Lug 30, 2025 Scritto da 

18a Domenica T.O. (Qo 1,2; 2,21-23)

(Qo 1,2; 2,21-23)

Ecclesiaste 1:2 Vanità delle vanità, dice Qoèlet,

vanità delle vanità, tutto è vanità.

Ecclesiaste 2:21 perché chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare i suoi beni a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e grande sventura.

Ecclesiaste 2:22 Allora quale profitto c'è per l'uomo in tutta la sua fatica e in tutto l'affanno del suo cuore con cui si affatica sotto il sole?

Ecclesiaste 2:23 Tutti i suoi giorni non sono che dolori e preoccupazioni penose; il suo cuore non riposa neppure di notte. Anche questo è vanità!


La parola ebraica Qoèlet deriva dal verbo qahal. Un commentario giudaico spiega che Qoelet si chiamava così perché fa riferimento a 1Re 8:1, dove qahal è l'assemblea alla quale Salomone predica. Così il Qoèlet è il Predicatore. Il corrispondente termine Ecclesiaste deriva dal greco “ekklesia”, che significa “chiesa” o “assemblea”. Qoèlet è il maestro predicatore, che offre una riflessione sulla vita dell’uomo.

È  una  verità  forte  quella  con  la  quale  il  Qoèlet  inizia  la  sua riflessione. Afferma che tutto è vanità. La parola “vanità” (ebraico: “hevel”) è la prima del discorso di Qoèlet ed è anche la parola chiave dell'intero libro. Il significato primario della parola è “vapore/soffio”, e, in senso figurato, il termine viene utilizzato per descrivere qualcosa che non ha consistenza, qualcosa che è, ma subito dopo non è, qualcosa di evanescente, vuoto, fugace. Oggi diremmo “fregatura”. Per Qoèlet tutta la vita è un immenso vuoto, una nebbia, un soffio, un’illusione, un’assurdità, una fregatura.

Secondo Gianfranco Ravasi - nel suo commento al Qoèlet - l’espressione «vanità delle vanità» sarebbe un po’ l’antitesi del Cantico dei Cantici. In entrambi i casi i sostantivi che formano la frase sono presentati nella loro forma superlativa ma, mentre Qoèlet parla di un «vuoto dei vuoti», il Cantico dei Cantici «è invece il Cantico superlativo dell'amore». Come Cantico dei Cantici è il superlativo della gioia data dall’amore, così vanità delle vanità è il superlativo della frustrazione  data dal vuoto della vita.

“Hevel” è anche il nome (ebraico) di un altro personaggio biblico - Abele - secondogenito di Adamo. Abele è un vapore sfuggente che scomparirà senza lasciare traccia. Hevel è stato tradotto con “vanità” per dare l'idea di vuoto.

Come sostantivo, hevel viene utilizzato in riferimento agli idoli, proprio per descriverli come vuoti di significato, inutili, inefficaci. In confronto al Dio d’Israele che, nel corso della storia, è intervenuto a favore del suo popolo, le altre divinità vengono descritte come hevel, hanno la stessa consistenza del vapore.

Il fatto che “vanità” sia ripetuto diverse volte, il Qoèlet vuole che l’ascoltatore fermi la sua mente e si dedichi solo a questo pensiero. Se anche l’ascoltatore rifletterà come lui ha riflettuto, vedrà che le cose stanno così. La vanità è la vita umana, essa è una cosa vuota, manca del suo contenuto vitale. Le cose ci sono, manca però ciò che dona valore alle cose. Il Qoèlet comincia a meditare, si interroga, perde le sue certezze. Cosa cerco? Per cosa lotto? Per la vanità! Per cosa mi affatico? Per la vanità!

Nella tradizione ebraica il libro dell'Ecclesiaste si legge a Sukkot, durante la Festa delle Capanne (o Tabernacoli), la festa che ricorda la transitorietà della vita, quando gli Israeliti vivevano sotto le capanne nel deserto.

Per esempio, quando il frutto di un onesto ed intelligente lavoro cade in possesso del pigro e dell’ozioso (v. 21), a quale scopo tanto affanno? È come se il Qoèlet avvertisse una grande ingiustizia in ciò che avviene al momento della morte. Uno lavora con sapienza e con successo e al momento della morte dovrà lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Non solo è una ingiustizia. È anche un grande male. È vanità. Una esistenza onesta ed operosa, che non risparmia a se stessa alcuna fatica e dolore, che pensa sempre per il meglio, poco concedendo al riposo, non dovrà poi concludere con amarezza che tutto è stato perfettamente vano e inutile?

Cosa vuole insegnarci il Qoèlet, o meglio, la Parola di Dio? Prima di tutto essa ci rivela le conseguenze della morte. La morte spoglia l’uomo di qualsiasi cosa che è materiale. L’anima si presenterà “nuda” al cospetto di Dio. Se lasciare agli altri i frutti del proprio sudore è un male, come fare per trasformare la fatica in un bene eterno o in qualcosa che l’uomo porta con sé? Tutto ciò che è materia appartiene alla terra e alla terra lo si deve lasciare. L’anima porta con sé solo ciò che è spirituale, sia in bene che in male. È proprio questa la saggezza: trasformare in realtà spirituale il frutto del proprio lavoro. La Parola di Dio indica questa via nella carità. Chi fa della propria vita un atto di carità, nulla perde, tutto porta con sé, acquisisce un guadagno eterno.

