Gen 23, 2025 Scritto da 

Ritmo di Natura. Il fattore evolutivo

Dal basso, non da su una vetta

(Mc 4,26-34)

 

Eccoci introdotti a una differente mentalità, in una nuova Famiglia, a un altro Regno, poco “elevato”; anzi, completamente rovesciato. Diverso, rispetto a quello atteso su un monte imponente (Ez 17,22).

Esso non sarà raffigurato dalla maestà del cedro del Libano [che un tempo ricopriva i pendii montuosi del Vicino Oriente] bensì da un semplice arbusto dell’orto di casa (Mc 4,32a). 

E le stesse origini di tale realtà novella non deriveranno dagli apici di un fusto altissimo, bensì da un piccolo seme, semplicemente piantato a terra. Granellino come gli altri. Niente di ragguardevole in sé. Che sviluppa in orizzontale, piuttosto (v.32b).

 

Quanto gas bisogna dare per accelerare la diffusione del Regno? Secondo Gesù si deve attendere che ciascuno incontri se stesso, senza nevrosi.

Il Regno di Dio è l’ambito in cui Egli regna: la società alternativa che i credenti inaugurano qui, non guardando l’aldilà col nasino in su.

La nuova realtà supererà il tempo, perché caratterizzata dall’amore verso tutti: valicherà la cronaca e persino la storia.

Anche per questo motivo i Vangeli non prendono a prestito immagini mediate da un culto particolare e dal sacro.

Per far comprendere come le Chiese non si limitino neppure alla dimensione spazio-temporale terrena, il Maestro fa finta di non sapere che - anche a ritmo rallentato - dopo la semina il contadino pulisce il campo, protegge il seme sparso, irriga.

Non è amnesia la sua, ma una speciale sottolineatura di ciò che conta e distingue la vicenda dell’anima, contesa fra religiosità e Fede.

L’immagine è semplice, paradossalmente mediata dalla cultura dei campi - per spiegare il ritmo della vita nello Spirito.

Vuole che spuntiamo dal terreno, germogliamo e giungiamo a fiorire su base non malferma, fondamenta genuine senza dissidi vocazionali, lontane da pregiudizi esterni - che sotto sotto detestiamo.

Poi, all’orizzonte di ogni tratto di cammino c’è sempre una nuova pianta, un’altra genesi, una differente fioritura nel tempo delle stagioni, una diversa effervescenza da introdurre nell’antico assetto già capitalizzato.

A commento del Tao Tê Ching (ix) il maestro Wang Pi scrive: «Le quattro stagioni si succedono l’una all’altra. Quando la loro opera è compiuta, passano».

Proposta che non conosce frontiere, si rivolge a tutti. Basta lasciar fare alla semente le sue cose normali - così integrando le energie; dando spazio, e persino cedendo.

[Ciò garantirebbe l’attrazione e maturazione continua di persone e comunità].

Non un ideale esoterico, misurato su gente messa a parte, eccezionalmente dotata, particolare, e titolata: è per l’uomo “qualunque” (v.26) - ma non sparagnino, e che nel momento in cui deve attivarsi getta a spaglio, ossia destinando a tutta l’umanità.

Poi attende, ed è qui che depone il volontarismo e apre le porte al lato sognante - senza più cercare di correggere i processi spontanei e mettere le cose a posto secondo la sua testa.

Infatti nei vv. 26-29 l’opera dell’agricoltore si riduce a: seminare e metter mano alla falce [nel mondo antico, non il tempo della verifica e resa dei conti, ma la svolta della festa che faceva sentire ciascuno realizzato, e tutti trasalire di gioia].

L’attenzione della vita nello Spirito sfugge al lavoro cocciutamente attivo della persona.

Il seme-Parola-evento è piantato sotterra, sta al buio, marcisce e radica, senza che qualcuno possa accelerarne lo sviluppo, o in seguito tirare in su l’arbusto per farlo spicciare.

Come dice il Tao (ix): «Chi colma ciò che possiede, meglio farebbe a desistere» - e persino «ad opera compiuta, ritrarsi è la Via del Cielo».

 

Gesù non dice che la Benedizione di Dio si possa eventualmente lanciare in campo ristretto, come farebbe un attento taccagno: il Messaggio di Salvezza dev’essere irradiato senza risparmi.

Il suo Verbo apre il cervello e limita pensieri settari, invitando a sorvolare ogni tentazione d’esclusivismo e definizione di confini. Perché?

Il Seme ha una vitalità propria, che non dipende dall’esterno. Un’edera si arrampica, una quercia si radica; un fiore di sottobosco sa stare in penombra, un girasole svetta; così via.

