazione alla santità che abbiamo dal Padre nello Spirito Santo per opera di Cristo crocifisso e risorto; di questo Cristo, le cui ferite san Francesco d’Assisi portò nel suo corpo: “Difatti io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo” (Gal 6, 17).

Ci troviamo quindi alla sua presenza e meditiamo sulle parole del Vangelo, frase dopo frase:

“Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11, 27).

Ecco, ci troviamo davanti ad un uomo, al quale il Figlio di Dio ha voluto rivelare, in misura particolare e con particolare abbondanza, ciò che gli è stato dato dal Padre per tutti gli uomini, per tutti i tempi. Certo, Francesco fu mandato col Vangelo di Cristo specialmente ai suoi tempi, a trapasso dal XII al XIII secolo, in pieno medioevo italiano, che fu periodo splendido e insieme difficile: ma ogni epoca ne ha conservato in sé qualche cosa. Tuttavia, la missione francescana non si è conclusa allora; essa dura tuttora.

Ed ecco noi, Vescovi e Pastori della Chiesa, ai quali sono affidati il Vangelo e la Chiesa dei nostri tempi – quanto apparentemente splendidi, quanto lontani dal medioevo secondo la misura del progresso terreno! e insieme quanto, quanto difficili! – noi Vescovi e Pastori della Chiesa in questa medesima Italia, preghiamo soprattutto per una cosa. Preghiamo che si compiano su di noi le stesse parole del nostro Maestro, che si sono compiute su san Francesco; che siamo i depositari sicuri della Rivelazione del Figlio! che siamo i fedeli amministratori di ciò che il Padre stesso ha tramandato al Figlio Unigenito, nato dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo. Che siamo amministratori di questa verità e di quest’amore, di questa parola e di questa salvezza, che l’umanità intera e ogni uomo e ogni nazione hanno in lui e da lui; perché “nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11, 27).

Tale è lo scopo pastorale e apostolico del nostro odierno pellegrinaggio.

4. Ed ecco, Francesco sembra rivolgersi a noi e parlarci con gli accenti di Paolo apostolo: “La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia col vostro spirito, fratelli” (Gal 6, 18)!

Grazie, santo Poverello, per questi auguri con i quali ci stai ricevendo!

Guardando con gli occhi dello spirito

la tua figura 

e meditando sulle parole della lettera ai Galati, 

con le quali ci parla l’odierna liturgia, 

desideriamo imparare da te 

questa “appartenenza a Gesù”, 

di cui tutta la tua vita costituisce 

un così perfetto esempio e modello. 

“Quanto a me... 

non ci sia altro vanto che nella croce 

del Signore nostro Gesù Cristo, 

per mezzo della quale il mondo per me 

è stato crocifisso come io per il mondo” (Gal 6, 14).

Sentiamo le parole di Paolo, 

che pure sono, Francesco, 

le tue parole. 

Il tuo spirito si esprime in esse. 

Gesù Cristo ti ha consentito, 

così come un tempo 

aveva consentito a quell’Apostolo, 

che divenne “strumento eletto” (At 9, 15), 

di “vantarsi”, soltanto ed esclusivamente, 

nella Croce della nostra Redenzione.

In questo modo sei arrivato al cuore stesso 

della conoscenza della verità su Dio, 

sul mondo e sull’uomo; 

verità che si può vedere 

soltanto con gli occhi dell’amore.

Ora che ci troviamo davanti a te, 

come successori degli Apostoli, 

mandati agli uomini dei nostri tempi 

con lo stesso Vangelo della Croce di Cristo, 

chiediamo: insegnaci, così come l’apostolo Paolo 

ha insegnato a te, 

a non avere “altro vanto che 

nella Croce del Signore nostro Gesù Cristo”.

Che ciascuno di noi, 

con tutta la perspicacia del dono del timore, 

della sapienza e della fortezza, 

sappia penetrare nella verità 

di queste parole circa la Croce 

in cui inizia la “nuova creatura”, 

circa la Croce che porta costantemente 

all’umanità “la pace e la misericordia”.

Mediante la Croce Dio si è espresso fino alla fine nella storia dell’uomo; Dio che è “ricco di misericordia” (Ef 2, 4). Nella Croce è rivelata la gloria dell’Amore disposto a tutto. Soltanto con la Croce nella mano – come un libro aperto – l’uomo può imparare fino in fondo se stesso e la sua dignità.

Egli deve infine, fissando gli occhi sulla Croce, chiedersi: “chi sono” io, uomo, agli occhi di Dio, se egli paga per me e per il mio amore un tale prezzo!

