Giu 14, 2024 Scritto da 

La parabola della speranza e la trappola del sospetto

XI Domenica del tempo Ordinario B (16 giugno 2024)

1. La prima lettura, tratta dal libro del profeta Ezechiele, potrebbe essere letta come una parabola di speranza per il popolo ebreo. Per capire bene occorre tener presente il contesto storico segnato dall’occupazione di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor che aveva deportato in Babilonia il re e una buona parte degli abitanti fra i quali lo stesso profeta Ezechiele e, come se ciò non bastasse, dopo poco tempo fu completamente distrutta Gerusalemme e spogliata di tutti i suoi abitanti resi schiavi a Babilonia. In quel momento Israele era in preda allo scoraggiamento totale perché aveva perso tutto: la terra, segno concreto della benedizione di Dio, il suo re mediatore fra Dio e il popolo, il tempio, luogo della presenza di Dio e percepiva la propria situazione come un albero reciso e destinato alla sterilità, cioè senza certezza né speranza di futuro. La domanda ricorrente era se Dio avesse dunque abbandonato il suo popolo e la fiducia di tutti fu messa a dura prova. 

Avviene però una sorta di miracolo perché nel cuore di una situazione così drammatica quale è la deportazione babilonese, la fede d’Israele si andò purificando per diventare più salda: avvenne uno straordinario sussulto della fede del popolo eletto ed Ezechiele ne fu uno degli artefici. In passato aveva cercato di ammonirlo prevedendo quanto poi si è verificato, ma ora che la catastrofe è caduta sul popolo, la sua missione è far rinascere la fiducia e quindi si fa portavoce di una parola di speranza. Utilizza a questo scopo la parabola del cedro gigantesco che abbiamo incontrato nella prima lettura. Perché proprio il cedro? Il cedro era il simbolo della dinastia dei re e quindi immagine del re in esilio diventato un albero morto da cui però il Signore stacca un ramoscello per trapiantarlo “sopra un alto monte d’Israele” che indica Gerusalemme. Vengono qui preannunciati ben due eventi di vittoria: il ritorno del popolo ebreo in patria e la restaurazione del regno di Gerusalemme che vedrà in seguito accorrere verso Gerusalemme gente da ogni parte del mondo e sarà allora il trionfo del Dio unico. 

Ciò prova che nulla è impossibile a Dio il quale conferma: “Io sono il Signore, che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso”. E ancora: “Io, il Signore ho parlato e lo farò”. 

Vediamo qui messi in luce due aspetti della fede ebraica: anzitutto Dio è onnipotente e porta a compimento tutto ciò che promette; in secondo luogo, Israele conserva la speranza perché nutre la certezza nell’intervento divino che porta a compimento ogni sua promessa. E in effetti si tratta qui dell’annuncio del Messia futuro, promessa che ha sorretto nel corso dei secoli la speranza d’Israele soprattutto nei momenti drammatici della sua storia e ad alimentare questa fiducia contribuisce la missione dei profeti di cui ci offre un grande esempio Ezechiele.

2. Il testo evangelico, come spesso avviene, richiama la prima lettura. Oggi è san Matteo a raccontarci la parabola del granellino di senape, il più piccolo di tutti i semi, che sepolto nella terra “germoglia e cresce” sino a diventare “più grande di tutte le piante dell’orto”.  Il ramoscello staccato dalla cima del cedro sterile della prima lettura e “il più piccolo dei semi” di cui leggiamo nel vangelo fanno pensare alla vita di ogni cristiano. Grazie al seme di Dio posto in noi il giorno del battesimo siamo diventati potenziali alberi di vita nuova chiamati a produrre e spargere frutti di amore e di bontà. In particolare la parabola evangelica sottolinea due aspetti della vita cristiana: ll seme posto dalla Trinità nel cuore dell’uomo cresce ogni giorno silenziosamente avvolto dalla terra e questo sta ad indicare che solamente Dio può assicurare la totale crescita e la piena realizzazione della nostra esistenza. L’accenno invece alla piccolezza del granellino di senape, addirittura il più piccolo di tutti, viene a sottolineare che anche noi, con la nostra pochezza e fragilità siamo in qualche modo partecipi e collaboratori indispensabili di questa crescita sorprendente. Ed allora è bene lasciarsi guidare dalla Provvidenza divina che ha posto a nostra disposizione due ali per volare verso il cielo: l’intervento di Dio e l’azione dell’uomo. La tradizione cristiana ha tradotto questa sinergia umano-divina in contemplazione e azione, evidenziando l’interconnessione esistente tra il pregare inteso come ascolto di Dio e l’agire come risposta alla volontà divina. Scrive al riguardo sant’Ignazio di Loyola: «Agisci come se tutto dipendesse da te, sapendo poi che in realtà tutto dipende da Dio» (cfr Pedro de Ribadeneira, Vita di S. Ignazio di Loyola, Milano 1998) e Gilbert Keith Chesterton sintetizza questo progetto umano-divino così: “Pregare come se tutto dipendesse da Dio; agire come se tutto dipendesse da noi”. 

