Mag 9, 2025 Scritto da 

Amare è creare

Gloria che volta pagina

(Gv 13,31-35)


Giuda è fra i convitati, ma non assimila il Pane. Lo prende, sì. Ma non lo fa proprio.

Lo prende e se ne va, per correre dietro alle sue illusioni di avere e potere. Per inseguire il patto occulto, con le vecchie guide spirituali.

Così «sprofonda nella notte». Richiamo per ciascuno di noi.

Malgrado ciò, la Gloria divina si manifesta - perfino nel limite. È Amore senza condizioni previe. Differenza tra relazione di Fede e codice delle devozioni.

Paradossale realizzazione. Fonte e Culmine del Nucleo dell’Essere. Svelamento e Manifestazione di ciò che Dio stesso è.

 

Siamo nell’«Ora»: annunciata da tutto lo svolgimento del quarto Vangelo. Amore che non dipende.

Amore invincibile, che non viene meno neppure a seguito delle nostre incertezze e flessioni, o dei nostri rinnegamenti.

Noi che dovremmo essere i Suoi Intimi. Amici e Fratelli del «Figlio dell’uomo».

 

«Figlio dell’uomo» designa già dal Primo Testamento il carattere d’una santità che supera la fiction antica dei dominatori, i quali si accavallavano uno sull’altro recitando lo stesso copione.

La massa permaneva a bocca asciutta: qualsiasi fosse il sovrano che s’impadroniva del potere, la folla minuta restava sottomessa e soffocata.

Identica norma vigeva nelle religioni, i cui capi elargivano al popolo una forte pulsione da orda e il contentino dei gregari.

 

Invece nel Regno di Gesù devono mancare i ranghi - per questo la sua proposta non collima con le ambizioni delle autorità, e con le stesse aspettative degli Apostoli.

Anch’essi volevano “contare”. 

Ma appunto «Figlio dell’uomo» è la persona secondo un criterio di umanizzazione, non una belva che prevale perché più forte delle altre [cf. Dan 7].

Ciascun uomo col cuore di carne - non di bestia, né di pietra - è persona comprensiva, capace di ascolto, sempre attenta ai bisogni dell’altro, che mette se stessa a disposizione.

Tutto ciò allude alla dimensione larga della santità; trasmissibile a chiunque, e creativa come l’amore, quindi tutta da scoprire! 

 

Nei Vangeli il «Figlio dell’uomo» è lo sviluppo vero e pieno del progetto divino sull’umanità.

Tale disegno non è ostacolato dai frequentatori dei luoghi di malaffare.

Non si tratta d’una proposta compromessa con la religione dottrina-e-disciplina, che ricaccia indietro le eccentricità.

Quella del «Figlio dell’uomo» è quel tipo di Santità che ci rende Unici, non che sta sempre ad aborrire o esorcizzare il pericolo dell’inconsueto.

 

Insomma, Gesù affida ai discepoli il suo Testamento. L’unione vicendevole è l’Ultima Volontà del Signore. Con una novità radicale.

L’amore al prossimo figurava già fra le prescrizioni antiche, e Cristo sembra ricalcarne la formulazione stessa (Levitico 19,18).

Eppure il Figlio non allude solo a compatrioti e proseliti della propria religione.

Egli abbatte le barriere sinora considerate ovvie.

Infatti l’amore reciproco è sulla medesima linea dell’incontro con se stessi - dove per grazia e vocazione si annida un possesso di ricchezze, di perfezioni crescenti, che vogliono affiorare.

Da tale scrigno-conoscenza, piattaforma solida, sorge l’afflato del poter donare la vita: ma per accrescerla, renderla piena e rallegrarla.

A partire non da condizionamenti esterni.

Infatti il comandamento è «nuovo» non solo perché edificante e di stimolo; perfino insuperabile, e in grado di soppiantare tutte le norme.

Anzitutto perché rivelatore della propria Vocazione.

Esso esprime un legame manifestativo, che diviene fondamento, motivo crescente e motore; energia lucida, che ci dà la capacità di spostare lo sguardo e voltare pagina.

Introduce una nuova età, un nuovo regno. Non unilaterale.

 

È cifra della vittoria di Pasqua, teofania e testimonianza del suo Popolo autentico: «non con misura» (Giovanni 3,31-36: 34).

Il «senza misura» è quello delle nozze mistiche fra le due “nature”, dell’amicizia intima che penetra la vita del Padre.

«Gloria» [irriducibile] dalle caratteristiche speciali.

Ora non vale più la morale delle filosofie antiche: la nostra è un’etica vocazionale e pasquale, nello Spirito che rinnova la faccia della terra.

Ogni proposito viene illuminato dalla vittoria della vita sulla morte. In tal guisa, il comportamento va configurato al Mistero.

Viviamo in Cristo, uomo nuovo: non siamo più sotto doveri “a posto” e prescrizioni.

L’attitudine battesimale non può venire ‘misurata’.

