Ago 1, 2023 Scritto da 

XX Domenica T.O. (anno A)

Mt 15,21-28

Matteo 15:21 Partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone.

Matteo 15:22 Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio».

Matteo 15:23 Ma egli non le rivolse neppure una parola.

Allora i discepoli gli si accostarono implorando: «Esaudiscila, vedi come ci grida dietro».

Matteo 15:24 Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele».

Matteo 15:25 Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!».

Matteo 15:26 Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini».

Matteo 15:27 «È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».

Matteo 15:28 Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell'istante sua figlia fu guarita.

 

Gesù va verso i territori pagani di Tiro e Sidone, ma senza raggiungerli; la donna Cananea esce dalla sua terra pagana ed entra nel territorio d'Israele, andando incontro a Gesù. Tutti e due si allontanano da qualcosa per creare un nuovo punto d'incontro.

Abbiano a che fare con un episodio dei più difficili del vangelo di Matteo. Notiamo come la Cananea dapprima invoca su di sé la misericordia del Signore (v. 22), riconoscendo in Gesù il Salvatore che viene dalla casa di Davide, poi chiede la liberazione dal demonio per sua figlia. Ma Gesù, dinanzi a questa richiesta, rimane muto. Non una sola parola di risposta. È come se la donna non gli avesse rivolto neppure la parola. Il silenzio mette alla prova. Dal silenzio di Gesù impariamo che non basta chiedere con forza e veemenza, bisogna anche perseverare nella supplica, senza scoraggiarsi e senza demordere. Viene premiata non solo l’intensità della preghiera, ma anche la sua insistenza e persistenza.

La CEI traduce l'espressione greca Apólyson autēn con “Esaudiscila”, ma una traduzione più letterale sarebbe: “Mandala via”. Il verbo, infatti, è composto da apo + lyō che significa sciogliere da, liberarsi da, congedare, mandare via, ripudiare. E ciò è più consono con il contesto. I discepoli si

accostano a Gesù per sollecitarlo a mandarla via. Poi magari potevano anche intendere un mandarla via con il desiderio soddisfatto, ma questo non lo possiamo sapere.

Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele». Gesù sentenzia che è venuto per le pecore perdute della casa di Israele. Questo il Padre gli ha chiesto. Questo Lui fa. Egli è il pastore di Israele. La risposta non è data alla donna, Gesù si rivolge ai discepoli, risponde a loro.

Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!». Ora la donna (chiamata “quella”, un termine un po' dispregiativo) non grida più. Viene dinanzi a Gesù, si prostra dinanzi a Lui e direttamente gli chiede la grazia: da persona a persona, da cuore a cuore. Gliela chiede da madre che ha desiderio per la salvezza della figlia. Ancora prima di dire qualcosa la donna compie un gesto di riconoscimento di Gesù Signore. «Signore, aiutami» è la preghiera più bella che si possa fare, è un’affermazione di fede. Signore, ho bisogno, aiutami. Forse è il succo di ogni vero dialogo col Signore, dettato dalla disperazione, dal dolore dell'impotenza. La donna ha capito una cosa importante: se io mi rivolgo a lui come figlio di Davide, non ho nessuna speranza, mi risponde che è venuto per le pecore perdute della casa di Israele, la sua missione si limita alla terra di Israele. La donna intuisce che bisogna riconoscere in lui l'inviato da Dio e in quanto inviato da Dio deve darle aiuto. Ora Gesù le deve pur dare una risposta. Non può trincerarsi né nella sua missione, né nel suo silenzio.

