In tutte le religioni l’uomo è invitato a legarsi al beneplacito divino per ricevere luce e forza, sottomettendosi alla sua autorità.
Il dilemma delle assemblee romane - qui riflesso - è se chiudersi o viceversa aprire il circuito del sacro.
E se personalizzare, o indietreggiare e ripetere.
Il brano di Mc associa le icone del mare, del cimitero, dell’indemoniato che vaga, e delle legioni romane.
L’ottica è quella della nostra purificazione battesimale in Cristo, la quale affoga impurità e germi di morte.
Nella letteratura semitica l’immagine del «mare» allude alle forze disordinate, senza meta e non conformi al progetto di Dio sull’uomo.
Potenze che generano caos nella nostra esistenza.
«Cimitero» è l’amaro panorama di un mondo che smarrisce il fondamento del suo essere e divenire.
Circolo assiduamente costretto a tentoni… per risolvere problemi e non perdere definitivamente l’onda vitale.
Il «porco» è figura di quel genere d’irrimediabile contaminazione [simbolo del paganesimo] che impediva all’essere umano il rapporto con Dio - e sentirne l’accoglienza.
«Legione» è nome d’ogni potere (qui religioso, politico e militare) che soffocava gli aneliti alla felicità, producendo smarrimento, emarginazione, divisione interiore.
Milieu e fattore determinante di processi che peggioravano le stesse indigenze congenite.
L’ideologia imperiale era minacciosa e distruttrice. Faceva leva sulle paure della gente, al fine di sottomettere le coscienze.
Questa la situazione delle persone - sgretolate dentro - prima dell’arrivo di Gesù.
Le legioni poi manipolavano in modo ideologico le credenze popolari relative ai demoni - per frantumare le personalità singolari, e accentuare l’arrendevolezza delle masse già oppresse.
Viceversa, nell’esperienza della vittoria della vita sulla morte, le prime comunità cristiane sperimentavano respiro di Fede e il tornare in sé - come una terapia dell’anima.
Vivevano una sorta di sproporzione e autocontrollo - malgrado le sconfitte nella predicazione.
L’antica assemblea che un tempo aveva orrore delle contaminazioni iniziava ad aprire le porte del ghetto purista, rendendo tutti partecipi.
La chiesa si distaccava dalle credenze comuni nella capitale dell’impero, le quali trasmettevano competizioni perverse, e ai deboli un senso di mortificante soggezione - mancanza di autonomia e coscienza.
Certo, i primi annunciatori si rendevano subito conto che il nuovo senso di libertà produceva un duplice sentimento: non sempre l’uomo oppresso vuol essere liberato dalle sue alienazioni e tormenti.
Gesù affascina e costerna. Fa precipitare i legami inconsistenti, e gli idoli comuni.
Il suo Messaggio è decisivo e benefico, ma obbliga a sconvolgere abitudini, finalità, e ogni chiusura.
Dio non è un controllore di biglietti
(Mc 5,18-20)
Siamo chiamati a un più intenso godimento dell’esistenza e ad una nuova “Testimonianza”.
Quest’ultima non riguarda sforzi, rinunce, o facili moralismi.
Il Signore non vuole che ci mischiamo con l’ufficialità malata di chi gli fa ressa attorno, bensì che percorriamo la nostra via.
L’invito di Gesù (Mc 5,19) sbalordisce.
Demoni ideologici mortificano l’essere, e sono da cacciar via - malgrado la massa devota sia soddisfatta così.
Forse la gente si è abituata a ospitarli nell’ambiente cui rimane affezionata; e ormai li considera parte dell’imprescindibile panorama (Mc 5,1-17).
Ecco allora contrapporsi l’avventura della Fede - sulla base della propria esperienza di Dio.
In tal guisa, l’Annuncio battesimale ha il “compito” di allargare gli orientamenti e dilatare la comunicazione Cielo-terra.
Ciò a partire dalla straordinarietà della persona. Per la gioia di tutti.
Il Profeta disturba gli equilibri antichi perché non si adatta al quieto vivere.
Egli procede controcorrente… per necessità di focolare intimo, che sente come un roveto acceso e inestinguibile.
Va incontro non al parere altrui, ma all’acqua sempre fresca e cristallina della Sorgente in atto.