La  vita  dell’uomo  sulla  terra  è  dolori  e fastidi  penosi.  Il  suo  cuore  neppure  di notte riposa. Se poi deve lasciare la terra spoglio, è il vuoto assoluto. È questo il motivo per cui è necessario trovare una soluzione per trasformare la vanità in pienezza. Se questa soluzione non viene trovata, la vita rimane vuota. Nessun uomo deve vivere una vita vuota. Egli ha bisogno di pienezza. La via però è sempre e una sola. La trasformazione della materia in spirito, in virtù, in amore, dà il vero compimento alla vita. 

 

 

 Argentino Quintavalle, autore dei libri 

- Apocalisse commento esegetico 

- L'Apostolo Paolo e i giudaizzanti – Legge o Vangelo?

  • Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo nel mistero trinitario
  • Il discorso profetico di Gesù (Matteo 24-25)
  • Tutte le generazioni mi chiameranno beata
  •  Cattolici e Protestanti a confronto – In difesa della fede
  •  La Chiesa e Israele secondo San Paolo – Romani 9-11

 

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Argentino Quintavalle

Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.

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The horizon of friendship to which Jesus introduces us is the whole of humanity [Pope Benedict]
L’orizzonte dell’amicizia in cui Gesù ci introduce è l’umanità intera [Papa Benedetto]
However, the equality brought by justice is limited to the realm of objective and extrinsic goods, while love and mercy bring it about that people meet one another in that value which is man himself, with the dignity that is proper to him (Dives in Misericordia n.14)
L'eguaglianza introdotta mediante la giustizia si limita però all’ambito dei beni oggettivi ed estrinseci, mentre l'amore e la misericordia fanno si che gli uomini s'incontrino tra loro in quel valore che è l'uomo stesso, con la dignità che gli è propria (Dives in Misericordia n.14)
The Church invites believers to regard the mystery of death not as the "last word" of human destiny but rather as a passage to eternal life (Pope John Paul II)
La Chiesa invita i credenti a guardare al mistero della morte non come all'ultima parola sulla sorte umana, ma come al passaggio verso la vita eterna (Papa Giovanni Paolo II)
The saints: they are our precursors, they are our brothers, they are our friends, they are our examples, they are our lawyers. Let us honour them, let us invoke them and try to imitate them a little (Pope Paul VI)
I santi: sono i precursori nostri, sono i fratelli, sono gli amici, sono gli esempi, sono gli avvocati nostri. Onoriamoli, invochiamoli e cerchiamo di imitarli un po’ (Papa Paolo VI)
Man rightly fears falling victim to an oppression that will deprive him of his interior freedom, of the possibility of expressing the truth of which he is convinced, of the faith that he professes, of the ability to obey the voice of conscience that tells him the right path to follow [Dives in Misericordia, n.11]
L'uomo ha giustamente paura di restar vittima di una oppressione che lo privi della libertà interiore, della possibilità di esternare la verità di cui è convinto, della fede che professa, della facoltà di obbedire alla voce della coscienza che gli indica la retta via da seguire [Dives in Misericordia, n.11]
We find ourselves, so to speak, roped to Jesus Christ together with him on the ascent towards God's heights (Pope Benedict)
Ci troviamo, per così dire, in una cordata con Gesù Cristo – insieme con Lui nella salita verso le altezze di Dio (Papa Benedetto)
Church is a «sign». That is, those who looks at it with a clear eye, those who observes it, those who studies it realise that it represents a fact, a singular phenomenon; they see that it has a «meaning» (Pope Paul VI)
La Chiesa è un «segno». Cioè chi la guarda con occhio limpido, chi la osserva, chi la studia si accorge ch’essa rappresenta un fatto, un fenomeno singolare; vede ch’essa ha un «significato» (Papa Paolo VI)
Let us look at them together, not only because they are always placed next to each other in the lists of the Twelve (cf. Mt 10: 3, 4; Mk 3: 18; Lk 6: 15; Acts 1: 13), but also because there is very little information about them, apart from the fact that the New Testament Canon preserves one Letter attributed to Jude Thaddaeus [Pope Benedict]
Li consideriamo insieme, non solo perché nelle liste dei Dodici sono sempre riportati l'uno accanto all'altro (cfr Mt 10,4; Mc 3,18; Lc 6,15; At 1,13), ma anche perché le notizie che li riguardano non sono molte, a parte il fatto che il Canone neotestamentario conserva una lettera attribuita a Giuda Taddeo [Papa Benedetto]
Bernard of Clairvaux coined the marvellous expression: Impassibilis est Deus, sed non incompassibilis - God cannot suffer, but he can suffer with (Spe Salvi, n.39)

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