Il Signore della Vita (o il segno pallido)
Gv 11,19-27 (1-45)
L’evento della morte sconcerta, e quella di un amico di Dio in comunità [Betania] forse accentua gli interrogativi sul senso del nostro credere e impegnarci a fondo.
Per quale motivo nel momento del massimo bisogno, il Signore lascia che cadiamo? Perché sembra non esserci (v.21)?
Lasciando morire anche i suoi più cari amici, Gesù ci educa: non è sua intenzione procrastinare l’esistenza biologica (vv.14-15), né semplicemente migliorarla un pochino.
Eterna [nei Vangeli, la stessa Vita dell’Eterno: Zoè aiònios] non è questa forma di vita [nei Vangeli: Bìos - magari potenziata] bensì solo i suoi tempi dell’amore forte.
Il Mondo Definitivo non interferisce con il decorso naturale.
Per questo motivo il Signore non entra nel “villaggio” dove altri sono andati a consolare e fare le condoglianze.
Vuole che Maria esca dalla casa dove tutti piangono disperati e porgono cordoglio funebre - come se tutto fosse finito.
Intende tirarci fuori dal “piccolo borgo” dove si crede che la fine terrena possa essere insensatamente solo dilazionata, fino al sepolcro senza futuro.
La naturale commozione per il distacco non trattiene le lacrime, che spontaneamente «scorrono dagli occhi, scivolano giù» [dakryein-edakrysen].
L’emozione non produce un pianto scomposto e urlato [klaiein] come quello inconsolabile dei giudei [vv.33.35 testo greco; la traduzione italiana fa confusione].
Nessun commiato. Per questo motivo, segue l’ordine di togliere la pietra che a quel tempo chiudeva le tombe (v.39).
Il forte richiamo è assolutamente imperativo: i ‘defunti’ non sono ‘morti’, come credono le religioni antiche; la loro vita prosegue.
«Lazzaro, qui fuori!» [v.43 testo greco]: è il grido della vittoria della vita.
Nell’avventura di Fede in Cristo scopriamo che la vita non ha pietre sopra. Basta, piangere le situazioni mortifere, e i “morti”!
L’appello che il Signore fa è che non esiste un mondo di scomparsi, ben separati da noi; a se stante, privo di comunicazione con l’attuale.
Le credenze arcaiche immaginavano infatti che l’Ade o lo Sheôl fosse una grotta buia, intrisa di nebbia, qua e là popolata di larve inconsistenti e vaganti.
Il mondo dei vivi non è separato da quello dei defunti.
«Lazzaro si è addormentato» (v.11), ossia: non è un decaduto, perché gli uomini non muoiono. Essi passano dalla vita creaturale [bìos] alla Vita piena [Zoè].
Il defunto ha lasciato questo mondo ed è entrato nel mondo di Dio, ri-Nato e generato al suo essere autentico, completo, definitivo.
Quindi: «Scioglietelo e lasciatelo andare!».
Insomma, Lazzaro non è semplicemente finito nella fossa, né ben rianimato da Cristo egli si ripresenta in questa forma di vita per un altro tratto… inesorabilmente segnato dal limite.
Nel racconto, infatti, mentre tutti vanno verso Gesù, Lazzaro no.
Non è questo ciò che Gesù può fare di fronte alla morte. Egli non immortala questa condizione, altrimenti l’esistenza continuerebbe ad essere un’inutile fuga dall’appuntamento decisivo.
Ed è ora di finirla di piangere la persona cara: «defunta», non ‘morta’.
Non dobbiamo trattenerla con visite ossessive, memorie tormentate, talismani, condoglianze: lasciamo che esista felice nella sua nuova condizione!
Vita per noi e Vita per coloro che sono già fioriti nel mondo della Pace di Dio - dove si vive appieno: gli uni con gli altri e gli uni per gli altri.
[Ss. Marta, Maria e Lazzaro, 29 luglio 2024]