Il paradigma innato che si annida nella Chiamata gli trasmette la visione di una rotta, un istinto del procedere. Perfino l’attrezzatura essenziale.
Impulso di vita - o esodo - che abilita a incamminarci verso quell’indirizzo, assoluto perché irripetibile.
L’interfaccia naturale del tragitto si annida nella identità profonda di ciascuno.
La sua unicità straordinaria, impareggiabile e insolita, si manifesta con inclinazioni emotive privilegiate - e nelle eccentricità personali - spesso già rilevabili in tenera età.
La Vocazione si svela all’anima in un desiderio bruciante e attraverso una vera e propria immagine [unica per ciascuno, anche trasognata ma durevole] percepibile dall’occhio interiore, che periodicamente fa capolino.
Si tratta magari del panorama di una situazione di futuro - non solo individualisticamente irripetibile e singolare (o altro).
Essa possiede l’autentica perfezione di carattere persino relazionale della condizione divina. Ma con proprio punto di vista - pur comunionale e festoso - il quale fa eco perseverante e accompagna la via da percorrere.
Interagendo con l’ambiente circostante e anche per contrapposizione, ogni radice farà il suo frutto.
Ma qualsiasi distrazione dal proprio carattere diventerà un faticoso labirinto...
Normalmente si crea una lotta fra la scintilla divina individuale e la restrizione dell’ambiente assuefatto, già dotato di sue contorte perizie.
Di conseguenza, la difficoltà di portare avanti il viaggio è garantita da quell’icona nascosta che è la nostra reale e ideale portata.
Ciò vale assai più che le rassicurazioni profuse da saperi preponderanti - in loco - o destrezza e disciplina.
Realizzarsi farà rima con affidarsi, però al contrario del senso antico.
Infatti, per giungere ad attuare le proprie aspirazioni non bisogna migliorare imitando modelli “giusti” e diventare abili, o imporsi sforzi maggiori.
Come ribadito da Papa Francesco: «Dio non è un controllore di biglietti».
Per avverare il sogno della vita non c’è da fissarsi, obbedire a voci esterne, e sudare.
Piuttosto ci si deve lasciar andare alla propria natura innata, alla propria quintessenza: lì c’è il segreto della nostra Felicità.
Qui, anche per tentativi parziali ed errori momentanei che ricalibrano, ognuno trova la propria strada e si realizza. Non resta sempre ai blocchi di partenza, né si sente inferiore agli amici più titolati.
Ha acquisito la sicurezza di come piacere a se stesso e al Padre.
Perché produce effetti attrattivi, la sua bellezza spontanea coinvolge anche gli altri.
Ed è quella che ha trovato il modo di buttar via tante zavorre: l’antico atteggiarsi artificioso, con le cose inutili e statiche.
Dando una svolta… ci rimettiamo in contatto con l’energia antica dell’inclinazione eccezionale - persino negli acciacchi.
Nella vita pia, per crescere bisogna di norma sottoporsi a un compito previsto, e - se proprio si vuole eccellere - estenuarsi in rigide procedure, che sono già state di altri.
Così si può sperare di fare “carriera” religiosa, anche spiritualmente atletica o di passerella - da cooptati nelle alte sfere del bon ton.
L’anima che invece corre nel binario della sua completezza toglie di mezzo la mentalità paludosa (scoraggiante l’insolito) per dirigersi verso una nuova nascita e infanzia.
Genesi e sviluppi che riattivano gli interessi, o il nostro “pallino” - e fanno spiegare ali di vivacità. Onda che ci appartiene.
Esemplarità stupefacente.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Da quale potere alienante ti ha salvato la Fede in Cristo?
Tornare in te stesso o altro? Cosa t’importa in comunità? La guarigione dell’umanità dissipata o il consueto legame - inconsistente e da far precipitare - con idoli comuni?
Fede, caricature e Sequela differente
Mc 5,18-20 [Lc 9,57-62]
Per i semiti, le figure genitoriali indicano il legame con l’etnia, la tradizione, il passato e l’ambiente culturale.
Gesù sembra escludere la correlazione a tali figure, benché si rivolga ai suoi in modo esclusivo e singolare.
Mai parla di padri, ma del Padre - che non è un ripetitore.
Quindi impone a tutti un taglio orizzontale con le consuetudini che potrebbero ritardare o condizionare la sua Chiamata, la scoperta profonda del senso degli eventi, il sorgere d’una mentalità nuova, la Sequela.
