In Sinagoga e dal precipizio
(Lc 4,14-22)
Anticamente in Israele la famiglia patriarcale, il clan e la comunità erano la base della convivenza sociale.
Garantivano la trasmissione dell’identità di popolo e assicuravano protezione agli afflitti.
Ma al tempo di Gesù la Galilea soffriva la segregazione dettata dalla politica di Erode, e pativa l'oppressione della religiosità ufficiale.
La congiuntura politica ed economica obbligava le persone a ripiegarsi su problemi materiali e individuali o di famiglia ristretta.
Situazione che stava portando al collasso le fasce di popolazione meno tutelate.
Gesù vuole invece tornare al Sogno del Padre: quello ineliminabile della Fraternità, unico suggello alla storia della salvezza.
Così, secondo Lc la prima volta che Gesù entra in una Sinagoga combina un bel pasticcio.
Non va a pregare, ma a Insegnare cosa sia la Grazia di Dio [non svigorita da chiose o false istruzioni] nell’esistenza reale delle persone.
Sceglie un passo che riflette la situazione della sua gente, oppressa dal potere dei dominatori, che ai deboli stava facendo patire confusione e povertà.
Ma la sua prima Lettura non tiene conto del calendario liturgico.
Poi osa predicare a modo suo e personalizzando il brano d’Isaia, da cui si permette di censurare il versetto che annuncia la “vendetta” di Dio.
Quindi neanche proclama il passo previsto della Legge.
Inoltre per il Figlio di Dio lo Spirito non si rivela nei fenomeni straordinari del cosmo, ma nell’Anno di Grazia [«un anno accetto al Signore»: v.19].
Possibile che la Somiglianza divina possa manifestarsi in un uomo premuroso verso i meno facoltosi, che disattende le consuetudini ufficiali, non crede alle ritorsioni, e palesa forme di spontaneità incontrollata?
È un richiamo per noi.
Al pari del Maestro, invece di ragionare con pensieri indotti e farci sequestrare dalla pesantezza di rifiuti e timori, in Lui iniziamo a pensare con i codici empatici della nostra Chiamata che irrompe.
La Visione-Relazione (v.18a) irripetibile e a maglie larghe - senza riduzioni - diventa allora strategica, perché possiede in se stessa il ‘richiamo’ dell’essenza radicale, e tutte le risorse per risolvere i veri problemi.
Ascoltare la proclamazione dei Vangeli (v.18b) è ascoltare l’eco di se stessi e del popolo minuto: scelta intima e fraterna.
E starci dentro senza le foglie morte dell’unilateralità - per vagare liberamente in quel medesimo Appello; non trascurando parti preziose di sé, né amputando le eccentricità, o l’intuito proprio dei ceti subalterni.
In tal guisa, permaniamo nell’istinto di essere e fare felici, senza mai lasciarsi imprigionare dalla brama di sicurezze a contorno: ricerca stagnante.
Il Regno nello Spirito (cf. vv.14.18) sa cosa ci serve. Esso ha cessato di essere una mèta di semplice avvenire.
È la sorpresa che Cristo in noi suscita grazie al suo Sogno, intorno alla sua proposta dalla marcia in più.
Il Signore non ci trascura: spegne il rimuginare accusatorio e ridisegna in modo creativo.
Egli fa nascere ancora e motiva, recupera le dispersioni e rinsalda la trama.
È divina perché personale e sociale l’Energia nuova, abilitata a creare l’uomo autentico.
Questa la piattaforma che opera la svolta.
[Feria propria del 10 gennaio]