Nov 2, 2024 Scritto da 

Emarginazione, Incontro, gratitudine e tripudio. Non spegnere lo Spirito

Vorrei soffermarmi oggi sulla preghiera di ringraziamento. E prendo lo spunto da un episodio riportato dall’evangelista Luca. Mentre Gesù è in cammino, gli vengono incontro dieci lebbrosi, che implorano: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!” (17,13). Sappiamo che, per i malati di lebbra, alla sofferenza fisica si univa l’emarginazione sociale e l’emarginazione religiosa. Erano emarginati. Gesù non si sottrae all’incontro con loro. A volte va oltre i limiti imposti dalle leggi e tocca il malato - che non si poteva fare - lo abbraccia, lo guarisce. In questo caso non c’è contatto. A distanza, Gesù li invita a presentarsi ai sacerdoti (v. 14), i quali erano incaricati, secondo la legge, di certificare l’avvenuta guarigione. Gesù non dice altro. Ha ascoltato la loro preghiera, ha ascoltato il loro grido di pietà, e li manda subito dai sacerdoti.

Quei dieci si fidano, non rimangono lì fino al momento di essere guariti, no: si fidano e vanno subito, e mentre stanno andando guariscono tutti e dieci. I sacerdoti avrebbero dunque potuto constatare la loro guarigione e riammetterli alla vita normale. Ma qui viene il punto più importante: di quel gruppo, solo uno, prima di andare dai sacerdoti, torna indietro a ringraziare Gesù e a lodare Dio per la grazia ricevuta. Solo uno, gli altri nove continuano la strada. E Gesù nota che quell’uomo era un samaritano, una specie di “eretico” per i giudei del tempo. Gesù commenta: «Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?» (17,18). E’ toccante il racconto!

Questo racconto, per così dire, divide il mondo in due: chi non ringrazia e chi ringrazia; chi prende tutto come gli fosse dovuto, e chi accoglie tutto come dono, come grazia. Il Catechismo scrive: «Ogni avvenimento e ogni necessità può diventare motivo di ringraziamento» (n. 2638). La preghiera di ringraziamento comincia sempre da qui: dal riconoscersi preceduti dalla grazia. Siamo stati pensati prima che imparassimo a pensare; siamo stati amati prima che imparassimo ad amare; siamo stati desiderati prima che nel nostro cuore spuntasse un desiderio. Se guardiamo la vita così, allora il “grazie” diventa il motivo conduttore delle nostre giornate. Tante volte dimentichiamo pure di dire “grazie”.

Per noi cristiani il rendimento di grazie ha dato il nome al Sacramento più essenziale che ci sia: l’Eucaristia. La parola greca, infatti, significa proprio questo: ringraziamento. I cristiani, come tutti i credenti, benedicono Dio per il dono della vita. Vivere è anzitutto aver ricevuto la vita. Tutti nasciamo perché qualcuno ha desiderato per noi la vita. E questo è solo il primo di una lunga serie di debiti che contraiamo vivendo. Debiti di riconoscenza. Nella nostra esistenza, più di una persona ci ha guardato con occhi puri, gratuitamente. Spesso si tratta di educatori, catechisti, persone che hanno svolto il loro ruolo oltre la misura richiesta dal dovere. E hanno fatto sorgere in noi la gratitudine. Anche l’amicizia è un dono di cui essere sempre grati.

Questo “grazie” che dobbiamo dire continuamente, questo grazie che il cristiano condivide con tutti, si dilata nell’incontro con Gesù. I Vangeli attestano che il passaggio di Gesù suscitava spesso gioia e lode a Dio in coloro che lo incontravano. I racconti del Natale sono popolati di oranti con il cuore allargato per la venuta del Salvatore. E anche noi siamo stati chiamati a partecipare a questo immenso tripudio. Lo suggerisce anche l’episodio dei dieci lebbrosi guariti. Naturalmente tutti erano felici per aver recuperato la salute, potendo così uscire da quella interminabile quarantena forzata che li escludeva dalla comunità. Ma tra loro ce n’è uno che a gioia aggiunge gioia: oltre alla guarigione, si rallegra per l’avvenuto incontro con Gesù. Non solo è liberato dal male, ma possiede ora anche la certezza di essere amato. Questo è il nocciolo: quando tu ringrazi, esprimi la certezza di essere amato. E questo è un passo grande: avere la certezza di essere amato. È la scoperta dell’amore come forza che regge il mondo. Dante direbbe: l’Amore «che move il sole e l’altre stelle” (Paradiso, XXXIII, 145). Non siamo più viandanti errabondi che vagano qua e là, no: abbiamo una casa, dimoriamo in Cristo, e da questa “dimora” contempliamo tutto il resto del mondo, ed esso ci appare infinitamente più bello. Siamo figli dell’amore, siamo fratelli dell’amore. Siamo uomini e donne di grazia.