Egli diversifica le Vocazioni, per far comprendere a ciascuno il carattere intimo, per Nome, del rapporto di Alleanza nella Fede - che non spersonalizza come nelle religioni.
La simbiosi con la mentalità circostante o la stessa conoscenza intellettuale possono paradossalmente offuscare proprio l’intelligenza delle irripetibili inclinazioni che nel nostro intimo manifestano la firma impareggiabile del Creatore.
L’Appello autentico coglie la donna e l’uomo in modo esclusivo e penetrante, nell’unicità del loro vissuto. Che Patto e Missione sarebbero, altrimenti?
A volte la cosa migliore da fare per se stessi e per il prossimo è tagliare un cordone ombelicale, e prendere le distanze dalle aspettative di persone frequentate abitualmente.
La decisione è essenziale per poter cercare il senso dello Spirito ch’è solo Amore personale - e diventa la vera Passione.
Qui lo stato interiore d’individuazione e indipendenza dev’essere ben presente all’anima.
Frequentando i medesimi ambienti conformisti, ci s’identifica in persone e situazioni: si blocca così il centro delle aspettative e dei sogni. Non si aprono le porte di altri mondi, d’un altro regno.
La personalità vuole il suo spazio d’autonomia, perché la vita in pienezza è sperimentare una fresca cascata di rinascite in Cristo - facendo festa insieme, ma stando sulle proprie gambe.
Impossibile per la nostra natura... ma la Fonte dell’essere ci conduce come abile regista, sempre di novità in novità. E la sua Sapienza profonda farà danzare - anche se non avessimo mai imparato a ballare in stile.
Che vita di Fede sarebbe quella che pretende di arginare le onde del mare aperto per farci restare sempre nella rada più conosciuta, rassicurante?
Appoggiarsi alla famiglia, agli amici, all’opinione assuefatta, all’insenatura del club o alla spiaggia del movimento [insomma, voler assomigliare per strappare subito consenso] non ci permette di vivere nuove genesi.
Gesù è perentorio, perché la scelta è decisiva.
Chi sta con la testa bassa o all’indietro - o nel confronto - non può sperimentare l’avventura della Fede; non vive, ma si trascina dietro la religione dei morti.
Chi sta solo nel futuro e non ha senso della realtà sperimenta illusioni. Ma chi rimane nel passato o coi modelli, sta con gli scheletri (non solo nell’armadio) e non percepisce il senso del mutamento.
Facilmente si ossessiona o rimugina, cronicizzando. Mentre la novità degli stimoli potrebbero introdurlo in una catena di balzi impensati.
Per questo i legami famigliari e culturali martellanti possono togliere intensità o carattere alla Chiamata per Nome.
Ne intaccano il necessario spazio, invaso da troppi Signorsì - che non ci appartengono e non vogliamo. Solo bloccano i meccanismi riposti.
Nell’esodo appassionato con Gesù, il piacere della Vocazione non può permettersi che siano le inclinazioni altrui [e conformi] a riversarsi, pervadere, occupare il nostro mondo e tempo personali.
Per ascoltare e fare proprio l’Appello alla Missione è necessario edificare una sfera del Sé eminente, inattaccabile, amicale; custodita - di cui nel tempo impareremo a prendere il passo e gli orizzonti.
Questo ambito individuante, dai confini tutelati da interferenze, ci aiuterà nel Dialogo della preghiera. E allontanerà dal pericolo di venire assorbiti dalla mentalità comune; impersonale, accomodante.
La difesa di tale riservatezza densa d’Inedito non istituzionale diventa la molla e grinta della nostra vita impegnata, che non fa retromarcia.
Col tempo tale Nido c’insegnerà a esprimere in modo non adibito, bensì genuino, la qualità delle relazioni - persino il pieno disaccordo con la mentalità esterna vincente e che ha potere, se banale.
Chi sceglie altrimenti, prima o poi dovrà compensare il taglio (di sé) con gratificazioni di varia natura, che lo allontaneranno dal proprio volto e dall’ideale che intimamente corrisponde.
[Persino una santa cattiveria sognante può servire a ritrovare l’intimo Nucleo di persona, il sacro di ciascuno].
