Set 21, 2024 Scritto da 

Lascerà suo padre e sua madre

Mt 19,3-12 (cf. Gen 2,18-24)

 

Conosciamo le oscillazioni della nostra emotività: la persona che ora mi fa perdere la testa, tra una settimana forse mi darà urto di nervi. Ogni mattina ci alziamo con umore differente; dopo un po’ la psiche dà segnali opposti, quindi torna sulle posizioni precedenti.

Ovvio che il filo invisibile del rapporto di coppia non possa riuscire felice e saldo, se i presupposti sono unicamente seduttivi: si finirà in una escalation di apatia o discussioni.

La Parola di Dio propone uno spunto di discernimento assai sapiente per i fidanzati: la nuova Nascita.

Una ragazza lascerà il padre se nella fiammante relazione scopre una prospettiva di migliorate sicurezze, e paternità o possibilità di protezione inedite ancora maggiori; un giovane lascerà sua madre se nella fiaccola del nuovo rapporto scorge un principio di accoglienza, ascolto e comprensione ignoti o superiori alla propria mamma.

Nuova Genesi: è la prospettiva vocazionale irrinunciabile, unica in grado d’integrare la fatica del mettersi in gioco e accogliere l’idea a due di poter anche uscire dalle proprie posizioni - perfino quelle d’inizio relazione.

Nell’innamoramento ci si lascia attivare e attraversare da una Forza misteriosa che [persino al di là del fascino del partner] vuole condurci a una sorta di sprigionamento delle energie nascoste, nell’incessante ricerca dell’identità-carattere.

L’amore ci origina, fa compiere un sentiero non privo d’interruzioni, che costringono incessantemente all’Inizio; a ri-scegliere i valori su cui ci siamo giocati. Quindi nascere e principiare di nuovo, inopinatamente diventando sempre più “giovani”.

Quella fiaccola ardente ci farà fare incontri straordinari, anzitutto nella direzione significativa dell’intimo rigenerato; così non ci sarà più bisogno di catturare il coniuge, per tenerlo fermo o vicino a sé.

È il desiderio sacro che ci crea; poi - a Due - esso diventa ancor più efficacemente sostanza di ciò che ciascuno è chiamato a essere - attraverso passi di felicità che preparano un nuovo originarsi, un distinto abbozzo e destino.

Tutto ciò affinché di onda in onda, di nascita in nascita, e sotto lo stimolo del continuo Dialogo, la nostra essenza si compia, lasciando fiorire la Chiamata per Nome profonda.

 

La naturale complementarietà può consumarsi con l’età, la fatica, le frustrazioni. Invece un riflesso di Amore assoluto, che rimanda e dà le vertigini [perché ci colloca in trame fuori del tempo] è spettacolo che scuote, commuove e conquista.

Irradiare Dio che crea (dentro di noi e nella relazione), riflettere una grande incessante Origine dentro l’unità umana, ci fa essere insieme - a due ma con noi stessi presenti, ed essere-Con la nostra Radice.

Una Sorgente innata che non si esprime in camicie di forza o in una identificazione: dona senso e respiro anche al secondario, al ripetitivo e quotidiano che insidia - e sembra voler farci sfiorire nel disincanto.

Se l’idea del Principio è sempre di casa, non sarà più necessario che la scorza della vita di tutti i giorni modifichi, né che troppe situazioni cambino: è quello sguardo sull’Eternità che fa ri-nascere nel progetto umano (personale ma completo) di Genesi.

È una Presenza… e una Fonte che genera, e l’Orizzonte vitale di Chi si mette dentro le cose… che cambia tanto le nostre piccole cose.

L’Azione di Colui che partorisce alla luminosità antica e nuova dell’anima ci fa crescere e rinascere ancora, per stare sia con se stessi che più saldamente insieme.

La Famiglia diventa una piccola «chiesa domestica» dalla quale «nascono i nuovi cittadini della società umana» (Lumen Gentium n.11).

Essa così manifesta e dispiega l’icona di un Dio che non si esprime in modo rigido, ma nel creare.

Grazie a Genitori in grado di secondare la «vocazione propria di ognuno», nei nuovi albori e nell’incalzare di successivi getti e gemme ciascun virgulto «lascerà suo padre e sua madre».

