(Creatività al femminile)
(Lc 4,38-44)
«L’essenziale è stare nell’ascolto di ciò che sale da dentro.
Le nostre azioni spesso non sono altro che imitazione, dovere ipotetico
o rappresentazione erronea di che cosa deve essere un essere umano.
Ma la sola vera certezza che tocca la nostra vita e le nostre azioni
può venire solo dalle sorgenti che zampillano nel profondo di noi stessi.
Si è a casa sotto il cielo si è a casa dovunque su questa terra se si porta tutto in noi stessi.
Spesso mi sono sentita, e ancora mi sento, come una nave che ha preso a bordo un carico prezioso:
le funi vengono recise e ora la nave va, libera di navigare dappertutto».
(Etty Hillesum, Diario)
«Anche alle altre città io devo annunziare la buona notizia del Regno di Dio, poiché sono stato mandato per questo» (Lc 4,43).
Usciti dal luogo di culto, i discepoli autentici si mettono a servizio della vita, recuperando le persone.
Le rimettono in piedi non per paternalismo d’elemosina, ma con dignità e rispettandone le inclinazioni; così esse diventano desiderose di trasmettere gioia agli altri.
È l’esperienza nuova che siamo chiamati a porgere anche a donne e uomini di estrazione culturale e mentalità differente dalla nostra.
La suocera di Pietro è probabilmente emblema di una coordinatrice di comunità - della Casa di Pietro [forse tratta da un retaggio antico] - che grazie all’Incontro decisivo ha fatto esperienza di guarigione e rinascita piena, sino al servizio altrui.
Nella cultura semitica, al calar del sole e con lo spuntare della prima stella nel cielo, nasce un nuovo giorno: qui c’è una nuova Creazione.
Si rigenera l’umanità emarginata - prima costretta solo ad abbassarsi, inerte - che riprende ad alzare la testa e fare bene.
Tutti i considerati impuri, indegni e inadeguati, che non sapevano a chi far ricorso e alla mercé della pubblica benevolenza, sono ora toccati da Dio.
Egli non si arresta di fronte alle speranze di riscatto dei senza peso.
Un tocco, quello del Signore e di chi nella Chiesa (o fuori) lo reca - che assorbe le presunte indegnità e mancanze.
Una carezza che fa sentire accolti e adeguati, e reintegra nella convivenza sociale persino le persone considerate repellenti.
Nel corso d’un primo approccio alla Via nello Spirito può capitare che si confonda il Figlio di Dio [chi somiglia a Dio] con «il» Cristo (v.41) atteso: «quel» Messia che tutti sapevano; vendicatore glorioso, che avrebbe recato vittoria, salute, opulenza immediate.
Il condottiero che avrebbe abilmente rimesso le cose a posto con atti di forza perentori - e sottomessi i popoli, repentinamente garantito alla stirpe eletta una facile età dell’oro a scapito altrui.
Niente male: sarebbe uno da trattenere senz’altro (v.42). Prevale invece nel Maestro l’insistenza sulla Missione di Annuncio, senza la quale le idee stereotipe si fissano, umiliando la vita.
Dio ha cura di tutti, anche lontani e slegati da interessi di Casa - non è qualcuno di cui ci si può impossessare.
Occuparsi personalmente dei fratelli è faticoso; spostarsi di continuo oltre le frontiere del proprio sodalizio o ambiente, anche.
Ma ciò rivela la stupenda presenza dell’Amico: si creano situazioni, e tutti scoprono Perle inespresse che ricreano l’esistenza del mondo.
Quando invece pensiamo e ci fermiamo ai risultati a portata di mano, e non manteniamo vivo il senso dell’Evangelizzazione, la realtà diventa paludosa; lo Spirito non si scatena - si sceglie il limite, e tutto vien trascinato nell’indolenza.
Ci si accontenterebbe (lusingando) di grandi gesti normalizzati e confinati: luci, esaltazioni, formule rassicuranti... ma non vi sarebbe più un chicco nuovo che possa nascere ogni giorno.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Ti senti eclissato nell’Annuncio e nell’itineranza, o viceversa potenziato?
Cosa ti dona forza e rimette in piedi, o ti seduce, ammalia, e blocca?
La suocera liberata e il suo cammino (al femminile)
Una ultima nota sulla pennellata di Mt circa la vicenda della suocera di Pietro, “donna” che ritrova le sue capacità inespresse grazie al contatto con la persona del Signore.
Icona d’un modello mentale ancora ristretto, che soffoca la gioventù di essere e fare.
Figura antica, d’una tradizione (di religiosità ereditata) che trattiene le intime risorse del popolo [in ebraico Israèl è di genere femminile].
Mondo di ristrettezze che mettono a disagio, a motivo delle energie soffocate, compresse - prima di Cristo scomparse. Sino al punto da non rendersi conto di averle dentro, ancora.
Immagino appunto che tale vecchietta la quale letteralmente «risorge»possa essere reinterpretata con frutto spirituale, per il cammino di tutti noi.
