Ott 1, 2023 Scritto da 

XXVII Domenica T.O. (anno A)

Mt 21,33-43

Matteo 21:33 Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò.

Matteo 21:34 Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto.

Matteo 21:35 Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono.

Matteo 21:36 Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo.

Matteo 21:37 Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio!

Matteo 21:38 Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità.

Matteo 21:39 E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero.

Matteo 21:40 Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?».

Matteo 21:41 Gli rispondono: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo».

Matteo 21:42 E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:

La pietra che i costruttori hanno scartata

è diventata testata d'angolo;

dal Signore è stato fatto questo

ed è mirabile agli occhi nostri?

Matteo 21:43 Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare.

 

Gesù non mostra alcuna soggezione verso le massime autorità religiose del suo tempo. Si rivolge a loro in maniera imperativa: “ascoltate”, non è un invito, ma un comando.

Gesù prende come modello per la parabola “Il Canto della Vigna”, un brano bellissimo del profeta Isaia, riportando gli ascoltatori alle origini di Israele. Il “padrone”, è metafora di Dio, il Signore della casa di Israele. Questo padrone piantò una vigna. Il piantare parla di origine, di inizio, l'origine di Israele, proprietà di Dio. La siepe, nel linguaggio metaforico biblico, esprime la protezione divina. Similmente la torre posta in mezzo alla vigna richiama da vicino Dio stesso, posto in mezzo al suo popolo, e il suo Tempio santo, punto d'incontro tra cielo e terra; mentre la presenza del frantoio all'interno della vigna richiama il castigo di Dio per le infedeltà del popolo. Il verso ci dice che la vigna è consegnata ai vignaioli, così come Israele fu affidato alle cure dei suoi capi e dei sacerdoti, ai quali è diretta questa parabola.

Verità primaria che dobbiamo mettere in risalto: la vigna è affidata a dei vignaioli. La vita della vigna è in questo affidamento. Ma anche il fallimento è in questo affidamento. Oggi regna una grande eresia: ognuno si pensa non affidato, cioè si pensa libero, solo, senza appartenenza, senza dipendenza. Ognuno si pensa vite senza vignaiolo. Questa eresia è devastante. Rende inutili gli “affidatari” della vigna. L’affidatario deve zappare la vigna, innestarla, potarla, concimarla, recintarla, vendemmiarla, ecc.. Questo lavoro non appartiene alla vigna, appartiene al vignaiolo.

La parabola è chiaramente un atto di accusa contro i capi di Israele. Se nei confronti dei servi i vignaioli malvagi si sono limitati ad eliminarli tout court, togliendosi dei fastidi, di fronte al figlio del padrone sviluppano un pensiero perverso, che in ultima analisi denuncia ciò che effettivamente è accaduto nel giudaismo: “Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità”. L'uccisione del figlio, quindi, è stata finalizzata non tanto a togliersi un fastidio, ma ad appropriarsi dell'eredità e, in ultima analisi, di soppiantare il padrone della vigna mettendosi al suo posto. È quanto era avvenuto nel Paradiso terrestre dove il serpente sospinse Adamo ed Eva a mangiare dell'albero per diventare come Dio e mettersi, quindi, al suo posto. C'è stato, dunque, un tentativo di colpo di stato nei confronti di Dio.

A livello psicologico è come se l'uomo volesse generare se stesso, essere padre di se stesso. Non ci sta bene che la vita ci sia donata: la vita è mia, me la gestisco io. Se è di un altro, in qualche modo devo renderne conto. Questo innesca tutto un processo che ci mette in un atteggiamento di ribellione. 

L’uomo uccide il Figlio di Dio per non dare frutti a Dio. Nel giardino dell’Eden l’uomo aveva deciso di essere come Dio, ora decide di uccidere Dio per non avere alcun Dio sopra di lui. Siamo al punto del non ritorno del peccato. Questo peccato lo può commettere solo l’uomo. Satana, padre di ogni superbia, non può arrivare fino a tanto.

«E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo...?». Gesù è quasi sarcastico. Parla a persone che dalla mattina alla sera stanno con la testa sulla bibbia, e ogni volta che c’è una disputa con loro dice: avete mai letto nelle Scritture? È un monito anche per la comunità cristiana - si può leggere le Scritture senza capirle - e il fatto di stare tutto il giorno con la testa sul testo sacro non significa comprendere.