“La Croce sul Calvario – ho scritto nell’enciclica "Redemptor Hominis" – per mezzo della quale Gesù Cristo – uomo, figlio di Maria Vergine, figlio putativo di Giuseppe di Nazaret – "lascia" questo mondo, è al tempo stesso una nuova manifestazione dell’eterna paternità di Dio, il quale in lui si avvicina di nuovo all’umanità, ad ogni uomo, donandogli il tre volte santo "Spirito di Verità" (cf. Gv 16, 13)... Il suo è amore che non indietreggia davanti a nulla di ciò che in lui stesso esige la giustizia.

E per questo il Figlio 

"che non aveva conosciuto peccato, 

Dio lo trattò da peccato in nostro favore" (2 Cor 5, 21; cf. Gal 3, 13). 

Se "trattò da peccato" 

Colui che era assolutamente 

senza alcun peccato, 

lo fece per rivelare l’amore 

che è sempre più grande 

di tutto il creato, 

l’amore che è lui stesso, 

perché "Dio è amore" (1 Gv 4, 8.16)” (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 9).

Proprio così hai guardato le cose 

tu, Francesco. 

Ti hanno chiamato “Poverello d’Assisi”, 

e tu eri e sei rimasto 

uno degli uomini che hanno donato 

più generosamente agli altri. 

Avevi quindi un’enorme ricchezza, 

un grande tesoro. 

E il segreto della tua ricchezza 

si nascondeva nella Croce di Cristo.

Insegna a noi, 

Vescovi e Pastori del XX secolo 

che si sta avviando verso la fine, 

a vantarci similmente nella Croce, 

insegnaci questa ricchezza nella povertà 

e questo donare nell’abbondanza.

5. Nella prima lettura del libro del Siracide sono ricordate le parole sul sommo sacerdote Simone, figlio di Onia, che “nella sua vita riparò il tempio e nei suoi giorni fortificò il santuario” (Sir 50, 1).

La liturgia riferisce queste parole a Francesco d’Assisi. Egli rimase nella tradizione, nella letteratura e nell’arte come colui che “riparò il tempio... e fortificò il santuario”. Come colui che “premuroso di impedire la caduta del suo popolo, fortificò la città contro un assedio (Sir 50, 4).

La lettura continua a parlare ancora di Simone, figlio di Onia, e noi riferiamo tali parole a Francesco, figlio di Pietro di Bernardone. A lui applichiamo anche questi paragoni:

“Come un astro mattutino fra le nubi, / come la luna nei giorni in cui è piena, / come il sole sfolgorante sul tempio dell’Altissimo, / come l’arcobaleno splendente fra nubi di gloria” (Sir 50, 6-7).

6. Volentieri prendiamo queste parole in prestito dal libro del Siracide per venerare, dopo ottocento anni, Francesco d’Assisi, patrono d’Italia.

Per questo siamo venuti qui noi tutti, Vescovi e Pastori della Chiesa che è in tutta l’Italia insieme col Vescovo di Roma, successore di Pietro.

Tuttavia lo scopo del nostro pellegrinaggio è particolarmente apostolico e pastorale.

Quando sentiamo le parole di Cristo sul giogo che è dolce e sul carico che è leggero, (cf. Mt 11, 30) pensiamo alla nostra missione di Vescovi e al servizio pastorale.

E ripetiamo con fiducia e con gioia le parole del Salmo responsoriale: “Ho detto a Dio: "Sei tu il mio Signore, /senza di te non ho alcun bene". / Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: / nelle tue mani è la mia vita. / Benedico il Signore che mi ha dato consiglio... / Io pongo sempre innanzi a me il Signore, / sta alla mia destra, non posso vacillare” (Sal 15 [16]).

Con gioia abbiamo accettato l’invito di venire qui ad Assisi, sentito in certo modo nelle parole del nostro Signore e Maestro: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11, 28). Speriamo che esse si attuino su di noi tutti, così come anche quelle ulteriori: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime” (Mt 11, 29).

Così vogliamo, Cristo! Così desideriamo! Con un tale pensiero siamo venuti oggi ad Assisi. Ti ringraziamo per il santo “carico” del sacerdozio e dell’episcopato. Ti ringraziamo per san Francesco, che non si è sentito degno di accettare l’ordinazione sacerdotale. Eppure a lui hai affidato, in modo così eccezionale, la tua Chiesa.

