Ott 22, 2023 Scritto da 

XXX Domenica T.O. (anno A)

Mt 22,34-40

Matteo 22:34 Allora i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme

Matteo 22:35 e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova:

Matteo 22:36 «Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?».

Matteo 22:37 Gli rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.

Matteo 22:38 Questo è il più grande e il primo dei comandamenti.

Matteo 22:39 E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso.

Matteo 22:40 Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

 

Dopo che Gesù ha chiuso la bocca ai sadducei, i farisei si riuniscono insieme, in chiaro segno di ostilità. Anziché interrogarsi e chiedersi perché la loro scienza falliva dinanzi a Gesù, anziché arrendersi e convertirsi al suo insegnamento, vogliono ancora metterlo alla prova, ed è questo lo scopo del riunirsi insieme. Nel loro cuore covano una segreta speranza: ci sarà un punto debole nel suo insegnamento. Prima o poi questo punto debole verrà alla luce e per lui sarà la fine. Mandano da Gesù un dottore della legge, uno che la legge la conosce, per tentarlo.

Per comprendere dove stia l’insidia bisogna ricordare a quale punto è arrivato il confronto fra Gesù e i suoi detrattori. I farisei si sono visti demolire nella sapienza che viene loro dalle Scritture: se pur sono fedeli alla Legge, non sanno intenderla alla luce dello Spirito. I sadducei non hanno avuto maggior fortuna, davanti a Gesù hanno dimostrato la loro stoltezza e una conoscenza della Parola molto superficiale e distorta. E questo spiega la domanda il cui senso è pressappoco questo: “Se dunque noi tutti (farisei e sadducei) siamo in errore perché non abbiamo intelligenza della Legge, allora dicci tu, che la sai più lunga, qual è il più grande comandamento: la cui importanza cioè sia fuori discussione e non lasci spazio a interpretazioni diverse”. Passano la palla a Gesù, perché questa volta sia lui a lanciarla, nella speranza di poter controbattere.

Vi era chi diceva più grande il precetto del Sabato, perché più antico; chi diceva più grande la circoncisione, ecc. La domanda fatta a Gesù si prestava quindi a mille cavilli, e mirava a trascinarlo nelle dispute che dividevano le varie scuole. Infatti, la domanda non è sui comandamenti, ma su quale di essi sia il primo e più grande. Lo scopo è evidente: poiché tanti erano i comandamenti di Dio considerati ugualmente grandi - e qualunque cosa Gesù risponderà, il dottore della legge avrà buon gioco per cavillare che c’è un altro comandamento più grande.

«Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente». Viene riportata la citazione di Deut. 6:5 estrapolata dallo Shemà Israel, la preghiera ebraica per eccellenza, il cuore della fede di Israele, che il pio ebreo recitava due volte al giorno, il mattino e la sera. È il credo di Israele e “shemà” vuol dire “ascolta”. Gesù risponde eliminando “ascolta Israele”, facendo vedere che la sua risposta è valida per tutta l’umanità, estendendo anche il concetto di prossimo ad ogni persona umana, al di sopra di ogni razza.

Il verbo “amerai”, inoltre, viene posto all'imperativo futuro, per indicare come l'amore di Dio non solo deve permeare l'uomo nelle profondità del suo essere, ma deve estendersi in tutto l'arco della sua vita.

La risposta di Gesù non ammette replica perché va nel cuore della Legge, tralasciando tutto ciò che è in periferia. Che cosa si può obiettare al primo e più grande comandamento, se non la durezza del proprio cuore? Il problema non è più quello di comprendere la Parola, ma di accoglierla. Che senso hanno tutte le vostre disquisizioni sulla Legge se non avete dato a Dio tutto il vostro essere?

Questo comandamento è indicato non solo come “il più grande” ma anche come “il primo”. Questa sottolineatura serve a dire che c'è anche un “secondo”, stabilendo una scala d'importanza e la dipendenza del secondo dal primo, essendo il primo il fondamento di ogni altro comandamento.

L’errore di molti, oggi, è nell’aver abolito il primo comandamento, pensando erroneamente che sia sufficiente un poco di solidarietà sociale per essere a posto in questione di amore.

«E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso». I due comandamenti sono tra loro agganciati, ma nella Legge sono collocati in libri diversi, in Dt 6,5 il primo e in Lv 18,19 il secondo; qui, in Matteo vengono non solo fatti incontrare per la prima volta, ma anche intrecciati tra loro e fatti dipendere l'uno dall'altro in una sorta di reciprocità, per cui violarne uno, porta inevitabilmente a violare anche l'altro.

Ora si passa dal verticale all'orizzontale. Anche qui il tempo del verbo è posto al futuro, proiettando in tal modo l'impegno dell'uomo sull'intero arco della sua vita. La responsabilità verso l'altro passa attraverso se stessi; parametro di raffronto non è Dio, ma se stessi (“amerai... come te stesso”). Il punto su cui lavorare, dunque, è “te stesso”. È necessario, pertanto, imparare ad amare, a rispettare e ad accettare se stessi per poter amare e rispettare gli altri.

