Il Vangelo alza lo sguardo sui ciechi guide di ciechi [con esiti nefasti] e su chi pretende di togliere la pagliuzza dall’occhio del fratello dimenticando la trave che dimora in lui.
Francesco aveva in abominio qualsiasi giudizio nei confronti dei fratelli, poiché riteneva che ogni altezzosa espressione rivolta loro era, praticamente, indirizzata a Dio stesso.
Chiara raccomandava alle sorelle di guardarsi da giudizi, detrazioni e mormorazioni:
«Si guardino le sorelle […] dalla detrazione e mormorazione» (FF 2809).
In quello scrigno di ricchezze che sono le Fonti troviamo in merito molte narrazioni interessanti.
Nella Regola bollata (1223) scritta da Francesco leggiamo:
«[I frati] li ammonisco, però, e li esorto a non disprezzare e a non giudicare gli uomini che vedono vestiti di abiti molli e colorati ed usare cibi e bevande delicate, ma piuttosto ciascuno giudichi e disprezzi se stesso» (FF 81).
E nella Lettera ai Fedeli continua:
«Coloro poi che hanno ricevuto l’autorità di giudicare gli altri, esercitino il giudizio con misericordia, così come essi stessi vogliono ottenere misericordia dal Signore: infatti il giudizio sarà senza Misericordia per coloro che non hanno usato Misericordia» (FF 191).
Agli stessi frati:
“Se talora accadeva che a un fratello sfuggisse una parola capace di ferire, il rimorso di coscienza non gli lasciava aver pace, finché non confessava il suo sbaglio, gettandosi a terra umilmente e pregando l’offeso a mettergli un piede sulla bocca […]
I frati s’impegnavano a scacciare qualunque rancore e incompatibilità, e a conservare intatto l’amore scambievole” (FF 1449).
Dunque metro di misura di ogni pensiero ed espressione era il guardare se stessi in onestà davanti a Dio, lasciando a Lui lo sguardo sugli altri.
«Può forse un cieco guidare un [altro] cieco? […]
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello ma la trave nel proprio occhio non osservi?» (Lc 6,39a.41).
Venerdì della 23.a sett. T.O. (Lc 6,39-42)