San Francesco era fermamente convinto che è lo Spirito che dà la vita e fa rinascere, aprendo nuovi orizzonti.
Ciò, mentre il vivere secondo la carne rende incapaci di capire le cose di Dio. Infatti le Fonti recitano:
“Noi frati guardiamoci da ogni superbia e vana gloria; e difendiamoci dalla sapienza di questo mondo e dalla prudenza della carne.
Lo spirito della carne, infatti, vuole e si preoccupa molto di possedere parole, ma poco di attuarle, e cerca non la religiosità e la santità interiore dello Spirito, ma vuole e desidera avere una religiosità e una santità che appaia al di fuori agli uomini” (FF 48).
E ancora prosegue:
“Io frate Francesco, il più piccolo servo vostro, vi prego e vi scongiuro, nella carità che è Dio [...] che queste parole e le altre del Signore Gesù Cristo con umiltà e amore le dobbiate accogliere e attuare e osservare. E coloro che non sanno leggere, se le facciano leggere spesso, e le imparino a memoria, mettendole in pratica santamente sino alla fine, perché sono Spirito e Vita" (FF 206).
Per Francesco la Santa Parola, la Viva Voce di Dio era ragione di vita, senso di essa, guida nel cammino.
Quella stessa Voce lo visitò e gli rivelò cosa avrebbe dovuto fare per essere Uno con il Vangelo.
Davvero con l’atteggiamento di chi cerca la Parola dell’Eterno, si mise in ascolto e passando presso la chiesa di San Damiano vi entrò.
Era come se dicesse a Dio: " Signore da chi posso andare, se non da te?!"
Francesco aveva compreso l’importanza di seguire il Crocifisso povero, perché solo da Lui scaturivano parole di vita eterna; solo Gesù, Carne e Vita del mondo poteva renderlo felice.
E in tal guisa, andare dietro a Lui non per convenienza, ma per amore donativo per la salvezza delle moltitudini.
Da vero discepolo si era reso conto che il messaggio evangelico esige una sequela senza se e senza ma.
La Santa Operazione
Nel capitolo sesto del Vangelo di Giovanni, Gesù parlando ai suoi discepoli afferma che solo lo Spirito di Dio può far rinascere l’uomo e aprirlo a nuovi orizzonti.
Dopo una giovinezza spensierata, allorché Francesco d’Assisi incontra il Signore, riceve una grande effusione di Spirito Santo che, stravolgendogli la vita, lo conduce ad uno stile esistenziale completamente nuovo, rovesciato dalla rinascita evangelica.
Il Santo si considerava un pazzo per Cristo, «simplex et idiota»; congiunto a Madonna Povertà, perché assunta da Gesù dall’inizio alla fine della sua vita e fonte di ricchezza divina.
Per opera dello Spirito era un uomo nuovo, davanti al quale vigevano prospettive nude e vitali.
Il mondo, con le sue fisionomie ingannevoli, non lo interessava più ed era attratto unicamente dall’Amore non amato.
Anche lui come Pietro, se non con le parole con i fatti, ebbe a ripetere al Salvatore nostro:
«Gesù da chi andrò, da chi andremo?! Tu solo hai parole che non passano!».
Ma a tutto questo fungono da supporto alcuni passaggi delle Fonti francescane:
"Un’altra volta, trovandosi a Roma in casa di un cardinale, fu interrogato su alcuni passi oscuri, ed espose con tanta chiarezza quei concetti profondi, da far pensare che fosse sempre vissuto in mezzo alle Scritture.
Perciò il signor cardinale gli disse:
«Io non ti interrogo come letterato, ma come uomo che ha lo Spirito di Dio.
E per questo accetto volentieri il senso della tua risposta, perché so che proviene da Dio solo» (FF 691).
E ancora il Celàno, nella Vita Prima:
“Uomini e donne, chierici e religiosi accorrevano a gara a vedere e a sentire il Santo di Dio, che appariva a tutti come un uomo di un altro mondo.
Persone di ogni età e sesso venivano sollecite ad ammirare le meraviglie che il Signore di nuovo compiva nel mondo per mezzo del suo servo.
A motivo della presenza o anche della sola fama di San Francesco, sembrava davvero che una nuova luce fosse stata mandata in quel tempo dal cielo a dissipare le caliginose tenebre, che avevano invaso la terra» (FF 383).
Lo stesso Francesco, nella Regola Bollata (1223), esorta i suoi così:
«Ciò che devono desiderare sopra ogni cosa è di avere lo Spirito del Signore e la sua Santa operazione, di pregarlo sempre con cuore puro e di avere umiltà, pazienza nella persecuzione e nella infermità» (FF 104).
«È lo Spirito che vivifica, la carne non giova a nulla. Le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita» (Gv 6,63)