Set 14, 2024 Scritto da 

Figlio dell’uomo

Creare abbondanza dov’essa non c’è

(Lc 9,43b-45)

 

‘Figlio di Dio’ è Cristo che manifesta Dio nella condizione umana. ‘Figlio dell’uomo’ è Gesù che manifesta l’uomo nella condizione divina.

«Figlio dell’uomo» (v.44) è colui che essendosi spinto al massimo della pienezza umana, giunge a riflettere la condizione divina - e la irradia, senza prospettive anguste.

Insomma, ‘Figlio dell’uomo’ è la persona affidabile, autentica; anche “piccola” - senza neppure un retaggio d’idee giuste e invariabili, o forze d’identico livello, e sempre performanti.

«Figlio dell’uomo» è qui il Figlio riuscito: la Persona dal passo definitivo. Verbo fattosi «fratello», che in noi aspira alla pienezza diffusa nella storia.

Sembrerebbe non all’altezza; invece è caratura indistruttibile, dentro ciascuno che accosta tale ‘misura’ - incontrando i contrassegni divini che fanno emergere ciò che siamo [e rinascere].

Nel passo di Vangelo, è il Messia che diventa servo (!) e si fa «parente prossimo»: colui che nella cultura semitica era tenuto al riscatto e liberazione dei famigliari fatti schiavi.

Si nota però un netto contrasto fra ciò che la gente sogna e spera, e l’opinione delle autorità, messe in discussione da questa atmosfera di umanizzazione dai contorni troppo ampi.

 

I maestri di spirito affermati e ufficiali si trovavano a loro agio in ambito stretto: accentuando sensi di colpa, sfigurando le persone; rendendole bisognose, infantili - invece che adulte, sicure, emancipate.

Anche l’istituzione religiosa tremava: la condizione divina diffusa nella vita delle donne e degli uomini resi autonomi e in grado di camminare sulle proprie gambe avrebbe reso superflua ogni struttura di mediazione.

Da sempre, per bloccare la ricerca del Tu-per-tu, del faccia a faccia con Dio [e indirizzare le coscienze] le guide interessate avevano riempito le menti di cose del passato, o tutte conformiste, e la vita della gente di problemi che incagliavano il cammino.

Lo schiavo della religione antica usuale, alleata col potere, viveva sotto condanna, perché fuori Casa propria. In una realtà che ristagnava, o avanzava in modo severamente moralistico.

Tale confusione arenava le anime - ancor più accentuando zavorre, sottolineando limiti, e sensi di sudditanza. Disturbando l’onda vitale di ciascuno.

 

La logica dei vecchi maestri era inaccettabile, sia in un’ottica di realizzazione personale, che per la convivenza.

In qualsiasi ambito vigeva il criterio dei parrucconi che amano solo se stessi.

Tutto era in accordo al principio che chi si ferma è meglio controllabile, sta dove lo collochi, e non può avere passioni; quindi non mette in moto nulla. 

Sotto l’enorme condizionamento sociale, l’anima ormai spenta si vedeva costretta a sottomettersi alla cappa esteriore, la quale volentieri bloccava l’energia spontanea delle anime, e del mondo.

Ancora oggi, forse, sussistono agenzie di plagio che ammantano di cose già morte o astratte [di maniera, altrui, comunque esterne] tutte le proposte della Provvidenza, e le stesse risorse di donne e uomini, o di carisma.

Il Figlio vero invece conquista spazi di libertà non tanto dagli errori, quanto ad es. dall’egoismo che annienta la comunione, dall’amor proprio che rifiuta l’ascolto, dall’omologazione che cancella l’unicità, dal conformismo che fa impallidire l’eccezionalità, dall’invidia che separa e blocca lo scambio dei doni, dalla competizione anche spirituale che ci droga; dall’accidia di chi crede di non valere abbastanza, che sconforta e paralizza.