La pietra scartata dai costruttori (autorità giudaiche) ma diventata testata d'angolo, è un riferimento a Gesù: è il fondamento di una nuova costruzione messianica, riunita attorno a lui, non fatta da mani d'uomo, ma da Dio stesso. I costruttori hanno scartato una pietra, la più importante, che doveva dare la solidità all’edificio, ma sono costruttori assolutamente incompetenti. In altre parole, essi hanno ucciso il Figlio, Gesù Cristo, ma Dio ha fatto sorgere un nuovo edificio, la sua Chiesa, della quale ha costituito Gesù Cristo pietra angolare, che la sorregge e la sostiene.

«Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare». Con queste parole finisce l’Antica Alleanza. Chi vuole appartenere a Dio, deve entrare nella Nuova Alleanza, stabilita nel sangue di Gesù Cristo. Chi si rifiuta di entrare nella Nuova alleanza si esclude dal regno di Dio. Non ci sono due regni di Dio: uno che fa riferimento all’Antica Alleanza e uno alla Nuova. L’Antica Alleanza non esiste più. È stata resa nulla dalla Nuova.

 

 

 Argentino Quintavalle, autore dei libri 

- Apocalisse commento esegetico 

- L'Apostolo Paolo e i giudaizzanti – Legge o Vangelo?

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616 Ultima modifica il Lunedì, 02 Ottobre 2023 09:43
Argentino Quintavalle

Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.

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Because of this unique understanding, Jesus can present himself as the One who reveals the Father with a knowledge that is the fruit of an intimate and mysterious reciprocity (John Paul II)
In forza di questa singolare intesa, Gesù può presentarsi come il rivelatore del Padre, con una conoscenza che è frutto di un'intima e misteriosa reciprocità (Giovanni Paolo II)
Yes, all the "miracles, wonders and signs" of Christ are in function of the revelation of him as Messiah, of him as the Son of God: of him who alone has the power to free man from sin and death. Of him who is truly the Savior of the world (John Paul II)
Sì, tutti i “miracoli, prodigi e segni” di Cristo sono in funzione della rivelazione di lui come Messia, di lui come Figlio di Dio: di lui che, solo, ha il potere di liberare l’uomo dal peccato e dalla morte. Di lui che veramente è il Salvatore del mondo (Giovanni Paolo II)
It is known that faith is man's response to the word of divine revelation. The miracle takes place in organic connection with this revealing word of God. It is a "sign" of his presence and of his work, a particularly intense sign (John Paul II)
È noto che la fede è una risposta dell’uomo alla parola della rivelazione divina. Il miracolo avviene in legame organico con questa parola di Dio rivelante. È un “segno” della sua presenza e del suo operare, un segno, si può dire, particolarmente intenso (Giovanni Paolo II)
That was not the only time the father ran. His joy would not be complete without the presence of his other son. He then sets out to find him and invites him to join in the festivities (cf. v. 28). But the older son appeared upset by the homecoming celebration. He found his father’s joy hard to take; he did not acknowledge the return of his brother: “that son of yours”, he calls him (v. 30). For him, his brother was still lost, because he had already lost him in his heart (Pope Francis)
Ma quello non è stato l’unico momento in cui il Padre si è messo a correre. La sua gioia sarebbe incompleta senza la presenza dell’altro figlio. Per questo esce anche incontro a lui per invitarlo a partecipare alla festa (cfr v. 28). Però, sembra proprio che al figlio maggiore non piacessero le feste di benvenuto; non riesce a sopportare la gioia del padre e non riconosce il ritorno di suo fratello: «quel tuo figlio», dice (v. 30). Per lui suo fratello continua ad essere perduto, perché lo aveva ormai perduto nel suo cuore (Papa Francesco)
Doing a good deed almost instinctively gives rise to the desire to be esteemed and admired for the good action, in other words to gain a reward. And on the one hand this closes us in on ourselves and on the other, it brings us out of ourselves because we live oriented to what others think of us or admire in us (Pope Benedict)
Quando si compie qualcosa di buono, quasi istintivamente nasce il desiderio di essere stimati e ammirati per la buona azione, di avere cioè una soddisfazione. E questo, da una parte rinchiude in se stessi, dall’altra porta fuori da se stessi, perché si vive proiettati verso quello che gli altri pensano di noi e ammirano in noi (Papa Benedetto)
Since God has first loved us (cf. 1 Jn 4:10), love is now no longer a mere “command”; it is the response to the gift of love with which God draws near to us [Pope Benedict]
Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4, 10), l'amore adesso non è più solo un « comandamento », ma è la risposta al dono dell'amore, col quale Dio ci viene incontro [Papa Benedetto]

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