Il Signore libera; cura le “infiammazioni”. Dona maggiore gioia di vivere.
Egli trasmette un elisir di giovinezza - in specie quando ci sentiamo tenuti come dipendenti o schiavi, senza spazio.
Fermi e resi muti dalla cultura trasmessa o dalla situazione, non solo di salute.
«Ora levatosi dalla sinagoga entrò nella Casa di Simone. Ora la suocera di Simone era oppressa da una grande febbre, e lo pregarono per lei, e chinatosi sopra di lei minacciò la febbre e la lasciò. Ora levatasi sull’istante li serviva» (vv.38-39).
Ci sono sintomi rivelatori del disagio: ad es una vita - anche spirituale - che non calza... perché nega le capacità, le costringe, le tiene in un angolo; non consente si utilizzino.
Fino a non sapere più cosa siano.
Ecco subentrare sintomatologie che ci sdraiano: ansiogene, mortificanti, e sensi di costrizione e dipendenza.
Si vorrebbe forse fare qualcosa di diverso, ma vi sono poi timori, strette al petto che chiudono l’orizzonte e rendono tesi, (anche a quel tempo) messi a disagio, stressati, bloccati.
Nell’anima del popolo antico, i talenti disattesi, negati, non utilizzati erano diventati stenti.
Ora in Cristo Presente il ritorno alla vita fluida, nonché la cura di sé e degli altri, diviene facile, anche con gesti minimi.
Le capacità che facevano intimo appello, affiorano, dilatano anche in favore altrui.
Sollevata, la “suocera” respira e vince l’invecchiamento.
Prima si affacciava forse la tristezza, perché il desiderio di una nuova nascita era soffocato dalle molte faccende da svolgere o altre brame (febbri) che ci piantano lì e non riavviano i sentimenti.
Sappiamo però che la vita riparte nel momento in cui qualcuno aiuta a curare le azioni nitide [«mano» costretta: Mt 8,15; Mc 1,31] e divaricare lo sguardo verso ciò che in noi sta viceversa fiorendo.
Spostando la percezione da quanto ci assilla (tormenta ed è di ostacolo) a ciò che sorge più spontaneamente ed è finalmente e inaspettatamente valutato, ecco sparire i blocchi dell’energia tenera e fresca.
Allora si depone l’abito del ruolo antico e non si rinuncia più ad esprimersi.
Anche - per noi - senza troppo chiudersi nel solito ambiente e modo di fare, che intimamente non ci appartengono.
Chi dona all’altro un giusto spazio attinge dalle virtù dei nostri stati primordiali interni, sempreverdi - e apre quelle di tutti.
Tutto per una crescita che non corrisponde solo a un innalzamento precipitoso, quanto piuttosto a un migliore radicamento nell’essere di persone.
Mandando in letargo il fardello dei doveri o modelli che non ci corrispondono, si rinnova la vita.
Ci accorgiamo di essere come abitati dall’Oro divino che vuole affiorare ed esprimersi con larghezza, invece di restare teso e controllato.
Questa l’azione risanatrice di Gesù, tutta alle porte di ciascuno.
Potenza della Parola e Creatività sanante di Gesù, al femminile
(Lc 4,38-39)
Nelle comunità di estrazione pagana di Lc ci si chiedeva: «Beatitudini» e «Ahimé per voi» di «pianura»... creano esclusioni (cf. Lc 6,17.20-26)?
O corrispondono alle speranze e alla sensibilità profonda del cuore umano, di ogni luogo e tempo (es. Lc 7,9.13,28-29)?
I lontani dal giudaismo religioso possedevano una spiccata intuizione per le novità dello Spirito, e scoprivano il vissuto di Fede da altre posizioni [non installate, meno legate a concatenazioni conformi; forse scomode].
Gli ultimi arrivati che possedevano la freschezza dell’intuizione sostanziale, vedevano chiaro. Essi proponevano salutari scossoni di Fiducia schietta, sposata alla Novità di Dio.
A differenza dei provenienti dalla religiosità abituale o marcatamente etnica (persino d’Israele) i nuovi intuivano che non era necessario chiedere esplicitamente l’intervento di Cristo - come si faceva con gli dei antichi, secondo mentalità consueta.
Bastava comunicare a tu per tu col Signore, in un senso d’amicizia sicura (Mt 8,2-7) - non sollecitarlo al miracolo: acquisizione fondamentale, per poter anche oggi attivare un nuovo corso, e finalmente uscir fuori dall’idea di cultura organica ben cesellata ed eletta.
È il Risorto a fare autenticamente il bene opportuno... e tutto il resto: come in Gesù - forti dell’esperienza intima del Padre nello Spirito - anche a noi basta la Fede, ossia la confidenza nuziale e fertile nella Parola, efficace (Lc 4,39) e inventiva.
Non c’è bisogno di chissà quali aggiunte a questo segreto, per rinascere.
