Senza meccanismi, né adempimenti che non ci riguardano
(Mt 17,22-27)
Anche i giudei dispersi nel mondo romano pagavano un’imposta annuale per il mantenimento del Tempio, che in realtà non figurava fra i contributi obbligatori previsti nella Torah (Es 30,11-16).
I convertiti alla nuova Fede in Cristo di Galilea e Siria si chiedevano se avessero ancora l’obbligo di continuare a pagare il balzello, per il luogo di culto e la classe sacerdotale.
La cifra dovuta era pur accessibile [si trattava di una somma pari a un paio di giornate di lavoro].
Gesù esprime la sua opinione attraverso un’analogia.
Roma aveva concesso l’amministrazione della Palestina a monarchi, principi e tetrarchi. I sudditi erano obbligati a pagare le imposte, esclusi i cittadini romani.
Il giovane Rabbi afferma: come coloro che possedevano la cittadinanza giuridica di Roma erano esenti dai tributi imposti ai giudei dai loro governanti, così i figli [nelle comunità di Mt, giudeo cristiani] dovevano essere esenti dalle imposte relative al Tempio.
Ma era forse opportuno esprimere un atteggiamento di rispetto circa un obbligo legale.
Dal tono e composizione del testo sembra però che tale criterio di lealismo verso le istituzioni si sia innestato su un precedente detto di Gesù, riguardante la totale libertà nei confronti del Santuario.
Egli intendeva sostituirlo in termini vitali: con la sua Persona e quella dei suoi intimi. Spazzandone via i manierismi artificiosi ed esterni.
In merito alla Cristologia specifica del brano, essa è nota: il Signore provvede e “paga” per i suoi amici (v.27).
Infatti l’acronimo di «pesce» in lingua greca [«ichthys»: Iēsous Christos Theou Yios Sōtēr] ha il significato di Gesù Messia Figlio di Dio Salvatore. Simbolo della Fede.
In tal guisa, l’autentico impegno dei figli sarà quello di manifestare un Volto di Dio assolutamente diverso da quello diffuso nella mentalità dell’oriente antico e mesopotamico.
Il Padre infatti non siede in una Nube percorsa da fulmini; non brama il titolo di «Grande» che richiama l’idea di forza tremenda, potenza terrificante, rapidità dirompente.
No, non è questa la ‘precedenza’ dell’uomo divino e dell’Altissimo. Egli nei suoi offre redenzione, e paga il tributo per tutti.
Beninteso, la Salvezza non è un meccanismo estrinseco, solo vicario. La Redenzione è Cuore, non un “vestito”.
Il «Figlio dell’uomo» non assume azioni standard; ci educa: affina la consapevolezza personale, e della nostra condizione.
Non lo fa per paternalismo, né per coprirci di accuse moraliste: consente di amare, scavalcando il formalismo nel rapporto col Padre.
La sua Presenza di Agnello che offre tutto di sé - anche la pelle - interpella l’umanità e la guida a riflettere sulla sua realtà, precaria anche nel cuore.
Coscienza d’incompletezza che può attivare ciò che conta: il cammino di Esodo, convinto, coinvolgente - a partire dal Centro di sé, piuttosto che da esteriorità legali.
Senza adempimenti che non ci riguardano.
[Lunedì 19.a sett. T.O. 12 agosto 2024]