Gesù risponde alla supplica della madre dicendo che non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini. Gesù paragona quanti non sono popolo di Dio a dei cagnolini che stanno nella casa. In questa casa ci sono i figli e ci sono i cagnolini. Sono i figli che devono essere sfamati. Ai cagnolini non si può dare di certo il pane riservato ai figli. Cane, cagnolini, erano termini ingiuriosi per indicare pagani e avversari. Trattare qualcuno come un cane significava considerarlo escluso dal regno di Dio. Non c’è nessuna uguaglianza tra figli e cani, cioè i pagani. Il pane è soltanto per quelli che fanno parte dell’Alleanza. Questa era la tradizione di quel tempo. Che il diminutivo cagnolini possa essere un affettuoso riferimento ai cani in quanto animali domestici da compagnia, non solo si rifà al moderno sentimentalismo occidentale, ma si scontra con la mancanza, nel  giudaismo, di una qualsiasi simile concezione.

«È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Noi forse ci scandalizziamo del comportamento di Gesù, ma la donna dice che è vero, accetta la diagnosi di Gesù di non essere una figlia di Israele, di non aver alcun diritto a che Gesù la esaudisca. Però questa donna dice una verità che Gesù non può controbattere: È vero che nella casa ci sono i figli e ci sono i cagnolini e non si può prendere il pane dei figli per darlo ai cagnolini, ma è altrettanto vero che nessuno raccoglie da terra una briciola caduta ai figli. Questa briciola la si lascia per i cagnolini. Gesù può lasciare che la donna raccolga una di queste briciole. I figli non perdono niente. I cagnolini si sfamano. Nessuno fa opera contraria alla missione ricevuta. Gesù le può fare la grazia. La sua obbedienza al Padre rimane intatta.

L'evangelista presenta il crescere in statura della Cananea, che  ha incominciato con: abbi pietà di me figlio di Davide. Ha capito che così non poteva ottenere nulla e si rivolgerà a Gesù, dicendo: Signore, aiutami. Ma poi dice: è vero, Signore, cioè sono d’accordo, Signore. La donna si affida alla

compassione di Gesù, poiché non si nega a nessuno una briciola; se lei è solo un “cane”, che almeno le sia dato quello che spetta ai cani!

L'amore fa superare le barriere religiose, i pregiudizi razziali. La salvezza non è condizionata dall’appartenenza a un popolo - le pecore perdute della casa d’Israele - ma verrà garantita dall’accoglienza che si fa a Gesù, come ha fatto la donna Cananea. Gesù ne prova un senso di ammirazione. Questa donna con la sua grande fede vince Gesù. Ma dobbiamo anche dire che Gesù si lascia vincere dalla fede di questa donna. Sempre, nella Sacra Scrittura, Dio si lascia vincere dalla fede. Del resto, se Gesù decide di ritirarsi verso un paese pagano, era per far capire che la salvezza sarebbe stata portata anche ai pagani.

La fede della donna è grande perché è piena di intelligenza, tenacia, umiltà. È grande perché non si lascia vincere né dal silenzio di Gesù, né dalle sue motivazioni secondo le quali il miracolo non poteva essere fatto. È grande perché sa servirsi delle parole di Gesù per indicargli che il miracolo si deve fare. Sono proprio le parole di Gesù ad indicare alla donna la possibilità del miracolo. Infatti l’impossibilità del miracolo da parte di Gesù veniva posta sulla volontà del Padre che lo aveva mandato per dare il pane ai suoi figli. Poiché le briciole che cadono dalla mensa dei figli sono per i cagnolini, nessuna difficoltà a che la donna possa raccogliere una briciola e sfamarsi. A lei serve solo una briciola. Tutto il resto rimane per i figli. È con questa fede che ci dobbiamo sempre presentare al Signore. La donna non era una discepola, però arriva a comprendere quello che i discepoli ancora non capivano: l'amore è al di sopra di ogni barriera o pregiudizio religioso.

La figlia della Cananea guarisce all’istante. Guarisce non per la fede della donna, ma per il comando di Gesù: “Ti sia fatto come desideri”. La nostra fede muove la volontà di Dio a compiere il miracolo, ma è sempre la volontà di Dio che opera quello che noi gli chiediamo. Anche se la nostra fede fosse grande quanto quella della Cananea, o ancora più grande, non c’è alcun   automatismo nell’esaudimento. L’esaudimento è a causa della fede, ma non è opera della fede. L’esaudimento è sempre opera della volontà di Dio, la quale è sempre imperscrutabile. Regna sempre un mistero tra fede, esaudimento, volontà di Dio. La volontà di Dio non è governata dalla nostra fede, ma dalla sua eterna e divina sapienza.