Se talora Dio sembra assente dall’orizzonte della nostra esistenza, crediamo che Egli è sempre all’opera. Anzi laddove le tenebre diventano più dense, risplende ancor più la sua luce. Ne è esempio la vita di san Giovanni della Croce, grande santo riformatore dell’ordine carmelitano, che ebbe un’esistenza non travagliata ma assurdamente difficile. Tuttavia proprio nei momenti più oscuri, come ad esempio il tempo passato in un carcere isolato e abbandonato da tutti, anzi tradito persino dai suoi confratelli, egli ha scritto una delle sue opere di spiritualità più belle, alla quale molti continuano ad ispirarsi nel loro cammino di santificazione. E così si capisce che la vita cristiana è un cammino verso Dio. Se poi uno reca in sé un grande amore, questo amore gli dà quasi ali per sopportare più facilmente tutte le molestie, i contrasti e le ingiustizie di questo mondo, perché porta in sé la grande luce della fede che consiste nel sentirsi amati da Dio e nel lasciarsi amare da lui in Cristo Gesù. Grande tentazione è però la paura madre dello scoraggiamento e l’orgoglio padre della sfiducia.

3. Insomma, la trappola satanica del sospetto che ingannò i progenitori nel giardino dell’Eden, è sempre all’opera e occorre restare in guardia, senza mai perdere la certezza che “è retto il Signore mia roccia: in lui non c’è malvagità” come ci fa pregare oggi il salmo responsoriale tratto dal salmo 91/92. Israele si riconosce colpevole avendo in diverse occasioni accusato il suo Signore. Ricorda bene quando nel deserto del Sinai in giorni di grande sete, il popolo si è ribellato contro Mosè accusando lui e il Signore di averli fatti uscire dall’Egitto per lasciarli poi morire di sete nel deserto. Si tratta del famoso episodio di Massa et Meriba (Es. 17,1-7). Eppure, anche in quell’occasione, malgrado la loro rivolta, Dio si mostrò più grande del risentimento e dei lamenti del popolo fuori di sé dall’ira, e fece sgorgare per tutti l’acqua dalla roccia. A ricordo di quest’evento Israele chiamerà Dio “sua roccia”, un modo per richiamare la fedeltà divina che è più forte d’ogni sospetto del suo popolo. Da questa roccia Israele lungo i secoli continuerà ad attingere l’acqua della sua sopravvivenza: sarà la sorgente della sua fede e della sua fiducia. 

Di fronte all’ingratitudine di Israele Dio proclama la sua fedeltà perché Egli è Misericordia infinita pronto a stringere alleanza con i suoi, Lui che è Dio d’amore e di fedeltà, lento alla collera e pieno di amore.  Dalla parola di Dio oggi riceviamo un invito a ben vigilare sulla nostra esistenza perché torna spesso nel corso della vita la trappola del sospetto: quando si ha sete, quando l’acqua non è buona, quando si è affamati di felicità e tutto sembra andare non come vorremmo ma per il verso sbagliato, si è tentati d’accusare Dio di averci ingannati e abbandonati. Attenzione a non dimenticare la lezione del giardino dell’Eden quando l’astuto satanico serpente è riuscito a far credere all’uomo e alla donna che Dio non è sincero verso di loro ed essi caddero nella trappola del sospetto: si ritrovarono nudi, cioè spogliati di tutto ciò che costituiva la loro ricca eredità divina.  