7. Ed ecco, guardando verso Francesco che “povero e umile, entra ricco nel cielo, onorato con inni celesti” (Cant. ad Evang.), vorremmo ancora applicare a lui le parole del libro del Siracide, che tanto bene riassumono la sua celebre visione: “Francesco, abbi premura di impedire la caduta del tuo popolo”!

Francesco! come nella tua vita, così anche adesso, ripara il tempio! Fortifica il santuario!

Per questo preghiamo noi, Pastori della Chiesa, che alla scuola del Concilio Vaticano II abbiamo imparato nuovamente a circondare con una comune sollecitudine la Chiesa, l’Italia e il mondo contemporaneo.

E con le nostre amatissime popolazioni ripetiamo:

“Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: / nelle tue mani è la mia vita. / Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;... / Io pongo sempre innanzi a me il Signore”.

Si, fratelli e sorelle, sempre! E così sia.

[Papa Giovanni Paolo II, omelia Assisi 12 marzo 1982]

53 Ultima modifica il Venerdì, 20 Settembre 2024 03:33
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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«Whoever tries to preserve his life will lose it; but he who loses will keep it alive» (Lk 17:33)
«Chi cercherà di conservare la sua vita, la perderà; ma chi perderà, la manterrà vivente» (Lc 17,33)
«And therefore, it is rightly stated that he [st Francis of Assisi] is symbolized in the figure of the angel who rises from the east and bears within him the seal of the living God» (FS 1022)
«E perciò, si afferma, a buon diritto, che egli [s. Francesco d’Assisi] viene simboleggiato nella figura dell’angelo che sale dall’oriente e porta in sé il sigillo del Dio vivo» (FF 1022)
This is where the challenge for your life lies! It is here that you can manifest your faith, your hope and your love! [John Paul II at the Tala Leprosarium, Manila]
È qui la sfida per la vostra vita! È qui che potete manifestare la vostra fede, la vostra speranza e il vostro amore! [Giovanni Paolo II al Lebbrosario di Tala, Manila]
The more we do for others, the more we understand and can appropriate the words of Christ: “We are useless servants” (Lk 17:10). We recognize that we are not acting on the basis of any superiority or greater personal efficiency, but because the Lord has graciously enabled us to do so [Pope Benedict, Deus Caritas est n.35]
Quanto più uno s'adopera per gli altri, tanto più capirà e farà sua la parola di Cristo: « Siamo servi inutili » (Lc 17, 10). Egli riconosce infatti di agire non in base ad una superiorità o maggior efficienza personale, ma perché il Signore gliene fa dono [Papa Benedetto, Deus Caritas est n.35]
A mustard seed is tiny, yet Jesus says that faith this size, small but true and sincere, suffices to achieve what is humanly impossible, unthinkable (Pope Francis)
Il seme della senape è piccolissimo, però Gesù dice che basta avere una fede così, piccola, ma vera, sincera, per fare cose umanamente impossibili, impensabili (Papa Francesco)
Hypocrisy: indeed, while they display great piety they are exploiting the poor, imposing obligations that they themselves do not observe (Pope Benedict)
Ipocrisia: essi, infatti, mentre ostentano grande religiosità, sfruttano la povera gente imponendo obblighi che loro stessi non osservano (Papa Benedetto)
Each time we celebrate the dedication of a church, an essential truth is recalled: the physical temple made of brick and mortar is a sign of the living Church serving in history (Pope Francis)
Ogni volta che celebriamo la dedicazione di una chiesa, ci viene richiamata una verità essenziale: il tempio materiale fatto di mattoni è segno della Chiesa viva e operante nella storia (Papa Francesco)
As St. Ambrose put it: You are not making a gift of what is yours to the poor man, but you are giving him back what is his (Pope Paul VI, Populorum Progressio n.23)
Non è del tuo avere, afferma sant’Ambrogio, che tu fai dono al povero; tu non fai che rendergli ciò che gli appartiene (Papa Paolo VI, Populorum Progressio n.23)
Here is the entire Gospel! Here! The whole Gospel, all of Christianity, is here! But make sure that it is not sentiment, it is not being a “do-gooder”! (Pope Francis))
Qui c’è tutto il Vangelo! Qui! Qui c’è tutto il Vangelo, c’è tutto il Cristianesimo! Ma guardate che non è sentimento, non è “buonismo”! (Papa Francesco)
Christianity cannot be, cannot be exempt from the cross; the Christian life cannot even suppose itself without the strong and great weight of duty [Pope Paul VI]
Il Cristianesimo non può essere, non può essere esonerato dalla croce; la vita cristiana non può nemmeno supporsi senza il peso forte e grande del dovere [Papa Paolo VI]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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