Non siamo chiamati a adeguarci a un buonismo neutrale che vuole solo piacere fuori, magari perché ha timore di essere escluso dal giro o giudicato male - perfino al contrario.
Dietro le linee portanti della personalità di ciascuno si nasconde una Perla, che per poter dare contributi significativi secondo Disegno del Signore deve manifestare le proprie singolarissime sfumature.
Soprattutto nella relazione sponsale con Dio non bisogna adattarsi a ruoli che profondamente non ci appartengono.
Nel tempo, il compromesso diventa un habitus che fa smarrire le tendenze naturali: in esse sono annidati i cromosomi della Vocazione.
La realizzazione della irripetibile missionarietà non avviene secondo personaggio, o princìpi acclarati e diffusi - concordisti e di successo - né perché si va a braccetto con tutto il mondo dei reduci [o di quello “à la page”].
Al contrario dell’adattarsi e lasciarci influenzare dall’irenismo, a un certo punto si devia, per seguire l’Amico interiore che sa dove condurci e non conosce la recita dell’essere comunque d’accordo.
Altrimenti, smarrita l’energia-Persona e la mèta che portano a destinazione, l’Unicità impallidisce nelle mediazioni che ci tengono in ostaggio - dietro vicende, linee di pensiero e ruoli ormai tramontati.
Infine si perde di vista il proprio Eros fondante, che voleva muovere i desideri, il nostro modo di conoscere il mondo e le attività.
[Esito: un Nucleo ormai sfocato, Sorgente che ricicla e non zampilla come prima, dispersa nei mille rivoli dei trasformismi - astute scorciatoie per una carriera senza scossoni].
Ecco allora le grandi danze sul nulla: quello dei mancati pericoli - allestite come compensazione tranquilla proprio da coloro che Cristo definirebbe “gusci vuoti” [«facitori di cose vane»: Lc 13,27 testo originale].
Non di rado proprio gli obbiettivi di casta o di branco legati a un pensiero tribale e settoriale si consolidano - prendono il sopravvento sul peso specifico e sulla intimità dei valori, sostituiti da slogan faciloni e conformisti o adultoidi che plagiano l’esistenza.
Ogni missionario sa che affidare la vita a opinioni di maniera, seriose e quiete, iniziative rassicuranti o scelte da manuale, non sortisce frutto, anzi diventa controproducente.
Il concordismo sembra un rifugio che attrae, ma diventa solo una tana di lusinghe.
Secondo il pensiero cinese, per acquistare smalto e fuggire un servilismo inquinato e logoro, i Santi «si fanno insegnare dalle bestie l’arte di evitare gli effetti nocivi della domesticazione, che la vita in società impone».
Infatti: «Gli animali domestici muoiono prematuramente. E così gli uomini, cui le convenzioni sociali vietano di obbedire spontaneamente al ritmo della vita universale».
«Queste convenzioni impongono un’attività continua, interessata, estenuante [mentre è opportuno] alternare i periodi di vita rallentata e di tripudio».
«Il Santo non si sottomette al ritiro o al digiuno se non al fine di giungere, grazie all’estasi, a evadere per lunghi viaggi. Questa liberazione è preparata da giochi vivificanti, che la natura insegna».
«Ci si allena alla vita paradisiaca imitando i sollazzi degli animali. Per santificarsi, bisogna prima abbrutirsi – si intenda: imparare dai bambini, dalle bestie, dalle piante, l’arte semplice e gioiosa di non vivere che in vista della vita».
[M. Granet, Il Pensiero Cinese, Adelphi 2019, kindle pp. 6904-6909].
La suggestione del passato da perpetuare, il laccio dei giudizi ristretti e i legami di cerchia possono sottrarci la ricchezza celata, rubando il presente e il futuro: questo il vero errore da evitare!
Ciò che conta non è ripristinare la situazione, copiare gli antichi o gli acclamati e forti, identificarsi per stare quieti e non sbagliare, bensì rinnovare se stessi per evolvere, crescere, espandere, stupire.
Altrimenti i nostri goffi problemi saranno sempre identici e non ci sarà Cammino esuberante né Terra Promessa, ma solo un circolo vizioso di rimpianti o finte rassicurazioni.
Per vivere la Fede dell’attimo reale - non rinunciataria e che mette le cose in fila - non si può essere scolaretti ripetenti del luogo o delle mode, del tempo o del giorno prima.