Dunque, fratelli e sorelle, cerchiamo di stare sempre nella gioia dell’incontro con Gesù. Coltiviamo l’allegrezza. Invece il demonio, dopo averci illusi - con qualsiasi tentazione - ci lascia sempre tristi e soli. Se siamo in Cristo, nessun peccato e nessuna minaccia ci potranno mai impedire di continuare con letizia il cammino, insieme a tanti compagni di strada.

Soprattutto, non tralasciamo di ringraziare: se siamo portatori di gratitudine, anche il mondo diventa migliore, magari anche solo di poco, ma è ciò che basta per trasmettergli un po’ di speranza. Il mondo ha bisogno di speranza e con la gratitudine, con questo atteggiamento di dire grazie, noi trasmettiamo un po’ di speranza. Tutto è unito, tutto è legato e ciascuno può fare la sua parte là dove si trova. La strada della felicità è quella che San Paolo ha descritto alla fine di una delle sue lettere: «Pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito» (1 Ts 5,17-19). No spegnere lo Spirito, bel programma di vita! Non spegnere lo Spirito che abbiamo dentro ci porta alla gratitudine.

[Papa Francesco, Udienza Generale 30 dicembre 2020]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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Our shortages make us attentive, and unique. They should not be despised, but assumed and dynamized in communion - with recoveries that renew relationships. Falls are therefore also a precious signal: perhaps we are not using and investing our resources in the best possible way. So the collapses can quickly turn into (different) climbs even for those who have no self-esteem
Le nostre carenze ci rendono attenti, e unici. Non vanno disprezzate, ma assunte e dinamizzate in comunione - con recuperi che rinnovano i rapporti. Anche le cadute sono dunque un segnale prezioso: forse non stiamo utilizzando e investendo al meglio le nostre risorse. Così i crolli si possono trasformare rapidamente in risalite (differenti) anche per chi non ha stima di sé
God is Relationship simple: He demythologizes the idol of greatness. The Eternal is no longer the master of creation - He who manifested himself strong and peremptory; in his action, again in the Old Covenant illustrated through nature’s irrepressible powers
Dio è Relazione semplice: demitizza l’idolo della grandezza. L’Eterno non è più il padrone del creato - Colui che si manifestava forte e perentorio; nella sua azione, ancora nel Patto antico illustrato attraverso le potenze incontenibili della natura
Starting from his simple experience, the centurion understands the "remote" value of the Word and the magnet effect of personal Faith. The divine Face is already within things, and the Beatitudes do not create exclusions: they advocate a deeper adhesion, and (at the same time) a less strong manifestation
Partendo dalla sua semplice esperienza, il centurione comprende il valore “a distanza” della Parola e l’effetto-calamita della Fede personale. Il Cospetto divino è già dentro le cose, e le Beatitudini non creano esclusioni: caldeggiano un’adesione più profonda, e (insieme) una manifestazione meno forte
What kind of Coming is it? A shortcut or an act of power to equalize our stormy waves? The missionaries are animated by this certainty: the best stability is instability: that "roar of the sea and the waves" Coming, where no wave resembles the others.
Che tipo di Venuta è? Una scorciatoia o un atto di potenza che pareggi le nostre onde in tempesta? I missionari sono animati da questa certezza: la migliore stabilità è l’instabilità: quel «fragore del mare e dei flutti» che Viene, dove nessuna onda somiglia alle altre.
The words of his call are entrusted to our apostolic ministry and we must make them heard, like the other words of the Gospel, "to the end of the earth" (Acts 1:8). It is Christ's will that we would make them heard. The People of God have a right to hear them from us [Pope John Paul II]
Queste parole di chiamata sono affidate al nostro ministero apostolico e noi dobbiamo farle ascoltare, come le altre parole del Vangelo, «fino agli estremi confini della terra» (At 1, 8). E' volontà di Cristo che le facciamo ascoltare. Il Popolo di Dio ha diritto di ascoltarle da noi [Papa Giovanni Paolo II]
"In aeternum, Domine, verbum tuum constitutum est in caelo... firmasti terram, et permanet". This refers to the solidity of the Word. It is solid, it is the true reality on which one must base one's life (Pope Benedict)
«In aeternum, Domine, verbum tuum constitutum est in caelo... firmasti terram, et permanet». Si parla della solidità della Parola. Essa è solida, è la vera realtà sulla quale basare la propria vita (Papa Benedetto)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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