Lo vedi nel pastore, quando espone la sua vita
(Gv 10,1-10.11-18.27-30)
Siamo abituati a immaginare Gesù come Pastore attorniato dal gregge con una pecorella sorretta sulle spalle o tra le braccia. Tale la riproduzione della parabola di Lc 15 e Mt 18.
In alternativa ai sinottici, il quarto Vangelo parla del tratto distintivo di Gesù quale Pastore vero, prendendo spunto dal carattere audace di Davide nell’episodio riportato da 1Sam 17,32-36:
«Davide disse a Saul: "Nessuno si perda d’animo a causa di costui. Il tuo servo andrà a combattere con questo Filisteo". Saul rispose a Davide: "Tu non puoi andare contro questo Filisteo a combattere con lui: tu sei un ragazzo e costui è uomo d’armi fin dalla sua adolescenza". Ma Davide disse a Saul: "Il tuo servo pascolava il gregge di suo padre e veniva talvolta un leone o un orso a portar via una pecora dal gregge. Allora lo inseguivo, lo abbattevo e strappavo la pecora dalla sua bocca. Se si rivoltava contro di me, l’afferravo per le mascelle, l’abbattevo e lo uccidevo. Il tuo servo ha abbattuto il leone e l’orso».
Il «Pastore quello Bello» [nel senso orientale di affascinante ma pure autentico, vero e giusto, forte e ardito] di Gv 10 non accarezza il gregge. «Non sta a pettinare le pecore!».
È piuttosto la guida e il protettore che non solo sfida le intemperie, ma soprattutto non teme gli animali feroci, che vogliono profittare anche di una sola pecorella.
Nelle scorse domeniche i Vangeli hanno messo in evidenza come anche oggi possiamo vedere il Risorto.
Nell’episodio di Tommaso, in che modo si manifesta nella comunità riunita per il culto; la settimana scorsa, come percepirlo in giorno feriale e negli ambienti ordinari dove si svolge la vita quotidiana.
Oggi possiamo notare come il Risorto si riveli in un «pastore» in carne e ossa, che decide di non fare il ninnolo da salotto - e di non scodinzolare se arriva qualche prepotente o finto padrone.
S. Agostino scrive: «Tu uomo devi riconoscere che cosa eri, dove eri, a chi eri sottoposto [...] eri affidato a un mercenario che al sopraggiungere del lupo non ti proteggeva [...] Questo pastore non è come il mercenario sotto il quale stavi quando ti travagliava la tua miseria e tu dovevi temere il lupo».
Notizia Lieta del tempo di Pasqua è che la nostra vita da salvati viene assicurata dalla decisa intrepidezza di fratelli che al pari di Gesù (solo qui simile a Davide) non temono di lottare, sino ad esporre se stessi per tutelare i senza-voce del gregge.
Pastore autentico è colui che ha fegato di fronteggiare sia falsari che predoni, per strappare i disorientati e indifesi dai loro artigli.
La sua credibilità si riconosce fin dalla Voce decisa, che non si lascia tacitare dai ricatti. Non si lascia mettere paura dagli smaliziati, né a cuccia per la scarsa presa sociale.
La sua Parola-evento prolunga l’attività creatrice del Padre, che restituisce vita, arricchisce la vita, rallegra la vita dei figli.
Questa la sua Bellezza, ossia la sua pienezza d’Amore che permane, colmandoci di senso - nel tempo della transumanza e nel cambiamento di stagione.
«Il Pastore, quello bello, dà la propria vita per le pecore» (v.11): Egli ha uno stile che capovolge la catena di comando.
In tal guisa, il Maestro non ha mai invitato nessuno [neppure fra gli apostoli] a fare il “pastore”, ossia colui che dirige e comanda il gregge.
I suoi intimi sono chiamati a essere «pescatori di uomini». Interessati alla realtà delle persone.
Non “direttori”, bensì mettersi a servizio della vita e della libertà di coloro che sono purtroppo invischiati in abissi soffocanti, pericolosi gorghi di morte.
Il di più della Fede?
Lo spunto e la freschezza di chi espone la propria vita senza retrocedere, per difendere gli innocenti, ultimi arrivati.
Nessun dirigismo.
[4.a Domenica di Pasqua, del Pastore Bello, 11 maggio 2025]