Come premunirsi contro la tentazione dell’inganno? Come proteggersi dalla trappola del sospetto ce lo indica Il salmo che oggi la liturgia ci fa meditare: è necessario restare ben piantati nel tempio di Dio come un cedro e non stancarsi di ripetere, pur nel buio di certe notti oscure, che “é bello rendere grazie al Signore e cantare al tuo nome o Altissimo” perché ricorrere con fiducia a Dio fa del bene a noi stessi. Afferma sant’Agostino: “Tutto ciò che l’uomo fa per Dio profitta all’uomo e non a Dio”. Pregare dunque e cantare per Dio, “annunciare al mattino il suo amore e la sua fedeltà nella notte” ci aiuta a proteggerci dall’inganno di satana, dalla paura e dalla sfiducia. L’esperienza di tanti santi mostra che solo la verità e la fiducia invincibile nel suo amore possono illuminarci in ogni situazione della vita, mentre la sfiducia e il sospetto falsano il nostro sguardo sulla realtà. Sospettare che Dio voglia imbrogliarci o ci abbandoni al nostro destino è la trappola in cui non dobbiamo cadere, perché può diventare una trappola mortale. Seguiamo piuttosto l’invito dell’apostolo Paolo nella seconda lettura: “finché abitiamo nel corpo - camminiamo infatti nella fede e non nella visione – siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore”. (2Cor 5,6-10).  Mentre siamo pellegrini verso il cielo, camminiamo con i piedi ben piantati su questa terra, ma il nostro cuore trovi la sua ragione di speranza e d’impegno nel Cristo che spalanca già per noi la porta dell’eterna felicità.  Buona domenica!

+ Giovanni D’Ercole

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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Familiarity at the human level makes it difficult to go beyond this in order to be open to the divine dimension. That this son of a carpenter was the Son of God was hard for them to believe [Pope Benedict]
La familiarità sul piano umano rende difficile andare al di là e aprirsi alla dimensione divina. Che questo Figlio di un falegname sia Figlio di Dio è difficile crederlo per loro [Papa Benedetto]
Christ reveals his identity of Messiah, Israel's bridegroom, who came for the betrothal with his people. Those who recognize and welcome him are celebrating. However, he will have to be rejected and killed precisely by his own; at that moment, during his Passion and death, the hour of mourning and fasting will come (Pope Benedict)
Cristo rivela la sua identità di Messia, Sposo d'Israele, venuto per le nozze con il suo popolo. Quelli che lo riconoscono e lo accolgono con fede sono in festa. Egli però dovrà essere rifiutato e ucciso proprio dai suoi: in quel momento, durante la sua passione e la sua morte, verrà l'ora del lutto e del digiuno (Papa Benedetto)
Peter, Andrew, James and John are called while they are fishing, while Matthew, while he is collecting tithes. These are unimportant jobs, Chrysostom comments, "because there is nothing more despicable than the tax collector, and nothing more common than fishing" (In Matth. Hom.: PL 57, 363). Jesus' call, therefore, also reaches people of a low social class while they go about their ordinary work [Pope Benedict]
Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni sono chiamati mentre stanno pescando, Matteo appunto mentre riscuote il tributo. Si tratta di lavori di poco conto – commenta il Crisostomo -  “poiché non c'è nulla di più detestabile del gabelliere e nulla di più comune della pesca” (In Matth. Hom.: PL 57, 363). La chiamata di Gesù giunge dunque anche a persone di basso rango sociale, mentre attendono al loro lavoro ordinario [Papa Benedetto]
For the prodigious and instantaneous healing of the paralytic, the apostle St. Matthew is more sober than the other synoptics, St. Mark and St. Luke. These add broader details, including that of the opening of the roof in the environment where Jesus was, to lower the sick man with his lettuce, given the huge crowd that crowded at the entrance. Evident is the hope of the pitiful companions: they almost want to force Jesus to take care of the unexpected guest and to begin a dialogue with him (Pope Paul VI)
Per la prodigiosa ed istantanea guarigione del paralitico, l’apostolo San Matteo è più sobrio degli altri sinottici, San Marco e San Luca. Questi aggiungono più ampi particolari, tra cui quello dell’avvenuta apertura del tetto nell’ambiente ove si trovava Gesù, per calarvi l’infermo col suo lettuccio, data l’enorme folla che faceva ressa all’entrata. Evidente è la speranza dei pietosi accompagnatori: essi vogliono quasi obbligare Gesù ad occuparsi dell’inatteso ospite e ad iniziare un dialogo con lui (Papa Paolo VI)
The invitation given to Thomas is valid for us as well. We, where do we seek the Risen One? In some special event, in some spectacular or amazing religious manifestation, only in our emotions and feelings? [Pope Francis]
L’invito fatto a Tommaso è valido anche per noi. Noi, dove cerchiamo il Risorto? In qualche evento speciale, in qualche manifestazione religiosa spettacolare o eclatante, unicamente nelle nostre emozioni e sensazioni? [Papa Francesco]
His slumber causes us to wake up. Because to be disciples of Jesus, it is not enough to believe God is there, that he exists, but we must put ourselves out there with him; we must also raise our voice with him. Hear this: we must cry out to him. Prayer is often a cry: “Lord, save me!” (Pope Francis)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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