 

«Figlio dell’uomo» non è dunque un titolo “religioso” o selettivo, ma una possibilità per tutti coloro che danno adesione alla proposta di vita del Signore, e la reinterpretano in modo creativo.

Essi superano i fermi e propri confini naturali, facendo spazio al Dono; accogliendo da Dio pienezza di essere, nei suoi nuovi, irripetibili binari.

Sentendosi totalmente e immeritatamente amati, scoprono altre sfaccettature, cambiano il modo di stare con se stessi, e possono crescere: si realizzano, fioriscono; irradiano la completezza ricevuta.

 

Uscendo dall’idea scarsa o statica che abbiamo di noi - problema grave in molte anime sensibili e dedite - anche la personalità relazionale può iniziare a immaginare.

E sognare, scoprendo di poter non dare più peso a coloro che vogliono condizionare il cammino di persona, in pienezza di essere, carattere, vocazione.

Chi attiva l’idea di potercela fare, trasmette poi la forza dello Spirito che ha ricevuto e accolto, e l’universo attorno fiorisce.

Emanando una differente atmosfera, la persona integrata nei suoi lati anche opposti, sente nascere consapevolezze, crea progetti, emette e attrae altre energie; le fa attivare.

Rapportandosi in modo interpersonale, Dio vuole estendere l’ambito in cui “regna” - a tutta l’umanità.

Chiesa senza confini visibili, che inizierà con il «Figlio dell’uomo». Figura non esclusiva di Gesù.

 

 

Figlio di Davide e Figlio dell’uomo

 

Questa prospettiva universalistica affiora, tra l’altro, dalla presentazione che Gesù fece di se stesso non solo come «Figlio di Davide», ma come «figlio dell’uomo» (Mc 10,33). Il titolo di «Figlio dell’uomo», nel linguaggio della letteratura apocalittica giudaica ispirata alla visione della storia nel Libro del profeta Daniele (cfr 7,13-14), richiama il personaggio che viene «con le nubi del cielo» (v. 13) ed è un’immagine che preannuncia un regno del tutto nuovo, un regno sorretto non da poteri umani, ma dal vero potere che proviene da Dio. Gesù si serve di questa espressione ricca e complessa e la riferisce a Se stesso per manifestare il vero carattere del suo messianismo, come missione destinata a tutto l’uomo e ad ogni uomo, superando ogni particolarismo etnico, nazionale e religioso. Ed è proprio nella sequela di Gesù, nel lasciarsi attrarre dentro la sua umanità e dunque nella comunione con Dio che si entra in questo nuovo regno, che la Chiesa annuncia e anticipa, e che vince frammentazione e dispersione.

[Papa Benedetto, Concistoro 24 novembre 2012]

 

Con l’immagine del Figlio d’uomo, già il profeta Daniele voleva indicare un ribaltamento dei criteri di autenticità umana e divina: un uomo o un popolo, leader, finalmente dal cuore di carne invece che di belva.

Nell’icona del «Figlio dell’uomo» gli evangelisti desiderano far trapelare e innescare il trionfo dell’umano sul disumano; la progressiva scomparsa di tutto ciò che blocca la comunicazione di esistenza piena, di totalità di energia profonda.

Il Popolo che riluce in modo divino non si trova più impigliato da paure, da manipolazioni, o isterismi, anzi porta al massimo tutta la sua variegata potenzialità d’amore, di effusione di vita.

‘Figlio dell’uomo’ - realtà possibile - è chiunque raggiunga completezza, fioritura della capacità di essere, nell’estensione dei rapporti. Con ciò entrando in sintonia con la sfera di Dio Creatore, Amante della vita.

Lo fa nelle sue variegate sfaccettature, e si fonde con Lui - diventando Uno. Creando abbondanza; non una finta identità.

«Figlio dell’uomo» è l’uomo che si comporta sulla terra come farebbe Dio stesso; insomma, che rende presente il divino e la sua forza dispiegata nella storia.

