(Gv 6,24-35)
Mistica del Seme e Opera-Dono della Fede
(Gv 6,22-29)
Non pochi cercano Gesù non per lo stupore della Persona e della sua Via, ma perché garantisce più sazietà di altri (v.26).
Allora si deve uscire dalla superficialità di corti pensieri. Al Maestro, il rapporto “corretto” sembra già un Amore “finito”.
La proposta di Cristo addita altre mete; non si abbina con l’entusiasmo momentaneo per un fatto sensazionale, né con l’egoismo quieto.
Nel Segno che alimenta la nuova Via [l’Esodo di «barchette» (vv.22-24) che seguono il Cristo] si cela una Vocazione e una Missione.
Al di là di dove si presume.
Una Mistica del Seme donato - per farci finalmente partire senza tutori (v.22) - spalanca il senso dell’esistere personale.
Il «Figlio dell’uomo» è la persona dotata di umanità piena, che raffigura l’uomo nella condizione divina.
Egli è sempre sorprendentemente sull’altra sponda (v.25) per farsi quel “non so che”: ‘Profumo’ della Chiesa in uscita.
Eros oltre, che vince attaccamenti, abitudine, equilibri consolidati.
Il Signore non identifica il benessere spirituale con lo spegnersi della fiamma dell’anima, nei vezzi anche dell’attivismo.
Pertanto l’Opera richiesta non riguarda affatto il soddisfacimento delle molte prescrizioni.
Essa non somiglia ai soliti lavori di allestimento [il «fare»: v.28], perché è piuttosto Azione singolare di Dio [Soggetto] in noi.
Le osservanze devono essere tediosamente ammucchiate una sull’altra.
L’Opera divina che si compie in ogni nostro gesto è invece Virtù preziosa, Energia inattesa.
Nuova opportunità per incontrare noi stessi, i fratelli, un altro litorale - e staccarci dall’esteriorità.
Gesù si autorivela nel segno della frazione del Pane.
«Cibo che dura per la Vita dell’Eterno» (v.27) ossia che sfocia in una esperienza che già qui e ora possiede la qualità indistruttibile della stessa intimità di Dio.
Per ricevere l’Alimento ben sminuzzato che sostiene e diviene in noi sorgente di vita completa, il “lavoro” da fare non appartiene al genere di quelli che possiamo apprestare - neppure secondo legge e devozioni.
Può essere solo una risposta all’opera che il Padre stesso svolge dentro ciascuno di noi; anche se non apparisse subito brillante e finalizzata.
Ed ecco il capovolgimento garantito dall’avventura di Fede:
La sottomissione religiosa viene scalzata dall’Accettazione, che ha un senso assai meno mortificante (e riduzionista); viceversa, rispettoso dei tentativi. E creativo.
Cambia la relazione con Dio.
Essa diviene di pura accoglienza; eppure inventiva, per Nome: irripetibile e personale.
Non più di rinuncia passiva, rimprovero, purificazione, obbedienza [apparenze da Signorsì].
L’Eros fondante non ci sgrida: è unicamente Dono. Per una Reciprocità sana, rispettosa del nostro carattere e ascendente.
In tal guisa l’attrazione non si spegnerà. Essa vuole ogni giorno i suoi picchi; non gli basta trasformarsi in normale simbiosi, poi abitudine.
Piuttosto, sogna un Cammino largo.
Il resto rimane purtroppo sequela inefficace o ambigua; portando l’anima sempre in guerra con se stessa e gli altri.
Binario che qua e là può manifestare solo caricature cieche, unilaterali, forzate, della Sua Immagine - malgrado le pretese d’eccellenza.
Meccanismi che fanno male.
Mistica del Pane della Vita
(Gv 6,30-35)
Ciò cui allude il termine «Pane» usato da Gesù in questa pericope deriva dal termine ebraico «Lechem», la cui radice [consonanti «l-h-m»] evoca il suo «essere macinato» e «vagliato» nella Passione d’amore; quindi riguarda in filigrana il dono completo sulla Croce.
Secondo una credenza giudaica, l’avvento del Messia sarebbe stato accompagnato da una pioggia di Manna dal cielo - detta Manna del secondo Redentore - per soddisfare gli appetiti materiali.
Pane che non dura.
Vi erano anche speculazioni rabbiniche le quali riflettevano altre pretese, non di necessità fisica; e narravano del «pane» disceso dall’alto in figura sapienziale (Dt 8,3: «l’uomo non vive soltanto di pane, ma di quanto esce dalla bocca del Signore»; cf. Sap 16,26).
Per soddisfare le esigenze esistenziali e i grandi accorati interrogativi di senso, Gesù si rivela e presenta come Pane della Vita indistruttibile.
Ci sono domande cui non riusciamo a dare risposta: per quale motivo il dolore e le umiliazioni, perché ci sono persone fortunate e altre che senza colpa vivono infelici; per quale grande compito siamo nati e perché malgrado gli agi non ci sentiamo ancora compiuti.
La nostra esperienza è come avvolta nella confusione dei quesiti di fondo... e spesso manca perfino l’occhio e il calore di un Testimone.
Cerchiamo allora una Persona che traduca tutto in Relazione, e desideriamo ardentemente il suo Alimento sapienziale - un fondamento, il tepore umanizzante, e una sintesi di ogni verità, di tutta la storia.
Solo Gesù e la sua vicenda donano significato ai molti accadimenti; anche a limiti, ferite, confini, precarietà.
Egli è Sogno, Senso, Azione e Voce del Padre. Chiave, Centro e Destinazione di ciascuno e dell’umanità. Unico Cibo per la ‘fame’ e unica Fonte per la ‘sete’ della donna e dell’uomo sottoposti a prove e interrogativi.
Ai tempi di Gesù, per devozione diffusa Mosè continuava a essere il grande condottiero cui credere e aderire. Ma secondo il Signore quella dell’Esodo dei “padri” si configura come proposta che non ha futuro: non garantisce orientamento, sussistenza e vita gioiosa, solida e piena.
Essa non permane neppure come un ceppo dell’adesso. È solo un seme arcaico, un’escrescenza particolare disfatta in favore del mistico e rinnovato Frumento che fa procedere sulla Via autentica.
Il costume pio e inattuale - con tutte le sue fatiche - non aveva assicurato il grande cambiamento: l’accesso alla ‘terra della libertà’.
Il Dono dal Cielo preparava e disponeva un’altra Nascita, sconvolgente fin dalla radice il nutrimento leggero, tedioso e insipido; qualunque, per tutte le stagioni.
Nessuna ricetta rassicurante ci sovviene, perché la ‘seconda Genesi’ e crescita nello Spirito ha carattere, ma non accade una volta per tutte.
Anche le piaghe e gl’incerti della vita diventano una ‘chiamata’ a nutrirsi della Persona di Cristo. Ma reinterpretandolo con risposte nuove a domande nuove; per generarsi ancora e crescere in Lui e di Lui.
Così siamo negli episodi, eppure fuori del tempo; nell’Amore che nasce, ancora nuovo.
Possiamo provare il gusto di vivere, invece della condanna di sentirsi sempre insidiati.
Per questa unione sponsale e sempre inedita, la portata immensa della sua Persona sminuzzata, ruminata, fatta propria come si fa con un cibo, diventa Vita stessa dell’Eterno (v.33).
Unzione che non decade, che chiama insieme a Concelebrare.