Il passo di Gv evidenzia come Gesù riceva testimonianza non dagli uomini, ma dalle opere compiute.
La gente non crede in Lui perché il Figlio ascolta la voce del Padre che lo ha inviato, e la sua Parola non dimora nel cuore di ciascuno.
Francesco innamorato della Parola attingeva da essa la forza della testimonianza. Come Gesù, le opere compiute attestavano il mandato del Padre.
La Parola dell’Onnipotente rimaneva in lui e l’amore del Signore lo abitava.
Il Poverello non cercava gloria che viene da uomini, anzi, la fuggiva per ricercare solo quella che viene da Dio - di altro sapore.
L’umiltà era la misura del suo vivere.
Nelle Fonti troviamo importanti riferimenti al riguardo.
Ad esempio, nella Lettera a tutto l’Ordine leggiamo:
«Inclinate l’orecchio del vostro cuore e obbedite alla voce del Figlio di Dio.
Custodite nella profondità del vostro cuore i suoi precetti e adempite perfettamente i suoi consigli.
Lodatelo poiché è buono ed esaltatelo nelle opere vostre, poiché per questo vi mandò per il mondo intero, affinché rendiate testimonianza alla voce di lui con la parola e con le opere e facciate conoscere a tutti che non c’è nessuno Onnipotente eccetto Lui!» (FF 216).
La Leggenda maggiore c’informa:
"Come un carbone ardente, pareva tutto divorato dalla fiamma dell’amore divino.
Al sentir nominare l’amore del Signore, subito si sentiva stimolato, colpito, infiammato: quel nome era per lui come un plettro, che gli faceva vibrare l’intimo del cuore.
«Offrire, in compenso dell’elemosina, il prezioso patrimonio dell’amor di Dio - così egli affermava - è nobile prodigalità, e stoltissimi sono coloro che lo stimano meno del denaro, poiché soltanto il prezzo inapprezzabile dell’amore divino è capace di comprare il regno dei cieli.
E molto si deve amare l’amore di Colui che molto ci ha amato» (FF 1161).
La testimonianza delle opere del Creatore faceva presa su di lui:
"Per trarre da ogni cosa incitamento ad amare Dio, esultava per tutte quante le opere delle mani del Signore e, da questo spettacolo di gioia, risaliva alla Causa e Ragione che tutto fa vivere.
Contemplava, nelle cose belle, il Bellissimo e, seguendo le orme impresse nelle creature, inseguiva dovunque il Diletto.
Di tutte le cose si faceva una scala per salire ad afferrare Colui che è tutto desiderabile" (FF 1162).
E ai suoi frati ripeteva spesso:
«Nessuno deve lusingarsi con ingiusto vanto per quelle azioni, che anche il peccatore potrebbe compiere.
Il peccatore - spiegava - può digiunare, pregare, piangere, macerare il proprio corpo.
Ma una sola cosa non gli è possibile: rimanere fedele al suo Signore.
Proprio di questo dobbiamo gloriarci, se diamo a Dio la gloria che gli spetta, se da servitori fedeli attribuiamo a Lui tutto il bene che ci dona» (FF 718).
«Io non ricevo gloria da uomini. Ma so che non avete l’amore di Dio in voi stessi» (Gv 5,41-42)
Giovedì 4a sett. Quaresima (Gv 5,31-47)