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

L’esperienza ecclesiale cosa ti ha dato in più nella comprensione del rapporto uomo-donna? E circa la comunione e l’autonomia?

 

 

Concezione legalista e durezza di cuore

(Mt 19,3-12)

 

La polemica coi fanatici del diritto mette in rilievo la necessità di una nuova comunità messianica, che superi la concezione morale esclusivamente legalista.

Il tema scelto dai farisei si prestava a mettere Gesù in difficoltà sull’ideale dell’amore.

Il diritto matrimoniale del tempo imponeva alla moglie di farsi proprietà del marito.

Quindi in ogni caso il divorzio ridondava a sfavore della donna, sempre vista come essere inferiore.

Nella società del tempo, dominio maschilista ed emarginazione dei deboli erano situazioni assodate.

A tutela della libertà proprio della donna (Dt 24,1-4) la legge imponeva che il marito stufo [anche per una sciocchezza o capriccio] scrivesse comunque una “lettera” di divorzio che la sancisse libera.

A differenza della società romana, la moglie non aveva il medesimo diritto: una piaga sociale, che ne oscurava la dignità. In pratica era come un oggetto e una schiava anche in casa propria.

Ma nel creare l’essere umano, non era questo l’intento del Creatore. Così Gesù toglie i privilegi - anche domestici - chiedendo massima uguaglianza di diritti e doveri.

Sapeva che gli stessi apostoli preferivano non sposarsi che rinunciare all’esclusiva del comando, anche solo per scapricciarsi: «Se la situazione dell’uomo con la donna è così, non conviene sposarsi» (Mt 19,10).

Il Maestro non consente il dominio del forte sul debole; pertanto l’uomo deve perdere l’egemonia sulla donna.

La legge nuova è l'amore, e l'amore non consente possessi, sfruttamenti affettivi, catene fisse di comando.

Sia matrimonio che celibato sono scelte che riconoscono il valore della Persona. Opzioni da stupore a motivo del Regno di Dio - non a servizio di alcun compromesso, supremazie, o altri interessi che accampino pretese.

Il progetto divino sull'umanità è trasparente, ampio e generoso. La stessa unione matrimoniale - senza per questo sentirsi vincolati a dominazioni o settori - è chiamata a esprimere la mèta di una Pienezza.

Il più forte non acquista il più debole in proprietà, ma [sfumando da quelle rigide posizioni, senza ipocrisie e compromessi di campo] entrambi si arricchiscono a vicenda - con lealtà e anche nelle divergenze, colte come punte avanzate di una proposta di crescita e dilatazione.

Cristo pretende una nuova impostazione dell’etica [un tempo “a giurisdizione”], ora segnata dai valori primari. Ciò al di là delle regolamentazioni, che cercano di adattare all’ordine... arginando forse le nostre parodie, o mediocrità.

Quindi l’insegnamento di Cristo fa qui appello all’Atto creativo divino che nella natura di persona ha inciso una capacità di dono e  crescita - e che non può essere regolato da clausole di contratto, né sottomesso a condizionamenti e soggezioni.

 

Il seme dell’amore va affidato alla terra, anche melmosa; consci della propria debolezza e della potenza di altre forze provvidenziali.

Anche col terreno scosceso o incerto, se non ci si precipita in pregiudizi artificiosi (o lamenti d’ingratitudine) l’intreccio stesso delle radici produrrà genuinamente la sua fioritura.

In tale corrente energetica spontanea, non subordinata, si edificherà una differente abnegazione - ove il dato di fatto da regolare diviene superamento che sprigiona altre virtù o visuali.

Qui il passo di Fede costruisce persone e comunità, completandole (senza troppe accelerazioni, o restrizioni d’imperio). Per un Amore che senza posa ci origina.

La Famiglia diventa così una ‘piccola Chiesa domestica’ perché insieme autonoma e comprensiva; senza più nomenclature, compromessi, maschere, bavagli o camicie di forza.

Allora la complementarietà vissuta in modo autentico - senza esteriorità - può andare oltre le casistiche degli ordinamenti: essa ha buoni esiti personali e sociali, evocando la stessa Presenza di Dio nel mondo.

 

 

Lasciate che gli esclusi vengano a Me

 

La rinuncia all’orgoglio e il Fiuto senza cittadinanza

(Mc 10,13-16)

 

Dopo i sorprendenti consigli sull’uguaglianza nella relazione fra uomo e donna, Gesù rincara la dose proclamando non solo la dignità dei rapporti fra adulti e figli, ma anche tra veterani di comunità e incipienti.