L’unzione e l’appello ricevuti rispondono all’intima passione, al senso di reciprocità e Pienezza personale, che trasbordano.

In tal guisa smuovono mète eminenti: nella partecipazione alla vita colma, eccesso non assimilabile a conformismi e orizzonti medi.

 

Per un pio israelita avere «gloria» è dare ‘peso’ specifico alla propria esistenza, e rivelare il suo completo valore - ma talora in senso elettivo.

Ben venga a fiorire il nostro completo ‘pondus’ e carattere e valore, che però germinano da tutto l’universo dentro, e dai diversi volti che ci appartengono; perfino dai ‘lati ombra’.

Ecco sbocciare la Pace-Presenza messianica; un senso d’Amicizia con tutto l’essere e le radici, con la storia e il segno dei tempi.

Perché quanto più si è umani senza doppiezze, e quanto più si è capaci di lettura degli eventi, nonché sensibili nel cogliere le potenze variegate - quel Qualcuno dentro qualcosa… tanto più si manifesta il Cielo che è in noi.

Questo l'emblema del comandamento Nuovo, il quale marca differenza. Integrando; facendo coesistere in noi gli opposti.

Nuova Alleanza; nuova armonia.

Che ci fa Compiuti a partire da dentro, come Gesù. Gloria del Padre, e dell’umanità.

 

 

[5a Domenica di Pasqua (anno C), 18 maggio 2025]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

The Lord gives his disciples a new commandment, as it were a Testament, so that they might continue his presence among them in a new way: […] If we love each other, Jesus will continue to be present in our midst, to be glorified in this world (Pope Benedict)
Quasi come Testamento ai suoi discepoli per continuare in modo nuovo la sua presenza in mezzo a loro, dà ad essi un comandamento: […] Se ci amiamo gli uni gli altri, Gesù continua ad essere presente in mezzo a noi, ad essere glorificato nel mondo (Papa Benedetto)
St Teresa of Avila wrote: “the last thing we should do is to withdraw from our greatest good and blessing, which is the most sacred humanity of Our Lord Jesus Christ” (cf. The Interior Castle, 6, ch. 7) [Pope Benedict]
Santa Teresa d’Avila scrive che «non dobbiamo allontanarci da ciò che costituisce tutto il nostro bene e il nostro rimedio, cioè dalla santissima umanità di nostro Signore Gesù Cristo» (Castello interiore, 7, 6) [Papa Benedetto]
Dear friends, the mission of the Church bears fruit because Christ is truly present among us in a quite special way in the Holy Eucharist. His is a dynamic presence which grasps us in order to make us his, to liken us to him. Christ draws us to himself, he brings us out of ourselves to make us all one with him. In this way he also inserts us into the community of brothers and sisters: communion with the Lord is always also communion with others (Pope Benedict)
Cari amici, la missione della Chiesa porta frutto perché Cristo è realmente presente tra noi, in modo del tutto particolare nella Santa Eucaristia. La sua è una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a Sé. Cristo ci attira a Sé, ci fa uscire da noi stessi per fare di noi tutti una cosa sola con Lui. In questo modo Egli ci inserisce anche nella comunità dei fratelli: la comunione con il Signore è sempre anche comunione con gli altri (Papa Benedetto)
Jesus asks us to abide in his love, to dwell in his love, not in our ideas, not in our own self-worship. Those who dwell in self-worship live in the mirror: always looking at themselves. He asks us to overcome the ambition to control and manage others. Not controlling, serving them (Pope Francis)
Gesù ci chiede di rimanere nel suo amore, abitare nel suo amore, non nelle nostre idee, non nel culto di noi stessi. Chi abita nel culto di sé stesso, abita nello specchio: sempre a guardarsi. Ci chiede di uscire dalla pretesa di controllare e gestire gli altri. Non controllare, servirli (Papa Francesco)
In this passage, the Lord tells us three things about the true shepherd:  he gives his own life for his sheep; he knows them and they know him; he is at the service of unity [Pope Benedict]
In questo brano il Signore ci dice tre cose sul vero pastore: egli dà la propria vita per le pecore; le conosce ed esse lo conoscono; sta a servizio dell'unità [Papa Benedetto]
Jesus, Good Shepherd and door of the sheep, is a leader whose authority is expressed in service, a leader who, in order to command, gives his life and does not ask others to sacrifice theirs. One can trust in a leader like this (Pope Francis)
Gesù, pastore buono e porta delle pecore, è un capo la cui autorità si esprime nel servizio, un capo che per comandare dona la vita e non chiede ad altri di sacrificarla. Di un capo così ci si può fidare (Papa Francesco)
In today’s Gospel passage (cf. Jn 10:27-30) Jesus is presented to us as the true Shepherd of the People of God. He speaks about the relationship that binds him to the sheep of the flock, namely, to his disciples, and he emphasizes the fact that it is a relationship of mutual recognition (Pope Francis)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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