La parabola dei talenti è un esplicito invito di Cristo a trafficare i suoi Doni per il Regno, perché portino frutto abbondante, e a non "nasconderli" per paura.
Nelle Fonti troviamo conferma di quanto Francesco e Chiara tenessero a riconoscere e far fruttificare i doni (talenti) ricevuti dall’Altissimo con coraggio e abnegazione.
Infatti, trovandosi un giorno, insieme a S. Domenico, nella casa del Cardinale d’Ostia, così parlò Francesco a riguardo dei suoi frati:
«Signore, i miei frati proprio per questo sono chiamato Minori, perché non presumano di diventare maggiori.
Il nome stesso insegna loro a rimanere in basso ed a seguire le orme dell’umiltà di Cristo […]
Se volete che portino frutto nella Chiesa di Dio, manteneteli e conservateli nello stato della loro vocazione» (FF 732).
E Chiara, in una delle lettere alla sua figlia spirituale Agnese di Boemia così si esprime:
«Rendo grazie all’Autore della Grazia, dal quale come crediamo, viene ogni bene sommo ed ogni dono perfetto».
Inoltre, nel suo bellissimo Testamento:
«Infatti, proprio il Signore ha collocato noi come modello, ad esempio e specchio non solo per gli altri uomini, ma anche per le nostre sorelle, quelle che il Signore stesso ha chiamato a seguire la nostra vocazione, affinché esse pure risplendano come specchio ed esempio per tutti coloro che vivono nel mondo» (FF 2829).
Entrambi si sono impegnati a far fruttificare nella loro vita e in quella dei loro figli e figlie i talenti particolari elargiti dal Padre delle misericordie, perché i benefici derivanti fossero a vantaggio di tutti e di ciascuno.
«Perché a ognuno che ha, sarà dato e sovrabbonderà; ma a chi non ha, sarà tolto da lui anche quello che ha» (Mt 25,29).
Sabato della 21.a sett. T.O. (Mt 25,14-30)