Per i primi della classe, il Regno di Dio era cosa loro e opera loro. Non veniva all’umanità come Dono - anzitutto da ricevere - ma (secondo schema) era necessario raggiungerlo con osservanze e meriti corrispondenti.

Nel passo di Vangelo Cristo non parla d’infantilismo irresponsabile - criterio purtroppo abusato nell’ascetica (e che rende sguarniti)...

Nessuno può occupare il ruolo del Signore sulla terra, semplicemente perché Egli resta Presente e Veniente; non manipolatore.

Se diventiamo semplici e bambini lo siamo unicamente davanti a Dio: nessun istituto può essere in grado di surrogare Gesù.

In passato, una Cristologia umanamente evasiva ha fatto purtroppo il paio con l’ecclesiologia trionfalista.

Davanti ad essa - soprattutto nei territori di provincia o missione - il popolo considerato puerile poteva adempiere talora con fideismo acritico. Al massimo, pronunciare qualche balbettio (mistico o da formulario).

 

Al tempo di Gesù l’inosservanza delle norme di purità escludeva dal culto e dalla vita sociale sia gl’infanti che i considerati infedeli o frammisti, malgrado dessero palese testimonianza di solida carità.

Il termine greco usato - paidìon-paidìa diminutivo di pàis - indicava un’età compresa fra 8-12 anni, tipica dei garzoni di bottega e dei servetti che in casa dovevano scattare a seguito degli ordini altrui (anche di estranei).

Il Maestro assume questi ragazzini come esempio di disponibilità, in primis per i suoi zelanti Apostoli.

Questi ultimi infatti non entravano subito e spontaneamente nel modo di vedere dei famigliari di Dio… come farebbe un autentico credente in quello del Padre.

Solo chi ha l’apertura dei fanciulli può accogliere la salvezza, perché si sente piccolo, permane ricettivo, umilmente sa ricominciare daccapo e perfino da sottozero.

Gesù s’identifica con i malfermi (v.16). E senza mezzi termini intende addirittura proporli di fatto ai seguaci veterani!

Questo proprio per indicare il tipo di credente che sogna diventino (v.15): la persona che riconosce legittimi i desideri degli altri, e non fa troppe storie se si vede diminuito nella considerazione sociale.

I responsabili di chiesa non di rado già dai primi tempi si sentivano esperti e autosufficienti…

Viceversa, devono essere pronti in Cristo Gesù a nascere sempre di nuovo, altrimenti il loro occhio resterà malato d’una visione del Regno caricaturale e bloccata.

Coloro che non si fidano del disegno del Padre, non procederanno con spontaneità e generosità: si smuoveranno solo se rassicurati a monte, recitando un personaggio stagnante, o una mansione ben ricambiata.

Il piccolo e insufficiente ha invece assai meno riserve mentali - nonché meno zavorre pratiche: si getta in modo genuino ed entusiasta nelle imprese dell’avventura di Fede.

Tutto ciò mentre per gli “eletti” (anche della Chiesa ufficiale) gli “incerti” non contano né rappresentano nulla - se non una cornice talora utile per fare numero, ma spesso anche seccante.

 

Prima che i lontani potessero accostarsi all’accoglienza interna effettiva (o alla semplice considerazione) i giudaizzanti volevano sottoporre coloro che si avvicinavano alla soglia delle chiese ad una lunga verifica artificiosa.

Si trattava di una sorta di disciplina dell’arcano (tipica delle varie devozioni) e una snervante trafila di correzioni a codice e casistica - tutte da verificare nel tempo.

Gesù invece non ha schifo di «toccare» direttamente (v.13) i considerati impuri, le donne, i piccoli o le loro mamme: obbrobrio secondo le norme rituali dell’epoca.

Donne e ragazzini - insieme ai pagani - erano valutati esseri inaffidabili e impuri per natura, anzi contaminanti.

Il Maestro non ha alcun timore di trasgredire la legge religiosa, o di essere valutato Egli stesso un infetto!

Il Regno non appartiene agli sterilizzati che ossessionano la vita di altri con precetti d’impurità legale; minuzie futili, esterne, ipocrite, insensate.