Non è un diritto avere la salvezza, la salvezza è per chi si riconosce umile come questa donna. Dio non ha obbligo a dirci di sì, ma è per misericordia che ci dice di sì.

 

 Argentino Quintavalle, autore dei libri 

- Apocalisse commento esegetico 

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Argentino Quintavalle

Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.

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The glorification that Jesus asks for himself as High Priest, is the entry into full obedience to the Father, an obedience that leads to his fullest filial condition [Pope Benedict]
La glorificazione che Gesù chiede per se stesso, quale Sommo Sacerdote, è l'ingresso nella piena obbedienza al Padre, un'obbedienza che lo conduce alla sua più piena condizione filiale [Papa Benedetto]
All this helps us not to let our guard down before the depths of iniquity, before the mockery of the wicked. In these situations of weariness, the Lord says to us: “Have courage! I have overcome the world!” (Jn 16:33). The word of God gives us strength [Pope Francis]
Tutto questo aiuta a non farsi cadere le braccia davanti allo spessore dell’iniquità, davanti allo scherno dei malvagi. La parola del Signore per queste situazioni di stanchezza è: «Abbiate coraggio, io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33). E questa parola ci darà forza [Papa Francesco]
The Ascension does not point to Jesus’ absence, but tells us that he is alive in our midst in a new way. He is no longer in a specific place in the world as he was before the Ascension. He is now in the lordship of God, present in every space and time, close to each one of us. In our life we are never alone (Pope Francis)
L’Ascensione non indica l’assenza di Gesù, ma ci dice che Egli è vivo in mezzo a noi in modo nuovo; non è più in un preciso posto del mondo come lo era prima dell’Ascensione; ora è nella signoria di Dio, presente in ogni spazio e tempo, vicino ad ognuno di noi. Nella nostra vita non siamo mai soli (Papa Francesco)
The Magnificat is the hymn of praise which rises from humanity redeemed by divine mercy, it rises from all the People of God; at the same time, it is a hymn that denounces the illusion of those who think they are lords of history and masters of their own destiny (Pope Benedict)
Il Magnificat è il canto di lode che sale dall’umanità redenta dalla divina misericordia, sale da tutto il popolo di Dio; in pari tempo è l’inno che denuncia l’illusione di coloro che si credono signori della storia e arbitri del loro destino (Papa Benedetto)
This unknown “thing” is the true “hope” which drives us, and at the same time the fact that it is unknown is the cause of all forms of despair and also of all efforts, whether positive or destructive, directed towards worldly authenticity and human authenticity (Spe Salvi n.12)
Questa « cosa » ignota è la vera « speranza » che ci spinge e il suo essere ignota è, al contempo, la causa di tutte le disperazioni come pure di tutti gli slanci positivi o distruttivi verso il mondo autentico e l'autentico uomo (Spe Salvi n.12)
«When the servant of God is troubled, as it happens, by something, he must get up immediately to pray, and persevere before the Supreme Father until he restores to him the joy of his salvation. Because if it remains in sadness, that Babylonian evil will grow and, in the end, will generate in the heart an indelible rust, if it is not removed with tears» (St Francis of Assisi, FS 709)
«Il servo di Dio quando è turbato, come capita, da qualcosa, deve alzarsi subito per pregare, e perseverare davanti al Padre Sommo sino a che gli restituisca la gioia della sua salvezza. Perché se permane nella tristezza, crescerà quel male babilonese e, alla fine, genererà nel cuore una ruggine indelebile, se non verrà tolta con le lacrime» (san Francesco d’Assisi, FF 709)

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