Continuano i «Guai» pronunciati da Gesù nel Vangelo di Matteo.
Egli sferza l’ipocrisia dilagante, rimproverando la cura dell’esteriore che cozza con la fuliggine interiore.
Guardiamo la vita del Poverello attraverso le Fonti e nel merito.
Francesco detestava l’ipocrisia rimproverata da Gesù a scribi e farisei, e se ne guardava bene dal coltivarla sotto ogni forma.
Anche quando la malattia gli imponeva di allentare i digiuni per recuperare forze, poi denunciava tutto davanti alla gente, apertamente, per guadagnarsi il disprezzo.
Infatti nella Leggenda maggiore è scritto:
“Fu una dimostrazione di umiltà perfetta, che insegna al seguace di Cristo la necessità di disprezzare gli elogi e le lodi passeggere, di reprimere il gonfiore e l’arroganza dell’ostentazione e di smascherare le menzogne fraudolenti dell’ipocrisia” (FF 1104).
Un giorno a un frate che mostrava la faccia triste disse:
" «Il servo di Dio non deve mostrarsi agli altri triste e rabbuiato, ma sempre sereno. Ai tuoi peccati, riflettici nella tua stanza e alla presenza di Dio piangi e gemi. Ma quando ritorni tra i frati, lascia la tristezza e conformati agli altri»" (FF 712).
Francesco fu cultore della verità, aborrendo ogni avidità e intemperanza.
Guardava al Padre che è nei cieli e attende da ognuno giustizia, fedeltà e misericordia.
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pagate la decima della menta e dell’aneto e del comino, e [tra]lasciate i [punti] più gravi della Legge: il giudizio e la misericordia e la fedeltà» (Mt 23,23).
Martedì della 21.a sett. T.O. (Mt 23,23-26)