L'amore è un comandamento: “co-mandare” vuol dire “mandare insieme” e Dio ci manda insieme a Lui ad amare, quindi ci co-manda ad amare come ama Lui. L'insegnamento di Gesù è originale per la connessione che stabilisce tra i due precetti. L'amore verso Dio deve esprimersi concretamente nell'amore verso il prossimo, che non va però identificato soltanto nel connazionale, bensì in ogni uomo.

Prossimo è colui che ci sta vicino, e chi è più vicino di Gesù? Perché mi ponete domande con l’odio nel cuore, quando la Legge vi prescrive di amare il prossimo? Come siete falsi con Dio, così siete falsi con l’uomo. Se sono Dio dovete amarmi come Dio, se sono uomo, dovete amarmi come prossimo. Chi non ama Dio non ama neanche il prossimo e chi non ama il prossimo non ama neppure Dio. Chi ama il Padre ama anche il Figlio che si è fatto uomo e chi ama il Figlio ama anche il Padre che è nei cieli.  

 

 Argentino Quintavalle, autore dei libri 

- Apocalisse commento esegetico 

- L'Apostolo Paolo e i giudaizzanti – Legge o Vangelo?

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534 Ultima modifica il Lunedì, 23 Ottobre 2023 20:09
Argentino Quintavalle

Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.

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I trust in the witness of those families that draw their energy from the sacrament of marriage; with them it becomes possible to overcome the trial that befalls them, to be able to forgive an offence, to accept a suffering child, to illumine the life of the other, even if he or she is weak or disabled, through the beauty of love. It is on the basis of families such as these that the fabric of society must be restored (Pope Benedict)
Ho fiducia nella testimonianza di quelle famiglie che traggono la loro energia dal sacramento del matrimonio; con esse diviene possibile superare la prova che si presenta, saper perdonare un'offesa, accogliere un figlio che soffre, illuminare la vita dell'altro, anche se debole e disabile, mediante la bellezza dell'amore. È a partire da tali famiglie che si deve ristabilire il tessuto della società (Papa Benedetto)
St Louis IX, King of France put into practice what is written in the Book of Sirach: "The greater you are, the more you must humble yourself; so you will find favour in the sight of the Lord" (3: 18). This is what the King wrote in his "Spiritual Testament to his son": "If the Lord grant you some prosperity, not only must you humbly thank him but take care not to become worse by boasting or in any other way, make sure, that is, that you do not come into conflict with God or offend him with his own gifts" (cf. Acta Sanctorum Augusti 5 [1868], 546) [Pope Benedict]
San Luigi IX, re di Francia […] ha messo in pratica ciò che è scritto nel Libro del Siracide: "Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore" (3,18). Così egli scriveva nel suo "Testamento spirituale al figlio": "Se il Signore ti darà qualche prosperità, non solo lo dovrai umilmente ringraziare, ma bada bene a non diventare peggiore per vanagloria o in qualunque altro modo, bada cioè a non entrare in contrasto con Dio o offenderlo con i suoi doni stessi" (Acta Sanctorum Augusti 5 [1868], 546) [Papa Benedetto]
The temptation is to be “closed off”. The disciples would like to hinder a good deed simply because it is performed by someone who does not belong to their group. They think they have the “exclusive right over Jesus”, and that they are the only ones authorised to work for the Kingdom of God. But this way, they end up feeling that they are privileged and consider others as outsiders, to the extent of becoming hostile towards them (Pope Francis)
La tentazione è quella della chiusura. I discepoli vorrebbero impedire un’opera di bene solo perché chi l’ha compiuta non apparteneva al loro gruppo. Pensano di avere “l’esclusiva su Gesù” e di essere gli unici autorizzati a lavorare per il Regno di Dio. Ma così finiscono per sentirsi prediletti e considerano gli altri come estranei, fino a diventare ostili nei loro confronti (Papa Francesco)
“If any one would be first, he must be last of all and servant of all” (Mk 9:35) […] To preside at the Lord’s Supper is, therefore, an urgent invitation to offer oneself in gift, so that the attitude of the Suffering Servant and Lord may continue and grow in the Church (Papa Giovanni Paolo II)
"Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti" (Mc 9, 35) […] Presiedere la Cena del Signore è, pertanto, invito pressante ad offrirsi in dono, perché permanga e cresca nella Chiesa l'atteggiamento del Servo sofferente e Signore (Papa Giovanni Paolo II)
Miracles still exist today. But to allow the Lord to carry them out there is a need for courageous prayer, capable of overcoming that "something of unbelief" that dwells in the heart of every man, even if he is a man of faith. Prayer must "put flesh on the fire", that is, involve our person and commit our whole life, to overcome unbelief (Pope Francis)

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don Giuseppe Nespeca

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