La prima cosa che fece Andrea dopo aver incontrato Gesù fu di cercare suo fratello Simone e di dirgli: “Abbiamo trovato il Messia!”. In seguito Filippo, allo stesso modo, cercò Natanaele e gli disse: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret” (cf. Gv 1, 35-51).
Dopo la scoperta iniziale, segue un dialogo attraverso la preghiera, un dialogo tra Gesù e colui che ha ricevuto la chiamata, un dialogo che va oltre le parole e si esprime nell’amore.
Le domande sono una parte importante di tale dialogo. Per esempio, nel racconto evangelico della chiamata dei discepoli, ci viene detto che “quando Gesù si fu voltato ed ebbe visto che lo seguivano domandò loro: “Che cercate?”. Gli risposero: “Rabbì (che significa maestro), dove abiti?”. “Venite e vedrete”, rispose” (Gv 1, 38-39).
Quel che inizia come una scoperta di Gesù conduce a una maggiore comprensione e dedizione attraverso un devoto processo di domande e discernimento. Nel corso di tale processo, le nostre ragioni sono purificate. Ci troviamo di fronte a scottanti domande, quali: “Che stai cercando?” E ci ritroviamo persino a fare le domande di Gesù, come fece Natanaele: “Come mi conosci?” (Gv 1, 48). Solo dopo aver riflettuto con sincerità e onestà nel silenzio dei nostri cuori iniziamo a convincerci che il Signore ci sta realmente chiamando.
Anche allora, tuttavia, il processo di discernimento non è terminato. Gesù dice a noi quel che disse anche a Natanaele: “Vedrai cose maggiori di queste!” (Gv 1, 50). Per tutto il corso della vita, dopo aver fatto una sacra e immutabile promessa e dopo aver iniziato a servire in modo attivo il Signore, abbiamo ancora bisogno del dialogo di preghiera che approfondirà costantemente la conoscenza e l’amore per il nostro Signore Gesù Cristo.
[Papa Giovanni Paolo II, Discorso ai seminaristi americani 13 settembre 1987]