Illuminatore di ciechi: quale guarigione, Attesa, definitività?
(Mt 9,27-31)
L’enciclica Fratelli Tutti invita a un piglio prospettico che suscita decisione e azione: un occhio nuovo, colmo di Speranza [n.55].
Eppure gli esperti - sicuri di sé - non colgono la dignità (rovesciata) del Mistero di Dio e dell’umanità.
Conoscono le ambizioni, la legge, i dettati altrui, le mode, o le loro idee; non i rivolgimenti dell’anima e della vita.
Quindi ci fanno permanere come in una foresta gelida e dedicata ai forti, sterilizzata o fantasiosa ma paradossalmente selvaggia.
La competizione non manca, anzi ne sarà conseguenza ancor più subdola, come nel caso delle pretese (proprio!) di una ‘coppia di apostoli’ eminenti.
Si tratta dei due figli di Zebedeo, i quali - come gli altri - ambiscono al primato.
La guarigione di coloro che hanno difetti di vista era uno dei beni recati dal Messia atteso (Is 29,18; 35,5).
Tutto sarebbe stato trasformato in meglio.
Ma nei suoi incontri, Gesù opera una guarigione spirituale, non parziale o frivola ed esterna.
L’opera divina nell’uomo è prodigiosa, ma nel senso che si fa molto più profonda di una sanazione fisica.
L’azione di suscitare la Fede e un nuovo acume dell’anima consentono di cogliere lo stesso progetto del Signore.
Ciò rende docili per lasciarlo realizzare da Dio stesso in noi.
L’allusione è alla Casa [Chiesa] in cui tutti i personaggi entrano come fosse cosa normale e in un contesto non polemico (v.28).
Anche il richiamo al fatto che lì si radunano coloro che hanno bisogno di una ‘illuminazione’, induce a leggere in filigrana l’eco di antiche liturgie battesimali.
Intorno a Gesù, ecco illustrato il senso globale dell’incontro del Cristo coi credenti.
L’insegnamento cui anche noi sempre ‘difettosi di vista’ veniamo introdotti dal contatto col Maestro nella comunità riunita è espresso nel passaggio dal titolo figlio di David (v.27) a quello di Signore (v.28).
I ciechi cui viene corretta la miopia sono i capi e i catecumeni, ora credenti.
Nella loro esperienza di Fede essi passano dall’idea di Messia glorioso - somigliante a un sovrano - a quella dell’Amico vicino e Fratello.
Per questo la sua Persona spalanca alla Percezione un panorama che prorompe quale rinascita e capovolgimento dei valori sulla base dei quali s’investe la vita pratica.
Il motivo della fitta oscurità esterna è appunto l’ideologia di potere. Essa deve sparire nella considerazione e nell’universo dei discepoli.
Questo il motivo del cosiddetto silenzio messianico (v.30). E tutto scaturisce «da» un altro sguardo, penetrante.
Tale l’intervento definitivo di Dio che eleva la visione, i sogni, e lo spirito, e in tal guisa attiva percorsi che non sappiamo.
Una nuova maturità sta arrivando.
[Venerdì 1.a sett. Avvento, 6 dicembre 2024]