Il Chicco è capace persino di autorigenerarsi - quindi condurre a un processo di più solida autoguarigione.

Questo Granello della Parola (in noi: la Chiamata personale) possiede una potenza silenziosa, una direzione e forza nascoste, ma irresistibili - che non dipendono da altalene emotive o situazioni vantaggiose.

Facilmente si può calpestare, però la vocazione ributta.

Più la si soffoca, più rientra con energie rinnovate.

Non possiamo rinnegare la nostra inclinazione, se non potenziandola - o creando e accentuando disagi su base identitaria [non caratteriale] ossia non nostra.

Una Missione non vale l’altra.

 

Il Seme cresce da solo, intrecciato al terreno e al clima, eppure secondo carattere-individuo profondo.

Sfugge alle spiegazioni cerebrali: «Come, egli stesso non sa» (v.27).

Dopo la stagione della semina, inutile - anzi, dannoso - tentare di drogare il cammino di crescita.

Null’altro che un ritmo di sviluppo spontaneo può opportunamente dirigere l’esistenza.

Infatti l’autore del gesto riprende la vita normale.

 

Lasciando fare, il piccolo granello nascosto percorre la sua strada, sino in fondo.

Questo il fattore evolutivo.

Nessun agricoltore calpesta il suo campo, né indaga cosa succede, importunando: sviluppo, crescita e maturazione sono per sé garantiti.

Chi volesse entrare disturberebbe i germogli.

Chi scavasse per controllare il chicco che sta intrecciando le sue radici col terreno, rovinerebbe tutto.

 

La nostra identità sacra è inestricabilmente legata alla singolarità personale: si aggroviglia a una irripetibile sensibilità e vicenda.

Qui, diventando Uno con il Cristo perenne Infante, lo riconosciamo in noi - e allora porgiamo frutto.

 

È il buio, il silenzio, l’attesa, che fanno spuntare i teneri germogli, nella loro unicità e autenticità.

Li danneggerebbe solo colui che volesse interferire, modificando, sovrapponendo schemi e andamenti… mai conformi alle realtà in sviluppo singolare spontaneo.

Sono le classiche forzature di quanti devono a tutti i costi condizionarci, e imporre il credo che non c’entra.

Il risultato è un aborto, causato dall’influsso esterno [appunto, di “guide” ficcanaso] che facilmente arena lo sviluppo.

Quando metteremo fra parentesi pregiudizi e convinzioni e ci lasceremo andare all’istinto che vede l’io divino, fedele nella crescita e nelle sorprese, saremo incantati e stupefatti.

Avremo conferma di ciò che intuivamo: la nostra - così vissuta, intensa, fragrante - è una intelligenza profonda e sensibile.

 

L’assimilazione della Parola di Dio e il richiamo della vocazione creaturale s’intrecciano nel tempo.

Attenzione alla precipitazione di chi vuole subito un “risultato” che non sia quello di essere noi stessi in relazione alla quintessenza innata e missione personale, che sprizzano dalla Sorgente nascosta.

[Anche la rabbia che a volte scatta fa venire allo scoperto l’autenticità. Affinché manifestiamo il nocciolo dell’inclinazione irripetibile].

Insomma, il tempo dell’amore non è immediato, si svolge lungo un sentiero, i cui periodi non possono essere scanditi da disegni frettolosi o guide spirituali, solo irritanti - se non dallo «Spirito».

«Santo» perché con la sua Azione taglia i germi di morte; aiuta a distinguere ciò ch’è vita, e vuole che manifestiamo l’inedito intrinseco.

«Ruah haQodesh»: Unico Maestro affidabile, insito, riguardoso, dotato di una mente non chiusa. Dalla forza dirompente - che butta all’aria tutta la realtà organizzata, “sicura” e troppo cerebrale; quindi prossima al decesso.

Il dinamismo può essere lentissimo, ma nessuno lo arresterà più, malgrado le distruzioni subìte. Riprenderà foga dopo le umiliazioni e i buchi nell’acqua.

Momenti laceranti, ma che vengono reinterpretati dall’anima in cammino come preziose indicazioni: divieti d’accesso e vie d’uscita, se non proprio segnali precisi.

 

Per questo - dopo aver trasmesso il Messaggio - bando alla corsa: bisogna avere rispetto di spazi e tempi di crescita.

Se la Parola di Dio non intreccia il suo corso vitale con la vicenda del singolo soggetto, si rischia di anestetizzare o estraniare proprio le anime più motivate - sebbene sprovvedute in termini di astuzie; deboli, sensibili.

Inutile poi disinnescare i sintomi di malessere quando qualcuno si sentirà tenuto in ostaggio - estraneo a se stesso.