Dio è Azione immediata già nella sua Voce che «minaccia» il male (v.39): non ama farsi “pregare e ripregare” - come fosse un sovrano qualsiasi, che si compiace di costringere i sudditi alle deferenze [in vista d’un conseguente paternalismo di rapporti].
La Relazione fra donna-uomo comune e il Padre in Cristo è sobria e istantanea, senza mezzucci di mediazione alcuna: il lavoro della Grazia è affatto condizionato da riconoscimenti e formule, o titoli “interni”, rango da veterani; né inchini mirati, “mazzette” previe, o trafile.
Partendo dalla sua semplice esperienza, il centurione del brano parallelo di Mt (8,5-17) comprende il valore “a distanza” della Parola e l’effetto-calamita della vera Fede [che non pretende ”contatti” o elementi materiali e locali: Mt 8,8-9].
Non è come nelle magie: l’intima sensibilità della relazione personale diretta comunica all’occhio dell’anima una Visione di nuova genesi. Non dottrina, disciplina, morale, appuntamenti di rito (Lc 4,38) e così via.
Si tratta di un quadro fortemente esistenziale; coinvolgente non per un risultato egoista: è per la promozione della vita, ovunque. Ciò corrisponde all’anelito più radicato del nostro cuore.
Infatti, altra grande novità della proposta del nuovo Rabbi - che si diffondeva - era l’accettazione delle donne quali diremmo oggi “diaconesse” [v.39 verbo greco] della Chiesa [qui nella figura della «Casa di Simone»: v.38].
Era quanto stava accadendo fin dalla metà del primo secolo (cf. Rm 16,1) e che ha ancora molto da insegnarci. Con Dio non ci si può abituare alle formalità (pluri)secolari svuotate di vita.
Ma le tradizioni religiose resistevano all’arrembaggio dell’esperienza di Fede-Amore: ancora a metà anni 80, persino le comunità di Lc non si sentivano libere di raccogliere i bisognosi di cura se non scoccata la sera (v.40).
Secondo il passo parallelo di Mc 1,21.29-34 [fonte del brano di Mt e Lc] era infatti giorno di sabato (v.38) - e dopo l’uscita dalla sinagoga. Lo stesso impedimento e ritardo descritto nell’episodio della Maddalena al sepolcro, la mattina di Pasqua.
Il retaggio culturale e il sacro conformismo religioso restavano un bel fardello per l’esperienza del Cristo Salvatore personale, e la completa scoperta della potenza di Vita piena contenuta nella nuova proposta totale e creatrice di Felicità «su un luogo pianeggiante» [cf. Lc 6,17] per «una grande folla di suoi discepoli e una grande moltitudine del popolo da tutta la Giudea e Gerusalemme»: il centro osservante.
Scrive il Tao (xxviii):
«Chi sa d’esser maschio, e si mantiene femmina, è la forza del mondo; essendo la forza del mondo, la virtù mai si separa da lui, ed ei ritorna a essere un pargolo. Chi sa d’esser candido, e si mantiene oscuro, è il modello del mondo; essendo il modello del mondo, la virtù mai non si scosta da lui; ed ei ritorna all’infinito. Chi sa d’esser glorioso, e si mantiene nell’ignominia, è la valle del mondo; essendo la valle del mondo, la virtù sempre si ferma in lui; ed ei ritorna ad esser grezzo [genuino, non artefatto]. Quando quel ch’è grezzo vien tagliato, allora se ne fanno strumenti; quando l’uomo santo ne usa, allora ne fa i primi tra i ministri. Per questo il gran governo non danneggia».
E così commenta il maestro Wang Pi:
«Quella del maschio è qui la categoria di chi precede, quella della femmina è la categoria di chi segue. Chi sa d’essere il primo del mondo deve porsi per ultimo: per questo il santo pospone la sua persona e la sua persona vien premessa. Una gola fra i monti non cerca le creature, ma queste da sé si volgono ad essa. Il pargolo non s’avvale della sapienza, ma s’adegua alla sapienza della spontaneità».
Nel Vangelo apocrifo di Tommaso leggiamo ai nn.22-23:
«Gesù vide dei piccoli che prendevano il latte
E disse ai suoi discepoli:
“Questi piccoli lattanti somigliano a coloro
Che entrano nel Regno”.
Loro gli chiesero:
“Se saremo come quei bimbi, entreremo nel Regno?”
Gesù rispose loro:
“Quando farete di due cose una unità e farete
L’interno uguale all’esterno e l’esterno uguale all’interno
E il superiore uguale all’inferiore,
Quando ridurrete il maschio e la femmina a un unico essere
Così che il maschio non sia solo maschio
E la femmina non resti solo femmina,
Quando considerate due occhi come unità di occhio
Ma una mano come unità di mano
E un piede come unità di piede,
Una funzione vitale in luogo di una funzione vitale
Allora troverete l’entrata del Regno”».
«Gesù ha detto:
“Io vi sceglierò uno fra mille e due fra diecimila
E questi si troveranno ad essere un individuo solo”».