Quindi può permettersi di sostituire la cupa seriosità dell’essere pio e sottoposto, o la superficialità del sofisticato e disincarnato, con la sapiente ‘spensieratezza’ che rende tutto lieve [perché fa rima con naturalezza].

 

‘Figlio dell’uomo’ raffigura il massimo dell’umano, la Persona per eccellenza - nel suo Sé eminente, che diventa liberante invece che opprimente.

Le conseguenze sono inimmaginabili, perché ciascuno di noi in Cristo e per i fratelli e sorelle, non ha più percorsi morti, astratti, o altrui, da rifare.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

In che modo la figura di «Figlio dell’uomo» ti parla dei tuoi stessi pensieri e speranze personali, e qual è la differenza o il contrasto coi pensieri e le speranze dei manipolatori?

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

The family in the modern world, as much as and perhaps more than any other institution, has been beset by the many profound and rapid changes that have affected society and culture. Many families are living this situation in fidelity to those values that constitute the foundation of the institution of the family. Others have become uncertain and bewildered over their role or even doubtful and almost unaware of the ultimate meaning and truth of conjugal and family life. Finally, there are others who are hindered by various situations of injustice in the realization of their fundamental rights [Familiaris Consortio n.1]
La famiglia nei tempi odierni è stata, come e forse più di altre istituzioni, investita dalle ampie, profonde e rapide trasformazioni della società e della cultura. Molte famiglie vivono questa situazione nella fedeltà a quei valori che costituiscono il fondamento dell'istituto familiare. Altre sono divenute incerte e smarrite di fronte ai loro compiti o, addirittura, dubbiose e quasi ignare del significato ultimo e della verità della vita coniugale e familiare. Altre, infine, sono impedite da svariate situazioni di ingiustizia nella realizzazione dei loro fondamentali diritti [Familiaris Consortio n.1]
"His" in a very literal sense: the One whom only the Son knows as Father, and by whom alone He is mutually known. We are now on the same ground, from which the prologue of the Gospel of John will later arise (Pope John Paul II)
“Suo” in senso quanto mai letterale: Colui che solo il Figlio conosce come Padre, e dal quale soltanto è reciprocamente conosciuto. Ci troviamo ormai sullo stesso terreno, dal quale più tardi sorgerà il prologo del Vangelo di Giovanni (Papa Giovanni Paolo II)
We come to bless him because of what he revealed, eight centuries ago, to a "Little", to the Poor Man of Assisi; - things in heaven and on earth, that philosophers "had not even dreamed"; - things hidden to those who are "wise" only humanly, and only humanly "intelligent"; - these "things" the Father, the Lord of heaven and earth, revealed to Francis and through Francis (Pope John Paul II)
Veniamo per benedirlo a motivo di ciò che egli ha rivelato, otto secoli fa, a un “Piccolo”, al Poverello d’Assisi; – le cose in cielo e sulla terra, che i filosofi “non avevano nemmeno sognato”; – le cose nascoste a coloro che sono “sapienti” soltanto umanamente, e soltanto umanamente “intelligenti”; – queste “cose” il Padre, il Signore del cielo e della terra, ha rivelato a Francesco e mediante Francesco (Papa Giovanni Paolo II)
But what moves me even more strongly to proclaim the urgency of missionary evangelization is the fact that it is the primary service which the Church can render to every individual and to all humanity [Redemptoris Missio n.2]
Ma ciò che ancor più mi spinge a proclamare l'urgenza dell'evangelizzazione missionaria è che essa costituisce il primo servizio che la chiesa può rendere a ciascun uomo e all'intera umanità [Redemptoris Missio n.2]
That 'always seeing the face of the Father' is the highest manifestation of the worship of God. It can be said to constitute that 'heavenly liturgy', performed on behalf of the whole universe [John Paul II]
Quel “vedere sempre la faccia del Padre” è la manifestazione più alta dell’adorazione di Dio. Si può dire che essa costituisce quella “liturgia celeste”, compiuta a nome di tutto l’universo [Giovanni Paolo II]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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