Se ai pareri omologanti dei “migliori” saremo costretti a rimuovere o nascondere le emozioni autentiche, assomiglieremo loro vanamente  - disperdendo la ricchezza del nostro Nome.

Se l’esperto invece di aiutare ad allargare il panorama imponesse di non accettare cambiamenti, la persona che si lascia plagiare non ritroverebbe la propria semplicità.

E la vita (anche quella spesa più nobilmente, nel dono di sé) diverrebbe prima o poi un incubo, costantemente soggetta a manipolazioni, appena dietro l’angolo.

Gesù infatti non sopportava i manager che pretendevano di intervenire coi loro conformismi e stili di vita “adeguati”.

Basta dunque a “reggenti” che mettono sotto una cappa asfissiante il sentiero che ci spetta secondo natura.

 

Ci sono momenti in cui il lavoro febbrile e pressante deve andare sullo sfondo, perché il capolavoro che siamo dentro cresca da solo.

Così il frutto stupirà e supererà le aspettative normali o prescritte.

Se l’inizio è piccolo e nascosto, l’Appello interiore andrà in simbiosi con quello della Parola.

In tal guisa, anche il richiamo degli accadimenti e il genio del tempo saranno ben interpretati e assimilati, all’interno della straordinarietà di ciascuno.

Gesù sembra contrario all’opera dei direttori che controllano il movimento e il modo di comportarsi [di tutti gli altri - salvo il loro].

Essi devono solo dispiegare il Messaggio, non il loro parere; poi tacere e non impicciarsi delle vicende altrui.

Solo - cercare di favorire l'assimilazione della Parola, e la ricerca poliedrica del proprio carattere schietto.

 

Il sentiero naturale va ed evolve in simbiosi con un processo di radicamento in noi dell’Annuncio di Dio sulle nostre sporgenze.

Nessuno può importunare tale eccezionale ricchezza, che nasce e sviluppa appunto «automaticamente» (v.28 testo greco) affinché siamo messi in grado di partorire il mondo interno, l’essenza, il Gesù che cova in cuore; non altri.

Incarnazione: essa continua e arricchisce solo se non deleghiamo l’impareggiabile libertà di movimento.

Respiro senza eguali che agisce da catalizzatore delle potenzialità eccezionali, irripetibili, singolarmente individuali sebbene in relazione; sino a maturazione piena.

La vita sviluppa sempre in modo tale che a noi stessi può far difficoltà capire - ma nell’esperienza di pienezza di essere e nella sintonia interiore con se stessi non c’è molto da comprendere, quanto da sperimentare.

Il risultato sarà un fuori scala che realizza a tutto tondo, su ogni versante l’inclinazione della persona.

Come uno svolgimento progressivo che poi s’incanala in una particolare traiettoria - ora fatta stupefacente anche sotto il profilo dei rapporti: già beata; esuberante, rigogliosa.

Personale e altruista.

 

«Metter mano alla falce» (v.29) significa che a questo punto la persona di Fede è desta per il Regno, pronta a dare vita a sé e ai fratelli. Traboccando la sua esperienza di completezza ad altri, anche lontani o vaganti come uccelli (v.32).

Insieme, Chiesa che - senza troppo pensare “come dovrebbe essere” - convince tutti i bisognosi di riparo dalle arsure.

Esperienza che li convincerà, solo se da figli e fratelli avremo ascoltato quel bisogno di ascolto e comprensione - talora così inespresso.  Ricaricando la passione, riaccendendo le intuizioni e la vita.

Il Seme potrà esser trasmesso ovunque dagli stessi “volatili” (un tempo solo distanti) che vi si posano più o meno quanto basta a ciascuno per spiccare di nuovo il volo e riproporsi ad altri - altrove - con interesse.

Il Regno di Dio è una comunità viva, composta di credenti che si muovono e aspettano, si trasformano e tirano fuori dal campo ogni variegata, inconsapevole e sopita risorsa.

[Il lato inesplorato - infatti - non attira l'attenzione del maestro qualsiasi. E la qualità non designata dall’esterno rischia di essere anche trascurata, perché poco magnificente (spesso neppure esplicita)].

 

«E diceva: Come paragoneremo il Regno di Dio? O in quale parabola lo metteremo? Come a un granello di senapa che quando è seminato sulla terra è più piccolo di tutti i semi sulla terra» (Mc 4,30-31).

Insomma, le parabole del regno in Mt 13 e qui in Mc 4 non narrano una realtà solenne, epocale, maestosa, perentoria, che intestardisce e s’impone.

Piuttosto, il regno novello sarà paragonabile a un arbusto comune, che cresce modestamente - silente, nell’orto di casa (v.32) - fra melanzane, insalata e cetrioli; margherite, erbe parassite e violette.

