Ott 16, 2023 Scritto da 

XXIX Domenica T.O. (anno A)

Mt 22,15-21

Matteo 22:15 Allora i farisei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi.

Matteo 22:16 Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno.

Matteo 22:17 Dicci dunque il tuo parere: È lecito o no pagare il tributo a Cesare?».

Matteo 22:18 Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché mi tentate?

Matteo 22:19 Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro.

Matteo 22:20 Egli domandò loro: «Di chi è questa immagine e l'iscrizione?».

Matteo 22:21 Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

 

I farisei “tennero consiglio”, si mettono a studiare insieme la via attraverso la quale poter sconfiggere Gesù. Il male sa coalizzarsi, sa studiare, sa architettare. Si radunano e vogliono impostare bene la loro strategia per cogliere Gesù in fallo nei suoi discorsi, perché la forza di Gesù sta nel suo insegnamento che attira e entusiasma la gente. Ma la tensione è alta, meglio inviare i propri discepoli insieme agli erodiani. Meglio mandare altri e fuggire il confronto diretto: nessuno può parlare con Gesù e sottrarsi al suo sguardo. Vogliono sapere da Gesù ma non cercare il suo volto.

Per bocca di farisei ed erodiani, vengono attribuiti a Gesù dei tratti che riflettono la sua personalità e il modo di condurre la sua missione. Egli è definito come maestro, che insegna la via di Dio con verità e fermezza, senza riguardo per nessuno. È il più bello elogio che c'è nel Vangelo fatto a Gesù, ed è fatto dai suoi nemici. Tuttavia, l'elogio serve come esca per la trappola, affinché Gesù non se la cavi a buon mercato: tu “sei veritiero” conosci la “verità” e la dici senza guardare in faccia nessuno, quindi non te la puoi cavere dicendo: non so, oppure dicendo una mezza verità per salvare la faccia, non puoi svicolare nella risposta. Dunque l'elogio serve per incastrarlo, perché sospinto dall'aut aut della domanda, la risposta data avrebbe assunto un peso politico e teologico molto rilevante, da cui egli non poteva più sottrarsi e che lo condannava senza scampo.

La questione posta era semplice, ma nello stesso tempo molto complicata, proprio per la sua formulazione di “aut, aut”: “è lecito o no pagare dare il tributo a Cesare?”. Non dicono: Gesù, maestro, dacci un parere. Sono molto più acuti, “è lecito”, vogliono portare la questione sul campo religioso, alla luce della Legge. Un figlio di Abramo, cui il Signore ha dato la Terra promessa in eredità, può essere suddito del romano invasore pagandogli anche il tributo? Un figlio di Abramo si deve sottomettere a questa ingiustizia, oppure si può ribellare? Cosa deve fare? Poiché tu, Gesù, conosci e insegni la verità secondo Dio, cosa vuole Dio: che paghiamo il tributo o che non lo paghiamo? Che ci ribelliamo o che ci sottomettiamo?

Il tentativo era chiaro: coinvolgere Gesù in uno dei due schieramenti pro o contro Roma. È una vera trappola perché ogni risposta sarebbe stata motivo di accusa: o presso gli Israeliti, o presso l'invasore romano. Avrebbero potuto accusare Gesù come collaborazionista dei Romani in caso di affermazione, ma anche di ribellione all’autorità imperiale nel caso di negazione. Per questo era stata posta la domanda: per non dare a Gesù nessuna via di fuga. «Ipocriti, perché mi tentate?». Usano la verità per secondi fini. Qui sta l'ipocrisia.

Dove circola una moneta vuol dire che è riconosciuto il dominio di colui che ha battuto moneta, quindi loro implicitamente riconoscono il dominio perché hanno la moneta. Gesù per sé no, perché non ce l’ha. E sulla moneta del tributo, che è un denaro, c'era un'immagine e una iscrizione. L'immagine da una parte è di Tiberio Cesare, dall'altra di sua madre; lui è rappresentato come Giove, e la madre come Giunone, e l'iscrizione è: ‘il divino Tiberio Cesare figlio del divino Augusto’ da una parte, e ‘pontefice massimo’ dall'altra.

Nell’area del tempio non poteva entrare nulla di pagano, perché era un’offesa alla solennità del luogo. Questo per loro non è un problema; quando si tratta del dio mammona chiudono tutti e due gli occhi e non si fanno scrupolo ad avere nell’area sacra del tempio le tasche piene di monete pagane. A quell’epoca si diceva che l’influsso di un imperatore arrivava dove arrivavano le sue monete. Se giravano nel tempio di Gerusalemme, vuol dire che il vero signore del tempio non è Dio, ma mammona. Gesù li smaschera nella loro malvagità; si dicono ossequiosi di Dio, ma in fondo il loro signore è soltanto il dio denaro.

«Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». La diatriba è chiusa. Gesù non ha risposto che bisogna pagare, dice “rendete”, cioè questo non vi appartiene, rimandatelo indietro, restituite all’imperatore il suo denaro. Il denaro è di Cesare e si deve dare a Cesare. L’uomo però non è di Cesare. L’uomo è di Dio. È Dio che ha fatto l’uomo. È Lui che ha posto nell'uomo la sua immagine e la sua iscrizione. Come si dà l’uomo a Dio? Donandosi alla sua volontà, ai suoi comandamenti, alla sua parola. Consegnandosi all’obbedienza di ogni parola che esce dalla sua bocca.

Il bello dell'insegnamento è che possiamo dare a Dio ciò che è di Dio, in qualunque situazione; abbiamo sempre questa libertà qualunque sia la situazione. Fosse anche in prigione, ciascuno ha la libertà di dare a Dio ciò che è di Dio, cioè il mio essere figlio e l’essere fratello degli altri; questo è possibile in ogni momento.

La risposta di Gesù all'apparenza sembra voglia distinguere le due aree di potere: quello umano e quello divino, da non mischiarsi insieme. La risposta, in realtà, è molto acuta - sia perché introduce all'interno della discussione un elemento nuovo e inaspettato, “Dio”, con cui ora i suoi avversari sono costretti a fare i conti, e sia perché la distinzione e la divisione delle competenze di Cesare e quelle di Dio sono solo apparenti. Che cosa appartiene, infatti a Cesare? Di certo la moneta, il potere, gli eserciti, l'impero; ma che cosa appartiene a Dio? Tutto, anche Cesare. La risposta di Gesù, dunque, è l'affermazione della supremazia di Dio su tutto, come fonte, origine da cui discende ogni cosa e a cui tutto appartiene, poiché “In principio Dio creò il cielo e la terra”.  

 

 

 Argentino Quintavalle, autore dei libri 

- Apocalisse commento esegetico 

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Argentino Quintavalle

Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.

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The Fathers made a very significant commentary on this singular task. This is what they say: for a fish, created for water, it is fatal to be taken out of the sea, to be removed from its vital element to serve as human food. But in the mission of a fisher of men, the reverse is true. We are living in alienation, in the salt waters of suffering and death; in a sea of darkness without light. The net of the Gospel pulls us out of the waters of death and brings us into the splendour of God’s light, into true life (Pope Benedict)
I Padri […] dicono così: per il pesce, creato per l’acqua, è mortale essere tirato fuori dal mare. Esso viene sottratto al suo elemento vitale per servire di nutrimento all’uomo. Ma nella missione del pescatore di uomini avviene il contrario. Noi uomini viviamo alienati, nelle acque salate della sofferenza e della morte; in un mare di oscurità senza luce. La rete del Vangelo ci tira fuori dalle acque della morte e ci porta nello splendore della luce di Dio, nella vera vita (Papa Benedetto)
We may ask ourselves: who is a witness? A witness is a person who has seen, who recalls and tells. See, recall and tell: these are three verbs which describe the identity and mission (Pope Francis, Regina Coeli April 19, 2015)
Possiamo domandarci: ma chi è il testimone? Il testimone è uno che ha visto, che ricorda e racconta. Vedere, ricordare e raccontare sono i tre verbi che ne descrivono l’identità e la missione (Papa Francesco, Regina Coeli 19 aprile 2015)
There is the path of those who, like those two on the outbound journey, allow themselves to be paralysed by life’s disappointments and proceed sadly; and there is the path of those who do not put themselves and their problems first, but rather Jesus who visits us, and the brothers who await his visit (Pope Francis)
C’è la via di chi, come quei due all’andata, si lascia paralizzare dalle delusioni della vita e va avanti triste; e c’è la via di chi non mette al primo posto se stesso e i suoi problemi, ma Gesù che ci visita, e i fratelli che attendono la sua visita (Papa Francesco)
So that Christians may properly carry out this mandate entrusted to them, it is indispensable that they have a personal encounter with Christ, crucified and risen, and let the power of his love transform them. When this happens, sadness changes to joy and fear gives way to missionary enthusiasm (John Paul II)
Perché i cristiani possano compiere appieno questo mandato loro affidato, è indispensabile che incontrino personalmente il Crocifisso risorto, e si lascino trasformare dalla potenza del suo amore. Quando questo avviene, la tristezza si muta in gioia, il timore cede il passo all’ardore missionario (Giovanni Paolo II)
This is the message that Christians are called to spread to the very ends of the earth. The Christian faith, as we know, is not born from the acceptance of a doctrine but from an encounter with a Person (Pope Benedict))
È questo il messaggio che i cristiani sono chiamati a diffondere sino agli estremi confini del mondo. La fede cristiana come sappiamo nasce non dall'accoglienza di una dottrina, ma dall'incontro con una Persona (Papa Benedetto)
From ancient times the liturgy of Easter day has begun with the words: Resurrexi et adhuc tecum sum – I arose, and am still with you; you have set your hand upon me. The liturgy sees these as the first words spoken by the Son to the Father after his resurrection, after his return from the night of death into the world of the living. The hand of the Father upheld him even on that night, and thus he could rise again (Pope Benedict)

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don Giuseppe Nespeca

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