Cristo abbraccia, benedice, mette la sua mano sui servetti - come a riconoscerli e consacrarli davvero - assumendo in sé i non promossi delle “sinagoghe” del tempo: vi si rispecchia come fosse uno di loro.

Vuol dire che la preoccupazione dei discepoli non dev’essere quella della rieducazione tradizionale, comune a tutti i vari credo più o meno misterici dell’epoca.

Anzi, il segno più eloquente del Regno di Dio sulla terra è proprio lo spirito di accoglienza dei marginali: coloro che neppure sanno cosa significhi rivendicare diritti solo per se stessi.

Fra l’altro - come ben sperimentiamo semplicemente osservando le nostre stesse realtà - non di rado gli scartati sono meglio introdotti nella pratica della carità anche sommaria, rispetto a coloro che ricoprono ruoli di prestigio disincarnato.

 

Le pretese e le sole sofisticazioni degradano la concretezza del discepolato. Esse escludono il valore specifico del nuovo Regno, sino a trasformarlo e corromperlo - capovolgendolo nella caricatura.

La qualità di Vita nello Spirito si commisura sulla capacità di recuperare i lati opposti in ciascun fedele che ha desiderio di camminare verso la propria stessa completezza.

Così, in Comunità tale dinamica di ripresa incrementa e rimonta grazie all’integrazione che diviene convivialità feconda delle differenze.

Accogliere, ospitare deboli, lontani, piccoli ed esclusi è arricchimento personale e comune - segno eloquente della stessa vita e caratura divina in noi e nella Chiesa. Non istituzione vincente, bensì servitrice dell’umanità bisognosa di tutto.

E proprio i piccoli - totalmente privi dello spirito di autarchia - diventano in Cristo professori degli adulti, ossia dei dirigenti vitalizi, capi, reduci e superApostoli.

Questa la modestia angelica e la piccolezza evangelica che ci fa emancipati e subito all’altezza; ma soprattutto felici, contenti di essere minori (anche malconsiderati).

Insomma il Regno non è ambiente per adultoidi che bastano a se stessi.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Cosa hai imparato dai lontani e dal loro appello? E la tua comunità è pronta all’accoglienza, all’ospitalità?

O si ritiene autosufficiente, e si pone solo come gran protagonista di elemosine - che trasforma gli altri in oggetti di paternalismo?

 

 

Il Fiuto senza cittadinanza

 

Nel cammino sinodale, l’ascolto deve tener conto del sensus fidei, ma non deve trascurare tutti quei “presentimenti” incarnati dove non ce l’aspetteremmo: ci può essere un “fiuto senza cittadinanza”, ma non meno efficace. Lo Spirito Santo nella sua libertà non conosce confini, e non si lascia nemmeno limitare dalle appartenenze. Se la parrocchia è la casa di tutti nel quartiere, non un club esclusivo, mi raccomando: lasciate aperte porte e finestre, non vi limitate a prendere in considerazione solo chi frequenta o la pensa come voi – che saranno il 3, 4 o 5%, non di più. Permettete a tutti di entrare… Permettete a voi stessi di andare incontro e lasciarsi interrogare, che le loro domande siano le vostre domande, permettete di camminare insieme: lo Spirito vi condurrà, abbiate fiducia nello Spirito. Non abbiate paura di entrare in dialogo e lasciatevi sconvolgere dal dialogo: è il dialogo della salvezza.

Non siate disincantati, preparatevi alle sorprese. C’è un episodio nel libro dei Numeri (cap. 22) che racconta di un’asina che diventerà profetessa di Dio. Gli ebrei stanno concludendo il lungo viaggio che li condurrà alla terra promessa. Il loro passaggio spaventa il re Balak di Moab, che si affida ai poteri del mago Balaam per bloccare quella gente, sperando di evitare una guerra. Il mago, a suo modo credente, domanda a Dio che fare. Dio gli dice di non assecondare il re, che però insiste, e allora lui cede e sale su un’asina per adempiere il comando ricevuto. Ma l’asina cambia strada perché vede un angelo con la spada sguainata che sta lì a rappresentare la contrarietà di Dio. Balaam la tira, la percuote, senza riuscire a farla tornare sulla via. Finché l’asina si mette a parlare avviando un dialogo che aprirà gli occhi al mago, trasformando la sua missione di maledizione e morte in missione di benedizione e vita.

