In questo mercoledì delle Ceneri la liturgia pone alla nostra riflessione tre punti cardini del periodo quaresimale che inizia.
L’indice è puntato sulla carità discreta, sulla preghiera nel nascondimento, sul digiuno dal peccato unito a quello corporale, attestato da un volto gioioso.
Il Povero di Assisi, dopo la sua iniziale conversione, non cessava mai di meditare i quaranta giorni di Gesù nel deserto, prima della sua vita pubblica e, costantemente, pensava alla Pasqua dell’Agnello immolato per la nostra redenzione.
Francesco visse tutta la sua esistenza secondo uno stile penitenziale, senza mai che la forma dominasse sulla sostanza; attuando la Parola in un saggio equilibrio umano e spirituale, sinonimo di statura interiore.
Era duro con se stesso, ma tenero e compassionevole con i frati che eccedevano in digiuni debilitanti.
Nelle Fonti leggiamo:
"Francesco muoveva rimproveri ai suoi fratelli troppi duri verso se stessi, e che arrivavano allo sfinimento a forza di veglie, digiuni, orazioni e penitenze corporali.
Certuni infatti, per reprimere l’ardore dei sensi, si infliggevano tormenti così crudeli, da sembrare animati da suicidio.
L’uomo di Dio vietava simili eccessi, ammonendo quei fratelli con amorevolezza e richiamandoli al buonsenso, curando le loro ferite con la medicina di sagge istruzioni" (FF 1470).
Continuamente portava nella memoria la Passione di Cristo e si richiamava a mortificazione.
"Se stava a mensa con persone del mondo e gli offrivano cibi di suo gusto, li assaggiava appena, adducendo qualche scusa, affinché non si accorgessero che se ne privava per penitenza.
E mangiando con i fratelli, metteva spesso cenere sugli alimenti, dicendo, per dissimulare la sua astinenza: «Sorella cenere è casta!»" (FF 1414).
Ma altresì, per amore verso i frati, sapeva farsi uno con le loro necessità e debolezze.
“Benché, poi, con tutte le sue forze stimolasse i frati ad una vita austera, pure non amava quella severità intransigente che non riveste viscere di pietà e non è condita con il sale della discrezione.
Un frate, a causa dei digiuni eccessivi, una notte non riusciva assolutamente a dormire, tormentato come era dalla fame. Comprendendo il pietoso pastore che la sua pecorella si trovava in pericolo, chiamò il frate, gli mise davanti un po’ di pane e, per evitargli il rossore, incominciò a mangiare lui per primo, mentre con dolcezza invitava l’altro a mangiare" (FF 1095).
Così il fratello scacciò la vergogna e contento prese cibo.
La vigilanza e condiscendenza di Francesco avevano evitato il danno del corpo al frate, offrendogli motivo di grande edificazione.
Al mattino, spiegando l’accaduto ai suoi figli, disse loro:
«A voi fratelli, sia di esempio non il cibo, ma la carità» (FF 1095).
Il Minimo era animato da un forte senso contemplativo.
Il Celano, nella Vita seconda, c’informa:
"Non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente" (FF 681).
Cercava sempre spazi appartati dove potersi unire a Cristo.
"E se all’improvviso si sentiva visitato dal Signore, per non rimanere senza cella, se ne faceva una piccola col mantello.
E se a volte era privo di questo, ricopriva il volto con la manica, per non svelare la manna nascosta" (FF 681).
«Quando preghi, entra nella tua camera, e chiusa la tua porta [Is 26,20; 2Re 4,33] prega il Padre tuo, che [è] nel segreto» (Mt 6,6).
Quella conversione, che iniziò per il Poverello quando smise di adorare se stesso (come dicono le Fonti), durò tutta la vita, stemperandosi nelle tre direzioni descritte e suggerite dal Vangelo.
«Ma quando tu fai l’elemosina non sappia la tua sinistra quello che fa la tua destra, affinché la tua elemosina sia nel segreto, e il Padre tuo che guarda nel segreto te [lo] renderà» (Mt 6,3-4)
Mercoledì delle Ceneri (Mt 6,1-6.16-18)