Ma per ciascuno e senza confini.

A dire: evolviamo ciascuno in segni minuscoli - niente di straordinario - però siamo persone a tutto tondo, non fantocci o facsimili, né solo prolungamenti del passato.

Non lo siamo per carattere - vogliamo svincolarci da modelli altrui - né per prestigio o inarrivabile (ma banale) eccellenza e vistosa grandiosità.

Permaniamo niente di che, come i fiori di sottobosco, o al massimo gli spinaci; ma vogliamo esprimerci senza forzature.

 

Desideriamo sentir circolare la nostra energia vitale, che porta fuori del branco tedioso e rasoterra.

Del resto, si può amare anche poveramente - non qualcosa di prevedibile, o qualcuno che condiziona e ci sovrasta.

 

Gli incubi si dissolvono. Così annunciamo il Paradiso.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Che senso ha per il concerto sociale e culturale - oggi globale - la piccola speranza di pochi credenti privi d’un patrimonio appariscente, sicuro di sé, dottrinale, e volontarista?

5
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

The Kingdom of God grows here on earth, in the history of humanity, by virtue of an initial sowing, that is, of a foundation, which comes from God, and of a mysterious work of God himself, which continues to cultivate the Church down the centuries. The scythe of sacrifice is also present in God's action with regard to the Kingdom: the development of the Kingdom cannot be achieved without suffering (John Paul II)
Il Regno di Dio cresce qui sulla terra, nella storia dell’umanità, in virtù di una semina iniziale, cioè di una fondazione, che viene da Dio, e di un misterioso operare di Dio stesso, che continua a coltivare la Chiesa lungo i secoli. Nell’azione di Dio in ordine al Regno è presente anche la falce del sacrificio: lo sviluppo del Regno non si realizza senza sofferenza (Giovanni Paolo II)
For those who first heard Jesus, as for us, the symbol of light evokes the desire for truth and the thirst for the fullness of knowledge which are imprinted deep within every human being. When the light fades or vanishes altogether, we no longer see things as they really are. In the heart of the night we can feel frightened and insecure, and we impatiently await the coming of the light of dawn. Dear young people, it is up to you to be the watchmen of the morning (cf. Is 21:11-12) who announce the coming of the sun who is the Risen Christ! (John Paul II)
Per quanti da principio ascoltarono Gesù, come anche per noi, il simbolo della luce evoca il desiderio di verità e la sete di giungere alla pienezza della conoscenza, impressi nell'intimo di ogni essere umano. Quando la luce va scemando o scompare del tutto, non si riesce più a distinguere la realtà circostante. Nel cuore della notte ci si può sentire intimoriti ed insicuri, e si attende allora con impazienza l'arrivo della luce dell'aurora. Cari giovani, tocca a voi essere le sentinelle del mattino (cfr Is 21, 11-12) che annunciano l'avvento del sole che è Cristo risorto! (Giovanni Paolo II)
Christ compares himself to the sower and explains that the seed is the word (cf. Mk 4: 14); those who hear it, accept it and bear fruit (cf. Mk 4: 20) take part in the Kingdom of God, that is, they live under his lordship. They remain in the world, but are no longer of the world. They bear within them a seed of eternity a principle of transformation [Pope Benedict]
Cristo si paragona al seminatore e spiega che il seme è la Parola (cfr Mc 4,14): coloro che l’ascoltano, l’accolgono e portano frutto (cfr Mc 4,20) fanno parte del Regno di Dio, cioè vivono sotto la sua signoria; rimangono nel mondo, ma non sono più del mondo; portano in sé un germe di eternità, un principio di trasformazione [Papa Benedetto]
In one of his most celebrated sermons, Saint Bernard of Clairvaux “recreates”, as it were, the scene where God and humanity wait for Mary to say “yes”. Turning to her he begs: “[…] Arise, run, open up! Arise with faith, run with your devotion, open up with your consent!” [Pope Benedict]
San Bernardo di Chiaravalle, in uno dei suoi Sermoni più celebri, quasi «rappresenta» l’attesa da parte di Dio e dell’umanità del «sì» di Maria, rivolgendosi a lei con una supplica: «[…] Alzati, corri, apri! Alzati con la fede, affrettati con la tua offerta, apri con la tua adesione!» [Papa Benedetto]
«The "blasphemy" [in question] does not really consist in offending the Holy Spirit with words; it consists, instead, in the refusal to accept the salvation that God offers to man through the Holy Spirit, and which works by virtue of the sacrifice of the cross [It] does not allow man to get out of his self-imprisonment and to open himself to the divine sources of purification» (John Paul II, General Audience July 25, 1990))

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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