Anche Francesco, quando ancora era nel mondo e dinanzi al dipanarsi della sua specifica chiamata da parte del Signore [e la conseguente conversione] ebbe da lottare contro il lievito di Erode: brama di potere e gloria.
Sarà Dio poi, a illuminarlo facendogli prendere le distanze da quanto lo portava fuori strada.
"Un nobile assisano, desideroso di soldi e di gloria, prese le armi per andare a combattere in Puglia. Venuto a sapere la cosa, Francesco è preso a sua volta dalla sete di avventura. Così, per essere creato cavaliere da un certo Conte Gentile, prepara un corredo di panni preziosi; poiché, se era meno ricco di quel concittadino, era però più largo di lui nello spendere […]" (FF 1399).
Ma il Signore, sapendolo così bramoso di gloria e di potere lo visitò con una visione.
Mentre dormiva gli apparve uno che, chiamatolo per nome, lo condusse in un palazzo bellissimo dove si notavano, appese al muro, armi e oggetti da guerra.
Francesco chiese a chi appartenessero tutte quelle cose e il palazzo. Gli fu risposto che il tutto era proprietà sua e dei suoi cavalieri.
Si svegliò, tutto felice, interpretando il sogno secondo criteri mondani. Non avendo ancora gustato pienamente lo spirito di Dio, immaginava di divenire principe.
Così, interpretando la cosa come presagio di fortuna, volle partire per le Puglie, per essere creato cavaliere da quel Conte.
Arrivato a Spoleto incominciò a non star bene e nel dormiveglia udì una voce che lo interrogava su dove fosse diretto. Francesco gli espose il suo ambizioso progetto.
"E quello: «Chi può esserti piuttosto utile: il padrone o il servo?». Rispose: «Il padrone».
Quello riprese: «Perché dunque abbandoni il padrone per seguire il servo, e il principe per il suddito?».
Allora Francesco interrogò: «Signore, che vuoi ch’io faccia?».
Concluse la voce: «Ritorna nella tua città e là ti sarà detto cosa devi fare; poiché la visione che ti è apparsa devi interpretarla in tutt’altro senso».
[…] Spuntato il mattino, in gran fretta dirottò il cavallo verso Assisi, lieto ed esultante" (FF 1401).
Così Francesco abbandonò il lievito di Erode per aderire a Cristo, divenendone il grande Araldo, coraggioso e tenace.
Martedì 6a sett. T.O. (Mc 8,14-21)