Questa storia ci insegna ad avere fiducia che lo Spirito farà sentire sempre la sua voce. Anche un’asina può diventare la voce di Dio, aprirci gli occhi e convertire le nostre direzioni sbagliate. Se lo può fare un’asina, quanto più un battezzato, una battezzata, un prete, un Vescovo, un Papa. Basta affidarsi allo Spirito Santo che usa tutte le creature per parlarci: soltanto ci chiede di pulire le orecchie per sentire bene.

(Papa Francesco, Discorso 18 settembre 2021)

 

Cf 19(s) ok; 27 B (2)

68
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Are we disposed to let ourselves be ceaselessly purified by the Lord, letting Him expel from us and the Church all that is contrary to Him? (Pope Benedict)
Siamo disposti a lasciarci sempre di nuovo purificare dal Signore, permettendoGli di cacciare da noi e dalla Chiesa tutto ciò che Gli è contrario? (Papa Benedetto)
Jesus makes memory and remembers the whole history of the people, of his people. And he recalls the rejection of his people to the love of the Father (Pope Francis)
Gesù fa memoria e ricorda tutta la storia del popolo, del suo popolo. E ricorda il rifiuto del suo popolo all’amore del Padre (Papa Francesco)
Today, as yesterday, the Church needs you and turns to you. The Church tells you with our voice: don’t let such a fruitful alliance break! Do not refuse to put your talents at the service of divine truth! Do not close your spirit to the breath of the Holy Spirit! (Pope Paul VI)
Oggi come ieri la Chiesa ha bisogno di voi e si rivolge a voi. Essa vi dice con la nostra voce: non lasciate che si rompa un’alleanza tanto feconda! Non rifiutate di mettere il vostro talento al servizio della verità divina! Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito Santo! (Papa Paolo VI)
Sometimes we try to correct or convert a sinner by scolding him, by pointing out his mistakes and wrongful behaviour. Jesus’ attitude toward Zacchaeus shows us another way: that of showing those who err their value, the value that God continues to see in spite of everything (Pope Francis)
A volte noi cerchiamo di correggere o convertire un peccatore rimproverandolo, rinfacciandogli i suoi sbagli e il suo comportamento ingiusto. L’atteggiamento di Gesù con Zaccheo ci indica un’altra strada: quella di mostrare a chi sbaglia il suo valore, quel valore che continua a vedere malgrado tutto (Papa Francesco)
Deus dilexit mundum! God observes the depths of the human heart, which, even under the surface of sin and disorder, still possesses a wonderful richness of love; Jesus with his gaze draws it out, makes it overflow from the oppressed soul. To Jesus, therefore, nothing escapes of what is in men, of their total reality, in which good and evil are (Pope Paul VI)
Deus dilexit mundum! Iddio osserva le profondità del cuore umano, che, anche sotto la superficie del peccato e del disordine, possiede ancora una ricchezza meravigliosa di amore; Gesù col suo sguardo la trae fuori, la fa straripare dall’anima oppressa. A Gesù, dunque, nulla sfugge di quanto è negli uomini, della loro totale realtà, in cui sono il bene e il male (Papa Paolo VI)
People dragged by chaotic thrusts can also be wrong, but the man of Faith perceives external turmoil as opportunities
Un popolo trascinato da spinte caotiche può anche sbagliare, ma l’uomo di Fede percepisce gli scompigli esterni quali opportunità
O Lord, let my faith be full, without reservations, and let penetrate into my thought, in my way of judging divine things and human things (Pope Paul VI)
O Signore, fa’ che la mia fede sia piena, senza riserve, e che essa penetri nel mio pensiero, nel mio modo di giudicare le cose divine e le cose umane (Papa Paolo VI)
«Whoever tries to preserve his life will lose it; but he who loses will keep it alive» (Lk 17:33)
«Chi cercherà di conservare la sua vita, la perderà; ma chi perderà, la manterrà vivente» (Lc 17,33)
«E perciò, si afferma, a buon diritto, che egli [s. Francesco d’Assisi] viene simboleggiato nella figura dell’angelo che sale dall’oriente e porta in sé il sigillo del Dio vivo» (FF 1022)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

duevie.art

don Giuseppe Nespeca

Tel. 333-1329741


Disclaimer

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001.
Le immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione.
L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.