Mar 27, 2025 Scritto da 

Conoscere Cristo non è un sapere esteriore

E conta il presente, non la genealogia

(Gv 7,1-2.10.25-30)

 

Cristo si rivela in modo progressivo e non convenzionale. Egli ci chiede di reinterpretarlo e svelarlo in modo altrettanto inedito, creativo. 

Custodisce solo vita, e la vita è sempre nuova. Non si aggrappa agli standard, al pensiero, alle spiegazioni.

L’Inviato obbedisce a una Chiamata impensabile e non locale. È quanto distingue l’azione e persino la geografia divina, che supera la “sinagoga” impiantata sul territorio.

Riconoscere Cristo come nostro Signore significa accettare i pericoli e il rifiuto che tale sintonia e scelta comportano.

Si può rigettarlo per calcolo, non spontaneamente. Sappiamo che rimutandolo escludiamo la nostra radice; però ad accoglierlo ci si gioca tutto e persino la pelle. Che fare?

Non conviene mimetizzarsi per tenere buona la situazione?

Dopo l’abbandono di alcuni discepoli in Galilea - successivo al discorso sul Pane della Vita (Gv 6,60-71) - Gesù addirittura rincara la dose, e non si scosta.

Facendo finta, anche noi potremmo emarginarlo per conservare sicurezze nell’immediato. Ma se non procedessimo verso la nostra Sorgente, non incontreremmo l’acqua cristallina.

 

Nel quarto Vangelo la minaccia di morte sul Signore è costante. La gente è attirata, ma in Lui inciampa. Per le autorità: Origini inattese, da uccidere per non farsi sostituire.

Secondo i Sinottici, durante la vita pubblica Gesù è a Gerusalemme una sola volta, quella in cui è stato condannato dall’istituzione religiosa; secondo il quarto Vangelo due o tre, in occasione della Pasqua.

È probabile che Egli sia stato nella città santa più volte, in privato.

Ma l’immagine del Cristo nascosto allude qui alla sua ‘presenza’ nei comuni fedeli, costretti a non rendere palese l’adesione del cuore - in specie dopo la rottura fra sinagoga e chiesa (Ecclesia) di fine primo secolo.

La ‘conoscenza’ di Dio passa ora attraverso la sfida del ‘riconoscimento’ di un sovversivo, condannato a morte e fuggitivo (v.1): Il Nazzareno in noi, misconosciuto fulcro delle nostre solennità.

La festa delle feste ebraiche, quella delle Capanne, faceva memoria delle mirabilia Dei dell’Esodo e guardava al futuro celebrando speranze di prestigio e vittoria su altre nazioni.

Ebbene, anche fossimo considerati “da rieducare”, sarebbe ovvio contrapporsi all’idea di un benessere violento e artificioso, nonché all’influsso perverso d’una spiritualità vuota, di circostanza.

E se alcuni opportunisti volessero metterci le mani addosso per interesse o magari solo perché non rispettiamo le loro maniere, dottrine, e fantasie, il giro degli avvenimenti farà scampare gli autentici Testimoni da ogni pericolo (v.30).

 

Saranno le origini disattese a portare lo Sconosciuto a sostituire gli “educatori” ufficiali (v.28) aggrappati alle sole idee.

L’esperienza della Gloria divina che vive è ancora ‘sub contraria specie’: nella regalità che spinge verso il basso.

Forza-a-rovescio: permette di far affiorare e ci lascia scoprire metamorfosi da stupore.

In tal guisa, evitando di lasciare che per convenienza il Signore possa venire ancora ucciso, riusciremo a tutelare sia il vissuto comunitario che le personali trasposizioni di Fede.

Cambiamento di volto e di cosmo, pur impensato. Sviluppo e ‘passaggio’ che convince l’anima.

 

 

[Venerdì 4.a sett. Quaresima, 4 aprile 2025]

534 Ultima modifica il Venerdì, 04 Aprile 2025 11:59
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

The Lord gives his disciples a new commandment, as it were a Testament, so that they might continue his presence among them in a new way: […] If we love each other, Jesus will continue to be present in our midst, to be glorified in this world (Pope Benedict)
Quasi come Testamento ai suoi discepoli per continuare in modo nuovo la sua presenza in mezzo a loro, dà ad essi un comandamento: […] Se ci amiamo gli uni gli altri, Gesù continua ad essere presente in mezzo a noi, ad essere glorificato nel mondo (Papa Benedetto)
St Teresa of Avila wrote: “the last thing we should do is to withdraw from our greatest good and blessing, which is the most sacred humanity of Our Lord Jesus Christ” (cf. The Interior Castle, 6, ch. 7) [Pope Benedict]
Santa Teresa d’Avila scrive che «non dobbiamo allontanarci da ciò che costituisce tutto il nostro bene e il nostro rimedio, cioè dalla santissima umanità di nostro Signore Gesù Cristo» (Castello interiore, 7, 6) [Papa Benedetto]
Dear friends, the mission of the Church bears fruit because Christ is truly present among us in a quite special way in the Holy Eucharist. His is a dynamic presence which grasps us in order to make us his, to liken us to him. Christ draws us to himself, he brings us out of ourselves to make us all one with him. In this way he also inserts us into the community of brothers and sisters: communion with the Lord is always also communion with others (Pope Benedict)
Cari amici, la missione della Chiesa porta frutto perché Cristo è realmente presente tra noi, in modo del tutto particolare nella Santa Eucaristia. La sua è una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a Sé. Cristo ci attira a Sé, ci fa uscire da noi stessi per fare di noi tutti una cosa sola con Lui. In questo modo Egli ci inserisce anche nella comunità dei fratelli: la comunione con il Signore è sempre anche comunione con gli altri (Papa Benedetto)
Jesus asks us to abide in his love, to dwell in his love, not in our ideas, not in our own self-worship. Those who dwell in self-worship live in the mirror: always looking at themselves. He asks us to overcome the ambition to control and manage others. Not controlling, serving them (Pope Francis)
Gesù ci chiede di rimanere nel suo amore, abitare nel suo amore, non nelle nostre idee, non nel culto di noi stessi. Chi abita nel culto di sé stesso, abita nello specchio: sempre a guardarsi. Ci chiede di uscire dalla pretesa di controllare e gestire gli altri. Non controllare, servirli (Papa Francesco)
In this passage, the Lord tells us three things about the true shepherd:  he gives his own life for his sheep; he knows them and they know him; he is at the service of unity [Pope Benedict]
In questo brano il Signore ci dice tre cose sul vero pastore: egli dà la propria vita per le pecore; le conosce ed esse lo conoscono; sta a servizio dell'unità [Papa Benedetto]
Jesus, Good Shepherd and door of the sheep, is a leader whose authority is expressed in service, a leader who, in order to command, gives his life and does not ask others to sacrifice theirs. One can trust in a leader like this (Pope Francis)
Spirit, defined as "another Paraclete" (Jn 14: 16), a Greek word that is equivalent to the Latin "ad-vocatus", an advocate-defender. The first Paraclete is in fact the Incarnate Son who came to defend man (Pope Benedict)
Spirito, definito "un altro Paraclito" (Gv 14,16), termine greco che equivale al latino "ad-vocatus", avvocato difensore. Il primo Paraclito infatti è il Figlio incarnato, venuto per difendere l’uomo (Papa Benedetto)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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