(Lc 5,12-16)
Il Tocco di Gesù ne riassume vita, insegnamento e missione: Dio è tutto fuori dei binari, sia di antico costume che delle mode.
Egli non teme di contaminarsi - neppure con un individuo coperto di malattia e incrinature [«pieno di lebbra»: v.12].
Nessun lebbroso poteva vivere in zone urbane, ma Lc vuole sottolineare che... è il modo consueto di intendere la religione e le sue infinite casistiche che ci disperde.
Sono queste minuzie [o le idee dominanti] che snervano e rendono la gente impura - insinuando null’altro che dubbi disarticolati sulla propria dignità; per infine stringere un pugno di mosche.
Dice il Tao Tê Ching (xxxix): «Quando hai finito d’enumerar le parti del carro, ancora non hai il carro».
Le norme legaliste privano del contesto e scippano la Visione. Invano, accusano il nostro carattere, da cui il Signore vuole viceversa estrarre un capolavoro.
Esse emarginano troppe persone e le colpevolizzano, le fanno sentire sporche dentro - inculcando quel senso d’inadeguatezza che incide negativamente sull’evoluzione del cammino, sulla crescita della donna e dell’uomo.
Certo, resi trasparenti in Dio, tutti ci cogliamo pieni di mali (v.15) e ancora lontani dalla Vocazione. Ma ciò non deve segnare la nostra storia.
Cristo non ci disintegra nel tormento: senza posa presenta orizzonti, infonde suggerimenti, innesca reazioni - che facendo avanzare, infine recuperano il nocciolo dell’essere.
Siamo interpellati, ma il nostro oggi e il domani possono non risultare dal nostro “ieri” [forse segnato da banali giudizi di condanna].
In Cristo la povertà ‘sta preparando’ uno scatto, diventa più che una Speranza (vv.12-13).
Allora, non bisogna prima farsi “mondi e precisi” per avere poi il diritto di presentarsi a Dio: il suo Amore è sintomatico e coinvolgente, perché non insinua pretese, non attende anzitempo le perfezioni dell’altro.
La Fonte del Gratis trasforma e rende (essa) trasparenti: non modula la generosità sulla base di meriti conformisti. Al contrario - sovviene i bisogni, assolutamente personali.
La norma religiosa accentuava le esclusioni e castigava alla solitudine, all’emarginazione sociale.
Il lebbroso doveva vivere lontano dagli altri, ma avendo capito che solo la Persona del Signore poteva mondarlo (vv.12-13.14), ripetutamente trasgredisce la Legge.
Lc vuol dire: non bisogna avere paura di denunciare con la propria iniziativa che alcuni costumi sono contrari al progetto di Dio!
Di fatto, non c’è modo di arrivare ‘vicino’ al Figlio [avere un rapporto personale con Lui] senza inventarsi ciascuno di noi un’opportunità, un tempo propizio, che dribbli e assolutamente non ricalchi la mentalità della solita gente attorno - talora appiccicata per interesse o grettezza.
L’ambiente devoto in nevrosi tenterà di porre freno a qualsiasi inquietudine o segreto personale, ma nel rapporto con Dio e per realizzare la vita è decisivo che restiamo amanti della comunicazione diretta, del dialogo con la Fonte rigeneratrice e superiore; appassionati del vissuto d’amore, senza terzi incomodi.
Infatti, anche il Figlio di Dio - per aiutare il prossimo (giudicato) impuro e (visto) contaminato - trasgredisce la prescrizione religiosa!
Essa imponeva di stare lontano dai lebbrosi [un male che corrode dentro, immagine stessa del peccato] per rimanere indefettibili.
Con quel gesto, Cristo c’impone la pratica del rischio, sebbene per legge di religione Egli stesso col suo Tocco divenga un inquinato da mondare e tenere lontano (v.16) - privo di diritti.
Ma Gesù rivela il Volto del Padre: vuole che ciascuno di noi possa vivere con gli altri con le sue eccentricità, ed essere accettato, non segregato - in tal guisa, reinterpretando e capovolgendo ancora le prescrizioni dei primordi (v.14; cf. Lv 13,49).
Sta dicendo ai suoi [che già nelle prime comunità dimostravano tendenze “strane”]: siete obbligati ad accogliere in tutto anche i lontani e miserabili, e a lasciarli prendere parte attiva alle liturgie e alla gioia delle feste.
Dietro i bagagli differenti - che provocano disordine - c’è il segreto di un nuovo ordine, e della Felicità.
Il Risorto (v.12: «Signore») continua a suggerirci, sfidando l’opinione pubblica:
«Il certificato di guarigione glielo fornisco io, alla gente che fate sentire in colpa. Le mie “guide” non devono avallare, bensì solo constatare che il difetto dei mancanti me lo sono assorbito io - anzi, in me il lato oscuro di ciascuno diverrà sbalordimento».
Nell’attitudine di tale spiritualità capovolta - ora non più vuota, né riempita d’artificio e preclusioni - eccoci spinti all’Annuncio entusiasta dell’esperienza concreta che ciascuno tiene con Lui.
In un primo tempo, essa può anche risultare carente, solo perché non vuole essere considerato un re trionfante di questo mondo (v.14a).
Bella comunque, tale sovversione che unisce i tratti divini e umani!
Rovesciamento che offre a noi la purità di Dio, e affida a Lui la nostra incertezza: appunto, ‘unica eversione che riunisce’ molte folle (v.15 finale).
Questo sì è un Dio amabile!
Amico che rendendosi presente nel fondamento e nel senso stesso del luogo di Dio sulla terra - la sua Chiesa affabile, non antipaticamente selettiva - abbatte le barriere e fa sentire ciascuno adeguato.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Come sfidi l’opinione pubblica del tuo tempo, e le mode, per favorire la sensibilità, la cordialità, la pratica dell’uguaglianza di opportunità, della libertà, dell’amore conviviale?
[Feria propria dell’11 gennaio]